Intervistato dal podcast Beyond the Grid, Adrian Newey ha affermato di rimpiangere il mancato approdo in Ferrari in carriera.

Lavorare per la Ferrari e soprattutto vincere con i colori del Cavallino Rampante rappresenta il coronamento di una carriera in F1. La Rossa è il marchio più iconico del mondo del motorsport, e sono tante le leggende di questo sport che sono passate da Maranello. Molte altre, però, non hanno mai avuto l’occasione o la possibilità di farlo: a livello di piloti, i più menzionati sono Ayrton Senna e, più recentemente, Lewis Hamilton. C’è però un altro nome che emerge spesso in questa conversazione: Adrian Newey, l’ingegnere più vincente nella storia della F1. L’inglese è però stato più volte vicino ad un trasferimento in Ferrari in passato, ma per svariate ragioni l’approdo non si è mai materializzato. Intervistato dal podcast Beyond the Grid, Newey ha ripercorso i suoi contatti con la scuderia italiana, ammettendo di rimpiangere il fatto di non aver mai vestito i colori di Maranello.

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L’inglese ha citato il primo approccio concreto della Ferrari, avvenuto nel 1993: “I contatti nel periodo in cui ero in IndyCar non contano, […] l’offerta del 1993 fu molto allettante. Jean Todt aveva appena iniziato a lavorare e ricordo che mi chiese se fosse una buona idea prendere Michael Schumacher. La ragione principale per cui non sono andato alla Ferrari è che era il primo anno del mio secondo matrimonio, e non volevo commettere lo stesso errore che rovinò il mio primo matrimonio. Partii per lavorare in IndyCar e a mia moglie non piacque quella vita. Non credo che Ferrari fosse disposta a fare un contratto come quello di John Barnard, separando il centro di design dalla sede della Scuderia in Italia. So che oggi c’è la nostra scuderia ‘sorella’ che fa lo stesso, ma non credo in questa filosofia.”

“In un certo senso rimpiango di non aver mai lavorato per la Ferrari.” – ha proseguito Newey – “Così come sarebbe stato favoloso lavorare con Fernando o con Lewis, ma per varie circostanze non è mai capitato. Quando nel 2014 ho parlato con Ferrari, l’ho fatto per pura frustrazione. In Red Bull ero al centro del progetto insieme a Christian Horner sin dalla fondazione della scuderia, e mi sentivo quasi una figura paterna. L’ambizione era vincere una gara e magari un titolo. Non volevo andar via, ma la situazione era particolare: la Renault non aveva prodotto un motore competitivo per l’era ibrida, che ci può stare al primo anno di un nuovo regolamento. Io, Christian ed Helmut incontrammo Carlos Ghosn, il CEO della Renault, chiedendogli di aumentare il budget e le risorse per il reparto propulsori. Lui ci rispose che era disinteressato alla F1 e che ci restava solo per il marketing. Fu un periodo deprimente.”

Foto copertina: Red Bull Content Pool

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