Il motore Wankel, reso celebre da Mazda, è forse uno dei motori a combustione interna più affascinanti della storia dell’automobile.
Oggi parliamo del motore Wankel, nome sentito e risentito più volte. Conosciuto da chi lavora nel mondo dell’auto e non solo. Ma di cosa si tratta? Quali sono le sue caratteristiche e il suo utilizzo?
Partiamo da una data, il 1957, ovvero più di 60 anni fa. Un giovane inventore tedesco chiamato Felix Wankel presentò il primo motore di questo tipo. Egli collaborava con la NSU, celebre casa automobilistica tedesca. Fu così che nel 1964 la NSU Spider fu la prima vettura stradale a montare questa nuovissima tecnologia. Il motore della Spider era un 498 cc con 50 cv di potenza. Niente male per l’epoca.
Nel corso degli anni, Citroen, ma soprattutto Mazda, sfruttarono questa tipologia di motore. È al motore Wankel che la bellissima Mazda RX-7 deve il suo successo e la sua rarità e sempre al motore Wankel, Mazda, deve la vittoria della 24 Ore di Le Mans del 1991, con la 787B.
Ma come funziona il motore Wankel?
Scopriamolo subito. Il movimento potrebbe non essere intuitivo, quindi vi lascerò un video semplificativo.
Un rotore di forma triangolare con i lati ad arco, ruota attorno all’albero motore, chiamato albero eccentrico. La rotazione eccentrica del rotore, fa sì che ogni faccia di ogni arco del triangolo, compia ciclicamente le 4 fasi dei motori 4 tempi aspirazione, compressione, iniezione e scarico. La camera di scoppio viene creata dalle facce del rotore che, ruotando eccentricamente, si avvicinano e si allontanano dalle pareti della camera di scoppio.
RX-7 che è una vera e propria JDM
I benefici del motore Wankel sono in assoluto la maggior potenza specifica in funzione della cilindrata e un peso notevolmente ridotto. In realtà questi due benefici sono molto legati. Se riguardiamo attentamente il movimento di albero e rotore, possiamo notare che ogni ciclo di combustione corrisponde ad una rotazione dell’albero motore. Diversamente dai motori a pistoni alternativi che necessitano di due rotazioni dell’albero. Questo permette al motore Wankel di poter esprimere una potenza decisamente superiore, ovviamente a parità di cilindrata.
Altro appunto, la cilindrata di un motore Wankel non è immediatamente calcolabile ma si basa su una formula specifica. Senza entrare nei dettagli, basti pensare che l’ultima auto di commercializzazione stradale a montare questa tipologia di motori fu l’erede della RX-7, ovvero la RX-8.
La RX-8 monta un motore Wankel con 2 rotori in grado di sviluppare ben 231 CV di potenza con 216 Nm di coppia massima e uno 0-100 in 6.5 secondi. Ma, udite udite, il vero gioiello lo monta la sorellona RX-7 con un motore Wankel birotore con ben doppio compressore. I due compressori funzionano come in un’ottima orchestra: il primo ai bassi regimi, l’altro agli alti. Questo sistema permette alla RX-7 di arrivare a quota 280 CV dichiarati, ma ben più di 300 CV reali. In quegli anni infatti il mercato Giapponese limitava le potenze delle auto in commercio.
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La 787B vincitrice a Le Mans montava un quadrirotore da 2.600 cc e 700 CV per soli 830 kg di peso.
Come ultimo punto, ma forse a mio parere uno dei migliori, non dimentichiamo il sound. Un motore Wankel gira ad una velocità più alta di un motore a pistoni alternativi. Per questo motivo non è difficile arrivare a 8.000 giri e sentire una vera e propria sinfonia uscire dagli scarichi.
Ma non è tutto rose e fiori. Questo motore, infatti, è molto delicato. Le guarnizioni e i cuscinetti sono sottoposti a pressioni e temperature molto critiche e tendono a rompersi. Inoltre un motore di questo tipo, consuma più carburante di un analogo motore più tradizionale, motivo per cui, legato anche alle norme anti-inquinamento, la RX-8 uscì di produzione nel 2012.
I recenti sviluppi e le normative sempre più stringenti in termini di inquinamento non penso ci permetteranno di riavere un nuovo modello con questa tecnologia. Di fatto, purtroppo, il motore Wankel appartiene al passato.