La settimana manche del campionato F1 si svolgerà in Canada, sul circuito di Montreal: una pista difficile da interpretare e con molte caratteristiche in contrapposizione l’una con l’altra. è bene analizzare gli aspetti salienti per prevedere cosa aspettarsi in termini di setup e, conoscendo oramai il comportamento delle varie macchine, individuare eventuali favoriti.

Il tracciato presenta un numero elevato di accelerazioni, equiparato per altro da un numero elevato di curve molto lente. Inoltre,  è presente un rettilineo particolarmente lungo, ovvero quello che anticipa l’ultima chicane del traguardo.

Analizzando poi la tipologia di curve, sono visibili ben 5 tratti curvilinei in cui le vetture sono costrette a ridurre di molto la velocità. Tra questi, la curva con raggio MAGGIORE raggiunge un valore che non supera i 30 metri.

Se volessimo farci una idea di cosa questo parametro possa significare confrontando il caso canadese con una pista rapida come il circuito di Barcellona, troveremmo una tendenza completamente ribaltata con appena tre curve sotto il valore di 30 metri di raggio e la maggior parte di tutte le altre con raggi di curvatura compresi tra i 40 e gli 80 metri (con un massimo di 140 metri).

In questo senso è intuitivo pensare a quanto siano basse le velocità di percorrenza delle vetture nei tratti curvilinei del circuito cittadino di Montreal.

Da questo punto di vista, ogni appassionato di tecnica lo sa bene, l’aerodinamica entra in gioco solo per tratti in cui la velocità sia maggiore di un valore minimo ben definibile. Una bassa percorrenza dei settori curvilinei influenza negativamente il flusso di aria che investe il profilo alare. Di fatto le molecole di aria che lambiscono le superfici degli alettoni non possiedono la velocità e quindi l’energia necessaria per poter creare la giusta deportanza. Un buon risultato potrebbe essere ottenibile sfruttando correttamente le superfici deportanti, attribuendo loro elevati gradi di incidenza. In questo modo, distorcendo maggiormente il flusso in arrivo, potrebbero compensare la bassa velocità che sono costretti ad assumere. Ad ogni modo, esiste un ostacolo per questo genere di soluzione.

Tre sono i tratti in cui le auto devono chiedere lo sforzo massimo al propulsore e poter contare su una pulizia dei flussi grazie ad una aerodinamica poco invasiva sicuramente può aiutare.

Infatti, Il rettilineo più lungo raggiunge ben 1150 metri di estensione e il motore ha tutto il tempo di raggiungere il massimo regime consentito. Uno dei principali punti in cui si può costruire un buon tempo sul giro è proprio questo, ma la macchina deve poter essere nelle condizioni di poterlo fare. A quanto pare, quindi, serve capire come rispondere al quesito che segue:

Conviene privilegiare la deportanza e il carico elevato, oppure privilegiare la bassa resistenza aerodinamica per essere rapidi sui lunghi rettilinei?

L’unico modo per rispondere è quello di eseguire uno studio attuo a capire come bilanciare le due caratteristiche evidenziate:

Cosa è possibile dedurre dai grafici mostrati? Quali soluzioni tecniche dovrebbero essere prese in considerazione?

Emergono tre concetti molto semplici per una corretta interpretazione della pista:

  • Sono presenti curve lente in quantità maggiore; è possibile ottenere carichi deportanti alti  solo con elevate incidenze degli alettoni, seppur danneggiando la resistenza.
  • Accelerazioni “brucianti” in cui serve aderenza delle ruote motrici, che per altro può essere ottenuta tramite un incremento delle incidenze degli alettoni e delle superfici deportanti, come al punto precedente.
  • Rettilinei mediamente brevi (eccezion fatta per l’ultimo tratto antecedente il traguardo: l’eccezione) in cui è preferibile l’accelerazione (e quindi un carico deportante più elevato) piuttosto che una bassa resistenza aerodinamica (profili più scarichi)

Una possibile scelta per le scuderie, per ottenere un buon risultato, sarà di conseguenza quella di prediligere il carico aerodinamico piuttosto che la velocità di punta, agevolando le velocità di percorrenza di curva piuttosto che la velocità massima sui rettifili. Mi aspetterei quindi di vedere profili particolarmente carichi per agevolare, oltre alle percorrenze dei tratti curvilinei, anche la fase di frenata e le brusche accelerazioni che si alternano alle curve strette del circuito canadese.

Si mostri a tal proposito un paragone tra la Ferrari 2018 a Spa-Francorchamps e la Ferrari 2018 in Canada: il carico deportante dell’ala posteriore è più elevato nel caso di Montreal, a testimonianza del fatto che serve più aderenza al suolo lungo le tortuosità della pista canadase.

Ciao da Alberto Aimar!

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