Valtteri Bottas dirà addio alla Mercedes, ma non alla F1, a fine 2021, dopo cinque anni in cui ha giocato un ruolo fondamentale e sottovalutato.

Dopo giorni di attesa, oggi è stato finalmente rivelato il segreto meno segreto del mercato piloti: Valtteri Bottas saluterà la Mercedes per accasarsi in Alfa Romeo Racing a fine 2021, andando a sostituire un altro finlandese, Kimi Raikkonen, destinato al ritiro. Al suo posto sarà annunciato, probabilmente domani, George Russell, il quale si è guadagnato in pista una promozione nel team che lo ha supportato dai tempi della GP3 ad oggi. Il prossimo anno rappresenterà dunque una rivoluzione totale per la scuderia di Brackley, che dopo aver scelto per molte stagioni la solita via della continuità e dell’equilibrio con Bottas, affiancherà a Lewis Hamilton (per la felicità di molti appassionati) un giovane ambizioso e in rampa di lancio. C’è un motivo però se Mercedes ha aspettato così tanto per congedare il finlandese: negli ultimi cinque campionati ha svolto un ruolo cruciale, talvolta purtroppo molto sottovalutato, contribuendo al filotto di titoli della Stella in F1.

Nel 2016, l’esplosione della drammatica lotta intestina tra Rosberg ed Hamilton aveva esasperato la Mercedes, che tuttavia fu scossa dall’inatteso ritiro del tedesco. Proprio questo imprevisto fornì alla Stella la possibilità di ristabilire l’armonia all’interno di una squadra divisa, e perciò la scelta ricadde su Bottas, la cui carriera al tempo era gestita da Toto Wolff. Dopo un percorso stellare nelle categorie propedeutiche e quattro anni più che discreti in F1 con la Williams, il finlandese si era meritato la chiamata e fu dunque catapultato a sorpresa nel team dominante, di fianco ad uno dei migliori piloti del circus. Ma non sfigurò, anzi: il suo primo anno a Brackley, il 2017, rappresenta probabilmente la miglior stagione della sua carriera. Quattro Pole, tredici podi e tre vittorie a Sochi, Spielberg ed Abu Dhabi, ma soprattutto un ruolo decisivo nella lotta al titolo Costruttori, in cui segnò 100 punti in più della sua controparte in Ferrari, Kimi Raikkonen. Alla fine, il numero 77 contribuì al 45,5% dei punti totali del team, concludendo la stagione terzo a -58 da Hamilton.

L’anno successivo fu tuttavia diametralmente opposto in termini di risultati. Nonostante le due Pole in Russia ed Austria (i suoi migliori circuiti), il finlandese non ottenne nemmeno una vittoria, iniziando a divenire oggetto di scherno per i tanti ordini di scuderia impostigli dal muretto. Proprio in questi momenti, tuttavia, Bottas ha mostrato la caratteristica che lo ha reso così apprezzato all’interno del box Mercedes: il saper lasciare da parte il proprio orgoglio quando il team o il compagno di squadra sono in lotta per un traguardo di maggior importanza. Una lealtà incrollabile, che gli garantì di conservare un sedile minacciato pesantemente, al tempo, da Esteban Ocon, ma che lo ha anche portato ad essere considerato da molti il maggiordomo di Hamilton e del team. Cosa che non è: Bottas rappresenta il perfetto scudiero del grande campione, pronto a sacrificarsi per un bene superiore e perciò amato dai suoi compagni.

Dopo un bel 2019, condito da quattro vittorie ed un solido ma distante secondo posto nel mondiale, gli ultimi due anni hanno rappresentato l’inizio del declino delle prestazioni del finlandese. Due sole vittorie in 17 Gran Premi con la dominante W11 sono davvero poche se si considera che Verstappen, su una RB16 molto più lenta, ne ha ottenute altrettante. Ma il vero tasto dolente è stata la spirale negativa in cui Bottas è precipitato a fine 2020, e che si è protratta anche all’inizio di questa stagione. Prestazioni come quelle di Imola, Baku, Budapest e la qualifica di Spa, magari influenzate proprio dalle distrazioni esterne, hanno lasciato un segno negativo su questo campionato, nel quale i team order sono tornati prepotentemente a risuonare nelle orecchie del finlandese. Che non li ha accettati di buon grado: ci sono stati segnali di fastidio a Barcellona e Zandvoort, senza tuttavia oltrepassare mai quella linea della disubbidienza tracciata dal suo senso di lealtà.

Bottas

Il calo di Bottas, in coincidenza con l’esplosione definitiva di Russell, ha sancito la fine dell’esperienza in Mercedes, durante la quale bisogna tuttavia riconoscergli di aver contribuito a portare un’armonia particolare all’interno del team anglo-tedesco, che ha fondato parte dei suoi recenti successi proprio sulla stretta collaborazione tra un fuoriclasse e un pilota fedele e competitivo. O meglio, sulla consapevolezza del ruolo che ciascuno dei due doveva svolgere all’interno della scuderia. Senza dimenticare poi le qualità di guida di Valtteri, veloce al sabato e costante la domenica: sottrarre 17 Pole al miglior qualificatore della storia della F1 non rappresenta propriamente una passeggiata, sebbene alcune di quelle partenze al palo siano state vanificate da prestazioni incolore. Nella maggior parte dei casi, però, il finlandese ha fatto ciò per cui è stato scelto: portare a casa punti pesanti, massimizzando il risultato in caso di rari passaggi a vuoto di Hamilton.

La buona notizia è che Bottas non se ne andrà dalla F1 come ipotizzato qualche mese fa: metterà la sua esperienza e la sua velocità a disposizione del progetto Alfa Romeo Sauber, riunendosi a quel Frédéric Vasseur con il quale, ai tempi dell’ART in F3 e GP3, ha vinto numerosi titoli. Ma prima, il finlandese avrà un ultimo compito: aiutare fino alla fine la Mercedes e Lewis Hamilton con l’obiettivo di conquistare l’ottavo titolo sia per la Stella che per l’inglese nella feroce battaglia contro la Red Bull e Max Verstappen.

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