Solitamente, quando si parla degli ultimi anni di Ferrari in Formula 1, si tende sempre un po’ a deviare il pensiero per cercare di incolpare qualcuno:  accade in ogni tipo di sport ed è la normalità, chi perde ci va di mezzo.

Sono stati diversi i casi in cui ingegneri più o meno qualificati, venissero messi da parte dalla Scuderia per il
bene della squadra. Non sempre però queste decisioni pagano, anzi siamo stati spettatori di alcuni tra i più
importanti fallimenti progettuali degli ultimi 20 anni e non per colpa di un ingegnere o dell’altro, ma perché
mancava una vera identità di Scuderia. Ferrari Formula 1

Una macchina come la SF-90 non si vedeva dai tempi del progetto F310/F310B in Formula 1, prima vettura con un certo
Michael Schumacher a bordo, prima vera Ferrari fallimentare che ho seguito al 100%. Il progetto era figlio
delle nuove regole riscritte post-Senna, perciò bisognava inventare.

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A partire dal successivo progetto F310B si assistette ad un deciso cambiamento sulle vetture del Cavallino:

più snelle, con il muso alto e con un telaio in grado di esaltare le prestazioni dei motori Ferrari.

Il risultato non è stato dei più soddisfacenti (vedi Jerez de La Frontera 1997), ma si iniziava ad intravedere la luce.

La quale poi è esplosa con la F1-2000 e le successive, le vetture vincenti e anche belle a vedersi.

In quegli anni, sebbene Renault e McLaren non stessero proprio a guardare, la Ferrari aveva un passo superiore in
tutte le condizioni di gara e i 5 mondiali consecutivi vinti ne sono la prova.

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Dopo si è incrinato qualcosa. Se escludiamo i progetti 2007 con campione Kimi Raikkonen e 2008 con (quasi)
campione Felipe Massa, bisogna arrivare alla SF70-H del 2018

per avere qualcosa di veramente concreto. Ed è un peccato non aver permesso ad un signore come Fernando Alonso di battersela a dovere con i suoi rivali.

Quello che è mancato per molti anni alla Ferrari è stata una guida, qualcuno che facesse da esempio e stimolo
per tutti gli ingegneri della Scuderia.
Sono mancati Luca di Montezemolo, Jean Todt e Ross Brawn: il capo, lo stratega e il genio.
E’ ovvio che non stiamo qui a chiedere un nuovo Ross Brawn, a mio avviso Mattia Binotto sa il fatto suo e la
prova è la SF70-H: a quel progetto faceva capo lui, ma cosa più importante erano i ruoli di Arrivabene e del
compianto Marchionne, personaggio del quale non basterebbe un libro intero per elogiare le capacità
comunicative, espressive, conoscitive e dirigenziali.

Il loro compito era quello di occuparsi di tutto ciò che c’è intorno al progetto tecnico della vettura di modo
tale da lasciare l’Ing. Binotto libero di concentrarsi unicamente sulla vettura.

Ad oggi a Binotto tocca fare tutto ed è come un pranzo di nozze in cui c’è un cuoco solo e tanti camerieri che
aspettano gli ordini: il risultato potrà essere buono ma non vincente.

di Gianluca Ialongo

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