ANALISI TECNICA DEL MUGELLO
Anni di attesa e di sentito dire, e finalmente la pista del Mugello potrà accogliere la formula 1.
Questa domenica si corre sul circuito toscano, il quale sarà in grado di dare spettacolo e grattacapi alle squadre, vista la sua difficile interpretazione.
Si cominci con il dire che non è un tracciato come gli altri. Con questo intendo dire che per esempio non è come Monza, lo Spielberg o Montecarlo. Questi mettono a dura prova le auto ma solo sotto certi punti di vista.
Per esempio, sul circuito di Monza, le auto devono per forza avere un buon impianto propulsivo, ma una macchina che pecca di carico aerodinamico e, in una certa misura, di telaio, può comunque fare una buona prestazione. Questione simile per l’Austria.
Vale lo stesso discorso per Montecarlo, che invece richiede grandi doti telaistiche e di agilità, ma non performance eccellenti di motore.
Insomma, molti circuiti ad oggi non sono “omni-comprensivi”, ovvero possono predisporsi bene anche per vetture le quali soffrano di carenze su uno o più aspetti.
Il Mugello no, e basterà vedere una serie di dati per capire come mai.
I DATI DEL MUGELLO
Tre grafici innanzi tutto.
La sintesi della pista potrebbe essere la seguente:
Tanta dinamicità e agilità per le molte curve a gomito e i tornanti. Qui, anche tanto carico aerodinamico per la tenuta. Telaio e alto carico
Tanta accelerazione per la maggior parte dei brevissimi rettilinei che popolano il tratto guidato. Alto carico e buon motore
Tanta capacità di velocità massima per il lunghissimo rettilineo. Del resto, si percorrono tratti dritti per il 53% del tempo. Non poco. Efficienza aerodinamica e impianto propulsivo.
Ciò che soprattutto spicca e che in realtà entra in conflitto è la necessità di avere altissimo carico aerodinamico per tutta la prima parte del circuito, fino almeno alle curve dell’arrabbiata. Da quel momento in poi, la pista si “distende” per assumere tratti assai più lunghi e veloci, comprendendo proprio l’arrabbiata stessa. Il tutto scaturisce in un rettilineo lunghissimo dove, senza potenza, è facile essere bersaglio del DRS altrui. Di conseguenza, carichi più bassi potrebbero aiutare nella seconda metà vista la maggiore velocità di percorrenza, che permette di recuperare gran parte della deportanza.
La spinta al suolo, come detto, deve essere sostanziosa: a vedere il grafico delle curve che segue, sono poche quelle sopra i 50 metri di raggio (e quindi veloci, con possibilità di deportanza bassa) e tornando al grafico delle aperture delle curve (angoli sottesi), si notano tantissime curve a gomito, e quindi più lente. Escludendo poche eccezioni, quasi tutte le curve superano i 70 gradi di deviazione e anche di molto. Necessario il carico deportante.
CONCLUSIONI
Chi ha cavalli a disposizione, potrà assumere assetti più deportanti. Questa è la chiave. Non vedremo incidenze e inarcamenti “massimi”, ma comunque ali importanti e angoli di rake sostenuti.
Chi non potrà avere troppo motore o chi sarà penalizzato da un efficienza aerodinamica non ottimale, purtroppo non potrà sperare in tempi sul giro stratosferici.
Vi lascio in compagnia di Leclerc, per un giro di pista sul Mugello:
A presto dall’ing. Alberto Aimar.