Oliver Bearman – Se qualcuno ci venisse a dire: ecco , ragazzo, tu a diciotto anni guiderai una Ferrari, e non per le vie della tua città ma di un Gran Premio vero e proprio, forse si sarebbe guadagnato la qualifica di pazzo. E Oliver Bearman, forse, del pazzo avrà sicuramente dato a chi gli aveva dato questo vaticinio tramutatosi in realtà. Ma pazzo lo è pure lui, di sicuro, di gioia per poter guidare appena maggiorenne una Formula Uno in una gara ufficiale. Roba da suscitare certificata invidia al popolo dei giovani che questo sogno se lo culla tra una gara di go kart o formule minori e l’altra e, magari , non riuscirà mai a concretizzarlo.

Ci sa fare, l’Oliver. Non ne ha proprio voluto sapere di restare incollato alla Q1 in Arabia Saudita, ma si è accomodato direttamente in Q2 con l’undicesimo tempo.. Non è pensabile che Carlos Sainz, assente forzato per infortunio, abbia ritenuto di sentirsi franare il terreno sotto i piedi, dal momento che quel volante è indubbiamente suo di titolarità contrattuale e di talento. Però, insomma, il Cavallino Rampante, di avere un Bearman che fila d’amore pienamente corrisposto sulla Ferrari a lui affidata,i suoi pensieri stupendi se li coltiva.

Bearman, in italiano, suona veramente malissimo. Significa “uomo orso”. Ma solo dal sorriso che ti sfodera nelle immagini diffuse di lui si capisce che quel nome non gli si attaglia per nulla. Meglio chiamarlo talent man, solo che si dia un occhio un po’ ragionato al suo curriculum vitae. Trattasi di un pilota che, a otto anni otto, assaggiava già pane e go kart a livello agonistico e che a dodici ti infilava il suo primo trofeo in bacheca, il Kartmasters British Grand prix. Se sono rose fioriranno, è il detto popolare che si può anche attagliare al mondo dei motori rombanti. E lui non solo è fiorito, ma può fiorire ulteriormente. Lungo la sua crescita, l’ascensore sale rapidamente, Formula 4, poi tre , poi due, infine l’attico della Formula Uno dove giunge come terzo pilota delle scuderie Ferrari e Haas.

Dall’ospedale in cui si trova ricoverato per sottoporsi a un intervento di appendicite, Sainz, si è certi, gli darà ampio sostegno: go Oliver. E lui, a Jeddah, ha dimostrato che, per tradurre dal proposito alla pista quel go, non ha bisogno di farselo dire due volte. Zona punti? Chissà. In fondo l’undicesimo tempo ti può ancora autorizzare ad avere pensieri sublimi.

A proposito dell'autore

Post correlati

Scrivi

Formula 1 - Notizie F1, News Auto