Il problema fondamentale riscontrato dalla Ferrari in Spagna e a Montecarlo è stato semplice quanto importante, non riuscire a sfruttare appieno le gomme, le quali non riuscivano a ‘lavorare’ alla giusta temperatura d’esercizio, che poi è quella fase in cui gli pneumatici si sfruttano al meglio; in Canada, la fantastica partenza di Vettel, aiutato da Hamilton che si fa scivolare la frizione, mette subito la Ferrari nella posizione di poter scegliere la strategia ed anche di infastidire chi è dietro con i flussi aerodinamici  che tendono a far usurare maggiormente gli pneumatici; ed invece, sfruttando un regime di virtual-safety-car molto breve, si decide di cambiare completamente la strategia, tale espediente, tra l’altro subito indicato dai commentatori Rai, avrebbe consentito alla Rossa di guadagnare secondi preziosi nella fase del cambio gomme quando tutti gli altri dovevano per forza tenere un passo ‘obbligato’; ora c’è da dire che in effetti se questa circostanza fosse durata molto di più se ne poteva trarre un vantaggio abbastanza congruo, anzi tale da annullare il timing della sosta, così non è stato e la strategia è risultata non appagante fino alla fine; tuttavia la domanda è un’altra, come mai si è deciso di fare qualcosa di così poco tradizionale? Molte volte abbiamo criticato la Ferrari per certi comportamenti troppo entro i canoni della normalità ed anzi ci saremmo aspettati più coraggio e più fantasia, ebbene siamo stati ripagati, ma i motivi sono ben altri; il fatto è che ci si è resi conto che la vettura con la nuova conformazione è diventata più reattiva ed aggressiva sugli pneumatici e che probabilmente le modifiche alla Power Unit hanno aumentato, seppur di poco, i consumi di carburante; si è quindi cercata una via alternativa puntando su 2 soste; una tattica che era già sul tavolino delle possibilità e con una esigenza quasi sintomatica di volersi disfare dei compound più morbidi che stavano cominciando a degradarsi in maniera maggiore rispetto alla Mercedes

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Il Britannico infatti non ha fatto altro che preservare con oculatezza gli pneumatici per poi fermarsi e montare le gomme che lo avrebbero portato fino alla fine; ecco lo stint di Hamilton su gomme Ultrasoft

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Il giro 10 ed 11 sono stati condizionati dalla virtual-safety-car ma poi i timing sono calati, con le gomme messe a ‘riposo’, notevolmente fino a terminare lo stint con un 1:18.099 di poco superiore al 1:17.823 della tornata n. 4, il tutto per ben 23 giri, quando queste gomme venivano descritte come compound da massimo 10 giri; Vettel invece dopo il passaggio n. 6 ha iniziato inesorabilmente ad alzare i suoi tempi e qui è nata la diversa strategia Ferrari che non ha potuto far altro che puntare sul ritmo e cioè andare su due soste. Il fatto che la Rossa è aggressiva sugli pneumatici molto più di prima, ma su una pista non caldissima, è testimoniato dal giro di attacco dopo entrambe le soste, riesce infatti a segnare sul cronometro subito un 1:17.391 (giro 13) praticamente uno dei migliori tempi di tutto il 2° stint; mentre dopo il secondo cambio gomme al primo giro utile ferma il crono su 1:16.972, ecco la progressione dal giro 39 al giro 52

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Abbiamo preso in esame questa manciata di giri perché rappresenta un trend diverso dal solito comportamento della Ferrari la quale aveva bisogno di 2-3 tornate per essere subito competitiva ed in genere in questi frangenti perdeva diversi decimi in confronto alla Mercedes; qui invece si nota, a parte il giro 42, come l’abbassamento dei timing sia costante con un buonissimo giro d’attacco. In pratica nel GP del Canada la vera difficoltà della Ferrari è stata la gestione degli pneumatici ULTRASOFT con il pieno di carburante quindi con una vettura pesante; una situazione in cui tende ad essere velocissima ma solo per una manciata di giri; mentre con gli altri compound la vettura ha mostrato un ottimo passo e un degrado veramente minimo. La Mercedes invece continua la sua perfezione tecnica, riuscendo in tutte le situazioni a gestire bene la vettura in una simbiosi perfetta con le gomme…

Marco Asfalto

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