Dopo aver capito come funziona l’effetto Coanda e le motivazioni fisiche che lo regolano, come sempre, mettiamo assieme una serie di esempi che possano mostrare quali sono i punti in cui si può verificare su una vettura di F1.

Come detto nel capitolo teorico, di cui inserisco il LINK , è uno tra i principali effetti su una vettura, se non il principale assieme all’effetto Venturi.

Nel passato, del resto, ne abbiamo sentito parlare molto soprattutto per quanto riguarda la sua applicazione più celebre: gli scarichi soffiati. L’effetto Coanda, però, è presente su un numero ben maggiore di componenti rispetto alla sola area degli scarichi.

Nel seguente capitolo, quindi, enuncerò tramite un abbondante uso di fotografie tutte le parti in cui si può verificare il fenomeno in analisi, trascurando per il momento l’applicazione sui gas di scarico, che riserverà un capitolo dedicato e a parte. Questo mi consentirà di approfondire adeguatamente l’argomento senza rubare spazio a tutte le altre aree in cui compare questo particolare avvenimento fisico.

Iniziamo da un importante componente delle vetture di F1 come possono esserlo le pance laterali.

Le pance laterali hanno principalmente due compiti:

  • Coprire i dispositivi meccanici quali i radiatori, il propulsore, le batterie e le parti di telaio che altrimenti sarebbero esposte al flusso. Questo permette una riduzione di resistenza aerodinamica e parrebbe essere il principale motivo legato all’uso delle coperture in carbonio.
  • Il secondo motivo è legato alla guida del flusso nelle zone posteriore della macchina dove sono presenti le superfici deportanti.

La seconda ragione per la quale vengono usate le carenature è estremamente importante e sfrutta proprio l’effetto Coanda. La rastremazione delle pance che è osservabile verso il posteriore, ovvero il continuo restringimento che mostrano mano a mano che raggiungono le ruote motrici, nulla potrebbe senza l’effetto Coanda.

Anche in questo caso il flusso segue una superfice curva, proprio come abbiamo visto capitare nella descrizione teorica del fenomeno di interesse. Questo significa che pure nell’area delle carenature, tutte le vetture sfruttano l’effetto Coanda. Un caso interessante, infatti, riguarda l’elevata rastremazione che permette di guidare i flussi inferiori verso l’estrattore, proprio grazie alla curvatura della scocca.

Altri elementi soggetti all’effetto Coanda sono poi gli alettoni.

Nella parte inferiore degli stessi, il flusso rimane aderente senza staccarsi e sono aree in cui è perfettamente visibile una superficie curva lambita da una corrente di aria in movimento.

Possiamo quindi dire, per gli alettoni, che la deportanza si genera grazie alle regola definita dall’effetto Venturi, ovvero la riduzione della pressione in un flusso ad alta velocità, ma se esiste un flusso aderente al lato inferiore dello stesso, è proprio grazie all’effetto Coanda. L’unione fa la forza.

Esiste ancora un altro caso in cui l’effetto Coanda, congiuntamente con l’effetto Venturi, giocano assieme per la generazione di deportanza. L’elemento in questione è il fondo piatto, ed è proprio su questo particolare che mi fermo con la rappresentazione degli esempi. Questo perché sarà mio interesse dedicare uno spazio per una spiegazione approfondita dei gas soffiati.

Come vediamo, esiste pure in questa situazione una superficie curva, ed un flusso che la lambisce.

Capiamo allora che l’effetto Coanda, nonostante sia diventato famoso solo negli ultimi anni grazie agli scarichi soffiati, gioca un ruolo fondamentale da sempre per le prestazioni di una vettura da F1.

Nella prossima analisi, vedremo nel dettaglio il discorso dei gas soffiati per chiudere in modo adeguato l’argomento. Fino ad allora, scrivete ogni dubbio o parere e continuate a seguirci! A presto!

 

Da Alberto Aimar

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