Le gare in Austria hanno confermato i timori della Ferrari di questi mesi, ma a colpire maggiormente è il silenzio dei vertici della Scuderia di Maranello.
La Ferrari ha iniziato il mondiale come non accadeva dal 2005. Al momento a metterci la faccia è stato soltanto Mattia Binotto, mentre se Louis Camilleri ha dato il suo sostegno al team principal con un comunicato la scorsa settimana, rimane in silenzio John Elkann.
Uno dei periodi più difficili nella storia della Scuderia di Maranello, non nasce in questi mesi ma da Luglio 2018. Pochi giorni prima della scomparsa di Sergio Marchionne, Vettel uscì di pista in Germania, e da quel momento iniziò la sua parabola discendente.
La Ferrari è sempre stata abituata ad avere presidenti molto presenti in fabbrica. Basti pensare al Drake, o a Luca di Montezemolo che spesso assisteva alle gare insieme ai meccanici. Esempio seguito anche dal manager italoa-canadese il quale nonostante gli impegni in Fca era vicino alla squadra, ed appena poteva andava ai GP.
Invece il suo successore Elkann in due anni si è visto pochissimo ai box, delegando tutta la parte sportiva a Camilleri. Metodo che ha subito dimostrato di non funzionare, basti pensare all’avvicendamento tardivo fra Arrivabene e Binotto.
Altro problema il reparto tecnico. Se nel 2019 si pensava che gli errori in fase di progettazione della SF90, erano dovuti soltanto ad una cattiva interpretazione dei regolamenti, la SF1000 ha dato la definitiva risposta, che la struttura orizzontale ideata da Marchionne non funziona più.
Infatti come spesso successo negli ultimi anni, le modifiche alla SF1000 non hanno dato gli stessi riscontri del simulatore. Ed insieme alle disastrose qualifiche di Sabato, e l’incidente di Leclerc e Vettel di ieri, hanno certificato la crisi della Ferrari.
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— Scuderia Ferrari (@ScuderiaFerrari) July 13, 2020
Se la rivalità Leclerc-Vettel è stata risolta con la scelta di non confermare il tedesco, rimane il problema di come uscire da questa situazione. Infatti la SF1000 dovrà andare in pista anche nella prossima stagione, e a meno che non si voglia aspettare il 2022 per tornare a lottare per il titolo, dall’Ungheria dovrà partire la riscossa rossa, ed in caso di una nuova debacle, potrebbe esserci l’ennesima rivoluzione in casa Ferrari.