Lewis Hamilton conquista il 5° titolo iridato di F1, dopo aver dimostrato nel corso della stagione d’essere il miglior pilota.
Ma le vittorie ottenute con una Mercedes dotata di cerchi ruota “discutibili”, che senza di essi crolla in gara, quanto hanno influito nel computo totale?

Anticipiamo a scanso d’equivoci: Lewis Hamilton ha meritato di vincere il Mondiale 2018 di Formula 1 perché, nell’arco dell’intera stagione, è stato il pilota più veloce, solido, completo.
Gli errori (numerosi) di Sebastian Vettel, portato al limite, confermano ciò.

Ma a far discutere sono le polemiche sul versante tecnico.
Basti osservare le ultime due gare: una Mercedes da Monza in poi dominante è tornata improvvisamente “sulla terra”, a causa di manifesti problemi nell’utilizzo degli pneumatici (con problemi enormi soprattutto sulle gomme posteriori).

Il motivo di tutto ciò? I famosi “cerchi della discordia”.
Infatti, i cerchioni posteriori realizzati dall’italiana OZ Wheels su progetto Mercedes, forati sul mozzo per assicurare un adeguato smaltimento termico attraverso lo sfruttamento aerodinamico di un particolare comunque “mobile” come è la ruota (cosa che il regolamento vieterebbe), sono stati prima “autorizzati con riserva limitata” dalla FIA, salvo poi, per timore di ricorsi da parte degli altri team, venire “aggiustati” tappandone i “buchi”col sigillante.

Fatto sta che dopo Austin anche oggi le Mercedes sono state costrette a fermarsi più degli altri ai box con le gomme finite (escludendo la seconda sosta, questa dovuta ad un “azzardo strategico”, della Ferrari di Vettel), ed Hamilton ha dovuto festeggiare il suo titolo arrivando alla bandiera a scacchi con oltre 1 minuto di distacco dalla vincitrice Red Bull di Verstappen.

La colpa di tutto questo? Sicuramente della FIA, che non si è espressa in maniera univoca (i pronunciamenti di Tombazis sono risultati quantomeno parossistici) gettando ombre e creando malumori e sospetti sui fatti della pista.

E il primo ad esserne danneggiato, oltre alla Ferrari (che in Messico, seppur non perfetta è con azzardi strategici forse non necessari, in Messico trova un doppio podio che permette di coltivare ancora qualche flebile speranza di titolo Costruttori), è proprio Hamilton, che a causa di questi fatti vedrà un “alone oscuro” sul suo (stra-meritato) quinto alloro mondiale.

Se davvero la F1 vuole cambiare in meglio, nel massimo rispetto degli appassionati e del profondo significato del Motorsport, il Presidente (silenzioso) Jean Todt e i “padroni del Circus” di Liberty Media dovrebbero pensare in primis a risolvere tali questioni in maniera netta e definitiva.

Perché non si torni a parlare d’altro che delle lotte e delle storie di uomini e macchine, raccontate attraverso le loro gesta lungo le piste più belle del mondo.

di Giuseppe Saba ( Twitter: @saba_giuseppe)

 

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