Dalle gioie Hamilton-Mercedes ai dolori Vettel-Ferrari, in Canada abbiamo visto in scena un altro capitolo dell’altalena Mondiale. Senza, però, un vero e proprio corpo a corpo in pista tra i contendenti.

Il via del Gran Premio canadese è quello che ha scritto la “trama” di tutta la gara: Vettel, dopo uno spunto senza infamia né lode, s’è ritrovato stretto tra Bottas ed il “kamikaze” Verstappen, che, partito benissimo, ha comunque esagerato, cercando l’esterno sul tedesco alla prima curva senza preoccuparsi troppo del possibile esito nefasto (che per lui è arrivato comunque più tardi, a causa di un problema elettrico alla Power Unit Renault-Tag Heuer).
A pagarne le conseguenze è il ferrarista, con un’ala rotta (ed un fondo, da essa, danneggiato) ma su cui, forse negligentemente, la squadra non decide d’intervenire subito, potendo approfittare della Safety Car intervenuta per lo scontro Sainz-Massa (con Grosjean “guest-star”, stretto dallo spagnolo).
Infatti, allo restart, l’ala della SF70-H cede di schianto, costringendo la Scuderia alla sosta per sostituzione musetto e gomme (le SuperSoft, che hanno obbligato ad un ulteriore pit. Mentre Ricciardo, montando la Soft e puntando sulla sosta unica, ha potuto così ottenere il podio), catapultando Vettel in penultima posizione e costringendolo ad una bella, furiosa, ma difficile rimonta fino ai piedi del podio, dopo due grandi sorpassi alle Force India in “lotta interna”.
Hamilton ringrazia, corre in scioltezza, ottiene il Grand Chelem (Pole, giro veloce, in testa dall’inizio alla fine), e accorcia a -12 punti il suo svantaggio sul capoclassifica della Ferrari.
Detto dei compagni di team dei due “duellanti” (Bottas mai ha impensierito il “caposquadra iridato”, Raikkonen, dopo aver danneggiato la vettura all’inizio con un escursione a bordo pista, non ha mai mostrato un passo pari a quello del tetra iridato, con un finale rallentato da problemi ai freni), passiamo ad alcune considerazioni tecniche sui due team capoclassifica mondiale (222 a 214 per gli anglo-tedeschi).
I danni subiti in corsa (ma Vettel che si china ad osservare il T-Tray subito dopo il giro di schieramento in griglia faceva presagire un problema al fondo già in essere?) ed il vento sembrano aver inficiato notevolmente il buon passo Ferrari mostrato al venerdì, ma forse, più di tutto, hanno influito le temperature dell’asfalto, per entrambi i team di vertice.
I 45° hanno sicuramente aiutato la Mercedes a portare temperatura sulle gomme, ma, sicuramente, a Brackley sono intervenuti, nonostante le smentite “sornione” di Toto Wolff (“non sappiamo perché oggi la vettura sia andata così bene”), per migliorare l’equilibrio termico tra anteriore e posteriore, mostrando buoni progressi in merito.
Ferrari invece, al netto, comunque, dei danni, è sembrata quasi “subire” queste più alte temperature col pieno di carburante (ma nelle libere, con temperature del manto stradale equiparabili, aveva comunque mostrato un passo forse più rapido di quello visto in gara, seppur con meno benzina. Possibile che l’aver “scaricato” aerodinamicamente la macchina abbia rovinato l’equilibrio raggiunto?), andando incontro alla gara, dal punto di vista prestazionale, più “negativa” della stagione (importante, in chiave mondiale, il prezioso quarto posto di Vettel per “limitare” i danni).
Dati da analizzare sicuramente per entrambi i team, per capire dove indirizzare i futuri sviluppi.
Sviluppi che potremo vedere già nel prossimo appuntamento, in quel di Baku, per il Gp dell’Azerbaijan.
E sarà importante tenere d’occhio i termometri dell’asfalto per capire chi avrà fatto meglio i “compiti a casa” sullo sfruttamento ottimale degli pneumatici.

di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

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