A Max Verstappen è bastata la Qualifica del GP del Giappone per smentire le teorie di una Red Bull rallentata dalle Direttive Tecniche.

“Singapore? Non è mai accaduta!”. Max Verstappen l’ha buttata sul ridere dopo una delle Pole Position più belle della sua carriera a Suzuka. Il weekend del GP del Giappone era stato indicato da tutti come il test definitivo per verificare se le difficoltà di Marina Bay rappresentassero un caso isolato o l’inizio della fine per il dominio Red Bull. La convinzione di tanti appassionati (ma, a dire il vero, di pochissimi tra gli addetti ai lavori) era che le nuove Direttive Tecniche entrate in vigore a Singapore avessero influenzato in negativo le prestazioni della RB19. Per molti si trattava di un collegamento facile: con la TD018 e un inasprimento dei controlli legati alla celeberrima TD039, la RB19 aveva perso la magia, o addirittura aveva smesso di barare. Come spesso accade con la F1, però, la risposta più facile non è quella corretta, e Verstappen lo ha dimostrato ancora una volta in Giappone.

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Foto: Red Bull Content Pool

L’olandese, persa la striscia di dieci vittorie consecutive a vantaggio della Ferrari e di Carlos Sainz, è giunto in circuito convinto di essersi messo alle spalle le difficoltà di Singapore. Al giovedì ha dovuto rispondere, non senza rimanerne infastidito, alle tante domande sull’impatto delle Direttive Tecniche, ribadendo che sulla macchina non è cambiato niente. Al venerdì è parso subito evidente che Verstappen non avrebbe avuto rivali né in Qualifica né sul passo gara su una pista favorevole alle caratteristiche della RB19. La conferma è arrivata questa mattina, con un giro sensazionale e un distacco abissale sul primo dei rivali, Oscar Piastri (che ha chiuso a +0.581″), e sul compagno di squadra Pérez (a +0.773″). In Conferenza Stampa, poi, il campione del mondo si è tolto qualche sassolino dalla scarpa, invitando tutti i complottisti delle Direttive Tecniche ad “andare a farsi f*****e”.

Le affermazioni molto schiette e poco eleganti di Verstappen sono la conseguenza delle tante teorie nate nell’ultima settimana e costantemente riproposte ad un team ed un pilota consapevoli che si tratta di pure fantasie. Christian Horner aveva affermato con fermezza dopo il GP di Singapore che l’impatto delle Direttive Tecniche era stato nullo, mentre Pérez e Verstappen hanno evidenziato che le difficoltà sono sorte per questioni di setup. E il fatto che nessun pilota o Team Principal delle altre scuderie abbia ricollegato i problemi della Red Bull alle Direttive Tecniche, nonostante ne avessero l’occasione, rappresentava un’ulteriore conferma della loro totale ininfluenza. Avere dei dubbi era ovviamente lecito, ma era sbagliato trarre conclusioni dal weekend di Singapore, uno dei più atipici della stagione per layout e condizioni della pista.

La conclusione più logica, ma forse la meno intuitiva, sarebbe stato attendere le risposte su un circuito che mette a dura prova le vetture dal punto di vista aerodinamico, l’aspetto in cui la Red Bull fa scuola da anni. Se non bastavano il silenzio dei team rivali, le parole dei piloti ed i ragionamenti di ingegneri e addetti ai lavori, adesso c’è anche il verdetto di Suzuka: la RB19 resterà la monoposto da battere nel finale del 2023. Ma soprattutto, la vicenda Red Bull-Direttive Tecniche ci mostra che nella F1 di oggi non è possibile trasformare magicamente una vettura dominante in una macchina normale. Nella F1 moderna, fortunatamente, vince chi lo merita. Con buona pace dei complottisti.

Foto copertina: Red Bull Content Pool

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