L’AERODINAMICA DELLA FORMULA 1 – CAPITOLO 2

GIOCHI DI TEMPERATURE E  PRESSIONI

Ripartiamo da dove abbiamo concluso durante il primo capitolo del nostro viaggio all’interno dell’aerodinamica delle formula1. Abbiamo finito di discutere la formula del flusso per ciò che riguarda il discorso della tipologia dei gas. Ora continueremo analizzando gli aspetti temperatura e pressione.

Prima di cominciare richiamo per semplicità la formula che descrive i flussi: come detto ci accompagnerà lungo il nostro percorso perché è proprio da questa semplice scrittura che svilupperemo gli argomenti durante l’anno di campionato.

Come possiamo capire quali sono le modalità con cui pressione e temperatura influiscono su una vettura di F1 soltanto usando le tre singole lettere alla sinistra dell’uguale?

Per rispondere a questo quesito ci aiutiamo con una seconda formuletta la quale potrà portare allo scoperto il modo in cui questi due importanti aspetti interagiscono con le particelle di aria; stiamo parlando dell’equazione di stato dei gas perfetti.

Non preoccupiamoci: non serve comprendere a fondo la matematica che caratterizza questa scritta. Basta semplicemente cogliere il principio fisico che vuole evidenziare: tutti i gas sulla Terra seguono delle leggi e si comportano secondo schemi ben definiti. Per esempio, quando scaldiamo un gas all’interno di una camera sigillata sappiamo che la pressione aumenta di conseguenza; questo può in effetti essere il caso delle particelle d’aria all’interno dello pneumatico in movimento.

Se lo pneumatico viene portato in temperatura sollecitato nelle curve, dalle accelerazioni, dai cambi di direzione improvvisi o da eventuali scosse per via di un manto stradale non perfettamente pianeggiante, si scalda. Scaldandosi trasmette calore all’atmosfera al suo interno che di conseguenza accresce la sua pressione.

In definitiva, questa formula vuole semplicemente descrivere le modalità di comportamento di un gas generico, compreso l’ossigeno e l’anidride carbonica che costituiscono la nostra atmosfera.

Se tramite vari ragionamenti di natura matematica (che vi evito volentieri per non annoiarvi già a questo punto) volessimo provare a riscrivere la formula per far comparire la densità troveremmo la seguente scrittura:

Riusciamo a ricavare la densità , descritta tramite p e T ovvero, pressione e Temperatura (in grassetto). In questo senso, incredibilmente, siamo in grado di riscrivere la formula del flusso presente ad inizio capitolo e possiamo raggiungere il nostro obiettivo finale:

Con l’equazione riscritta come appena mostrato, diventa un gioco da ragazzi capire come varia il flusso, rappresentato alla destra dell’uguale, grazie ai fattori presenti a sinistra. Partiamo.

Uno degli aspetti su cui è necessario porre l’attenzione durante la progettazione di una vettura e durante la progettazione di tutti gli sviluppi seguenti, è la quota alla quale si trova un circuito, oltre alle condizioni climatiche che lo caratterizzano. Come detto nel primo capitolo, Qualora il circuito di Sepang fosse copiato in ogni sua curva e ogni suo dislivello nella steppa russa, non sarebbe possibile correre con setup identici a quelli usati in Malesia perché in Russia il clima è ben differente. La pressione cambia cosi come la temperatura e questo mix stravolge completamente il risultato finale di flusso che lambisce per esempio gli alettoni anteriori e posteriori. Le squadre di ingegneri che lavorano incessantemente lo sanno e per ogni circuito devono capire esattamente come il fluido “aria” cambia le sue caratteristiche scorrendo sulle superfici deportanti di una F1.

Per analizzare il caso “pressione’ usiamo uno strumento molto utile in prima analisi: la tabella che descrive il concetto di “Aria standard internazionale”. Un insieme di dati che indicano come ad una certa quota, la densità varia proprio in funzione della pressione atmosferica, la quale diminuisce tanto quanto più ci alziamo dal livello del mare.

Proviamo ad analizzare un esempio concreto per conoscere meglio tutte le implicazioni della pressione al variare della quota. Consideriamo due circuiti tra loro molto differenti per quanto riguarda le quote ai quali sono situati: il tracciato di Singapore e il Nurburgring.

Il primo dei due è posizionato a quota 0 metri, ovvero sul livello del mare.

Il secondo ha una quota media di circa 350 metri sul livello del mare.

Senza considerare tutto ciò che riguarda la differente forma tra i due tracciati, solo per il gioco delle quote dal livello del mare, con la tabella dei valori standard dell’atmosfera scopriamo che elevando la quota da 0 a 350 metri, la densità  scende a 1,18 da 1,225 kg/m^3. Ovviamente questo avviene per via della pressione che decresce quando aumenta la distanza dalla superficie terrestre.

Calcolata in percentuale, la perdita si attesta circa al 5% in meno.

Se la deportanza dipendesse direttamente dalla densità, e nel corso dell’anno scopriremo che è proprio cosi, solo per l’effetto determinato dal cambio di quota e quindi dalla diminuzione di pressione avremo circa il 5% in meno di spinta al suo su ogni superficie deportante della vettura. Se immaginiamo che nel complesso la spinta risulta essere molto vicina alla mezza tonnellata (500kg) immaginate che la perdita si attesterebbe attorno ai 25KG! Considerando che le qualifiche spesso sono vinte per pochi millesimi e centesimi di secondo, questi 25KG recuperati, fanno davvero tutta la differenza del mondo. Come fare a recuperarli? Le incidenze e gli inarcamenti degli alettoni devono per forza crescere, come si può vedere in foto.

E la temperatura? Come agisce?

Principalmente sono due i tipi di effetti che la temperatura può generare su un flusso che circonda una vettura: il primo è l’aspetto “naturale” e quindi il suo effetto sulla riduzione o l’aumento della densità. Anche in questo caso un flusso più caldo, per esempio durante una giornata di sole, può ridurre di molto il numero di particelle d’aria a contatto diretto con l’automobile. Di conseguenza anche in queste situazioni le incidenze e gli inarcamenti degli alettoni devono crescere e questo vale anche quando ci troviamo sullo stesso tracciato: a pari quota, ovviamente, una giornata più calda crea problemi dovuti alla minore densità atmosferica.

Il secondo aspetto è veramente interessante anche se meno conosciuto dalla maggior parte degli appassionati. Sappiamo che il motore genera una grande quantità di calore la quale si smaltisce tramite il radiatore all’interno delle pance.

Gran parte dell’energia termica, però, viene rilasciata in modo incontrollato per via conduttiva e sotto forma di irraggiamento tramite le superfici delle pance stesse. Un elemento caldo rilascia calore a 360° e non solo tramite i sistemi raffreddanti, intendiamoci.

Risulta in questo senso una superficie esterna delle pance più calda del flusso di aria che vi scorre sopra. Per logica conseguenza le particelle fluide che lambiscono gli strati superficiali delle carene assorbono energia termica. Un fluido in movimento che deve seguire una superficie curva cambia letteralmente il suo comportamento in base a quanto elevati sono gli scambi termici con quest’ultima e, sebbene sarà motivo di approfondimento nel corso del campionato, anticipo un risultato. Quando l’aria che circonda la vettura viene scaldata scorrendo sulle pareti in prossimità del motore, viene destabilizzata e notiamo nei casi più estremi una perdita di linearità per passare ad uno stato turbolento. L’immagine spiegherà nella fattispecie ciò che accade.

Il risultato è un fluido capace di aderire meglio alle superficie perché con più energia e con maggiore capacità di ricircolo grazie al moto turbolento. Diventa allora più gestibile e facile da convogliare nella parte inferiore dell’alettone posteriore. Questo insieme ad altri accorgimenti aiuta a chiudere e rastremare ulteriormente le pance verso la parte posteriore. Capisco che sono concetti complicati a parole ed è mio grande interesse fornire una serie di schemi che possano aiutare a comprendere meglio quanto appena raccontato.

Dai raginamenti precedenti ci rendiamo conto di come una semplice formula da tre elementi possa essere riscritta per porre in evidenza effetti davvero interessanti, ma la strada è sicuramente ancora lunga e questa scrittura la modificheremo ancora. Per questo motivo non ci resta che salutarci e darci appuntamento alla prossima puntata. A presto!

Ing. Alberto Aimar

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