Con l’introduzione del circuito di Madrid dal 2026, la F1 ha confermato che il futuro della categoria regina sarà sui tracciati cittadini.

Madrid ce l’ha fatta. Dopo anni di proclami e battaglie, anche a livello politico, dal 2026 il GP di Spagna si disputerà a pochi chilometri dal centro della capitale spagnola, nei pressi del centro congressi IFEMA, su un tracciato in parte cittadino e in parte permanente. A farne le spese sarà ovviamente il Circuit de Barcelona-Catalunya, storico teatro dell’evento in terra iberica, che ha un contratto valido per l’edizione 2026 ma, probabilmente, abbandonerà il calendario di F1 dopo il suo trentaseiesimo Gran Premio. La scelta di spostare l’evento da Barcellona a Madrid ha una serie di motivazioni facilmente comprensibili. Tralasciando le delicate questioni legate ai conflitti identitari e politici tra la capitale e la città catalana, è chiaro che il progetto IFEMA ha un potenziale economico importante, tale da aver convinto appieno Liberty Media.

La reazione degli appassionati, come prevedibile, non è stata positiva. Il layout del tracciato, ricco di curve a 90° poco esaltanti in stile Baku, ha lasciato perplessi, dato che l’unica zona con un minimo di carattere (almeno sulla carta) pare essere quella ancora da costruire. Nonostante Barcellona sia da anni uno circuiti dei più criticati per lo scarso pathos delle gare, nessuno sembra volere una sua sostituzione con un’altra pista cittadina, soprattutto adesso che l’odiosa chicane del terzo settore è stata sostituita dopo grandi lavori ed investimenti da parte dell’autodromo. La scomparsa di un altro circuito permanente in favore di un tracciato cittadino conferma però un trend già evidente per quanto riguarda la categoria regina: gli autodromi non sono più l’habitat naturale delle monoposto, che piano piano si stanno spostando verso le strade dei grandi centri urbani.

Tornando indietro di dieci anni, il calendario della stagione 2014 comprendeva diciannove gare, di cui quattro su tracciati cittadini in senso stretto: Melbourne, Monaco, Montréal e Singapore. Già dal 2023, su ventiquattro eventi il numero di street circuit puri è salito a sette con le aggiunte di Baku, Gedda e Las Vegas. Nel 2020, solo la pandemia e uno scandalo di corruzione hanno bloccato l’approdo di Hanoi. Se si considerano “cittadini” anche i semi-permanenti circondati da muretti, con Miami il conto sale a otto: un terzo del calendario di F1. Madrid, che unirà sezioni cittadine ad altre permanenti, sarà il prossimo, ma negli ultimi mesi, ad eccezione di Kyalami, tutte le proposte o ipotesi di nuove tappe in calendario hanno riguardato circuiti cittadini a Londra, Barranquilla, Nizza, Osaka e Doha. Ormai il pattern è chiaro, anche perché correre in città conviene a tutti.

Per i promoter, l’investimento necessario ad organizzare un Gran Premio in città è di gran lunga inferiore rispetto alle risorse richieste per la costruzione o l’ammodernamento di un autodromo, dato che basta allestire strutture temporanee per un periodo molto limitato. L’unico vero ostacolo è dato dall’approvazione delle istituzioni, che tuttavia comprendono che il successo della F1 rappresenta un’opportunità per dare impulso all’economia attraverso il turismo. La categoria regina mira invece alla sostenibilità e all’accessibilità: i circuiti cittadini sono facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici o addirittura a piedi, mentre per arrivare in luoghi remoti come Spa, Silverstone o il Red Bull Ring le folle si spostano in automobile. Inoltre i tracciati cittadini possono ospitare, se ben progettati, un numero ben superiore di spettatori e attirare il pubblico disinteressato al motorsport grazie al clima di festa che la F1 genera.

formula 1 Gran premio Spagna

I vantaggi economici e d’immagine che derivano dall’organizzare un Gran Premio in città sono quindi evidenti, e la F1 continuerà a sfruttarli. Ciò che viene danneggiato, però, è il lato sportivo. Su tracciati lenti, con scarso grip e poca varietà in termini di curve e cambi di pendenza, una F1 non si esprime al massimo del suo potenziale. Alcuni cittadini riescono a compensare questa mancanza grazie alle proprie caratteristiche uniche: Monaco, oltre alla storia e al prestigio, punisce al minimo errore; Montréal ha una varietà incredibile di chicane; Singapore si disputa in condizioni ambientali ostili; Melbourne, dopo il restyling, è ricco di curve velocissime. La tendenza degli ultimi anni è invece mettere assieme rettilinei lunghissimi e curve lente o a 90° per aumentare il caos e le possibilità di sorpasso, creando circuiti o sezioni di pista praticamente identici tra loro. Basti vedere Baku, Las Vegas e Miami.

La continua crescita nella presenza di tracciati cittadini sarà una buona notizia per gli organizzatori, la F1 e alcuni appassionati, ma gli autodromi restano il luogo in cui le monoposto e i piloti possono performare al meglio. “Le piste classiche sono sempre più piacevoli da guidare.” – aveva affermato Max Verstappen durante il weekend del GP di Las Vegas – “La gente può dire quello che vuole, ma una vettura di F1 non appartiene a questi tracciati”. Nonostante le gare noiose degli ultimi anni, Barcellona esalta qualità invisibili in altri contesti, e la completezza del layout rende il tracciato quasi un unicum nel calendario. Una singolarità che purtroppo andrà perduta in favore di una scopiazzatura di altri circuiti cittadini già esistenti.

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