Ricordi di Michael Schumacher – Novantacinque gran premi divisi tra Williams e Mc Laren, sette volte sotto la bandiera a scacchi prima della concorrenza e sul podio in trenta occasioni. Juan Pablo Montoya da Bogotà. nel mondo del circus, non è stato proprio una meteora.

Carattere fumantino, di tirare indietro il piede dall’acceleratore non ne voleva praticamente mai sapere. A costo di rischiare un tantino in più del lecito. Ad aprire il libro dei suoi ricordi provvede “La Gazzetta dello Sport”. A orientare il discorso lui, concentrando l’analisi su un nome e un cognome che ora non se la passano bene ma nella Formula Uno hanno scritto pagine chiamate leggenda: Michael Schumacher.

I due, in pista, non se le mandavano a dire, facendosi spesso mangiare polvere reciprocamente. “Non penso di essere mai stato troppo duro con lui – dice il colombiano- anzi, trovavo fastidioso che nessun pilota lo sfidasse davvero, quando gli altri lo vedevano arrivare negli specchietti, sembrava si dicessero, oh arriva Michael , non facciamo scemate, così si scansavano, questo mi faceva arrabbiare”.

Montoya smonta poi la percezione dell’ambiente del circus come di un luogo dove il volemose bene regni sovrano. “Ai miei tempi c’era un ambiente ostile – dice – non si parlava con altri piloti, io al massimo frequentavo Alonso, Barrichello e Massa, Chip Ganassi, ai tempi in cui correvo in Indy Car, mi disse, se vuoi amici portali, non sei qui per fare amicizia, ed è vero, se sei carino e gli altri ti stanno simpatici, è difficile essere un b…do”.

Sì, Montoya, anche fuori dalla pista, non ha perso l’irruenza di un tempo. Quella che, in Indy Car così come in Formula Uno, gli fece però lasciare un segno.

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