Carlos Sainz, in un’intervista al Corriere della Sera, ha parlato della sua storia. Dagli esordi, fino al debutto in Ferrari, la carriera dello spagnolo non è stata di certo priva di difficoltà.

Il peso del cognome “Sainz” si è fatto sentire sin dai primi anni di karting. Tra false amicizie e avversari agguerriti, il giovane Carlos si è dovuto trasformare da preda a cacciatore.

Da piccolo gli avversari erano molto motivati dal mio cognome, ecco perchè sono abituato a lottare da sempre. Facevo merenda con loro e ci vedevamo la sera per mangiare una pizza, ma poi in pista mi buttavano fuori. Volevano battermi ad ogni costo, fino a quando papà mi ha detto “Mangiateli o ti mangeranno”. Da lì qualcosa è cambiato nella mia testa: sono diventato più cattivo e ho smesso di uscire con loro. Non mi sentivo più amico di nessuno. Ero lì per vincere, non per fare amicizia.

La figura di papà Carlos è stata fondamentale per l’ascesa del figlio in Formula 1. Da buon padre, i suoi consigli hanno fatto la differenza.

Lui è mio padre, ma anche una sorta di manager. Anche quando sbagliavo, è sempre stato al mio fianco. Ad 11 anni mi chiedeva di ricordare la pressione delle gomme, l’assetto, il tipo di assale…tutto. Solo in F1 ho compreso l’importanza di quella lezione, mi ha fatto crescere tanto. Essere studioso è un approccio importante sopratutto al primo anno in un nuovo team. Dall’esterno non si capisce quanto sia difficile dover cambiare monoposto. Ovvio che alla prima gara con la Ferrari non sia lo stesso Carlos del 40° Gran Premio con la McLaren. Lì sapevo tutto ciò che dovevo fare con la monoposto. Invece con la Ferrari devo ancora apprendere diverse cose, perciò voglio stare più tempo possibile a Maranello.

Sainz, ha esordito in Formula 1 insieme a Max Verstappen alla Toro Rosso. Un inizio tutt’altro che semplice.

Si capiva subito che Max era un pilota speciale con doti fuori dal comune. Eppure, sono riuscito a tenergli testa: questo mi ha dato molta fiducia per continuare. Sapevo che la F1 era il mio posto, e volevo giocarmela con chiunque.

Carlos adesso, insieme a Charles Leclerc, forma la coppia Ferrari più giovane dal 1968. La motivazione è tanta, la fame altrettanto. Non manca però, un gran rispetto nei confronti del compagno di squadra.

Charles ha una storia speciale. Ha perso prima un amico, Jules Bianchi, e poi anche il papà. Superando questi orribili traumi è diventato ancora più forte, per questo lo ammiro molto. Molti pensano che siamo troppo giovani per la Ferrari, ma io ho 26 anni e sono al settimo anno in F1, dunque credo di avere le capacità necessaria per aiutare la squadra nel tornare a vincere. Charles ha già dimostrato il suo valore, e stiamo lavorando duro a Maranello. Siamo sempre al simulatore con gli ingegneri e i meccanici. Due piloti giovani come noi portano una grande energia: siamo carichi e abbiamo voglia di vincere.”

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