La storia della Ferrari F1 è costellata di gioie, delusioni, sorprese e grandi rimpianti. E Adrian Newey, genio indiscusso della Formula 1, è certamente uno di questi.
L’ingegnere attualmente alla Red Bull è considerato universalmente come uno dei più grandi e geniali tecnici ad aver mai calcato i paddock della Formula 1. Capace di creare vetture innovative e fenomenali, Newey ha contribuito a rendere possibili i domini di McLaren e Williams negli anni ’90, e di Red Bull dal 2010 in poi.


Quando nel 2014 ci fu il cambio regolamentare che sancì il passaggio dai motori aspirati all’ibrido, Newey fu ad un passo dall’abbandonare il circus. Ed è noto come lo stesso tecnico britannico sia stato anche molto vicino al diventare parte della famiglia Ferrari. Cosa che, sfortunatamente, non avvenne mai.
“All’epoca ero piuttosto disilluso”, ha dichiarato Newey.

Red Bull Newey
Newey sono stato vicino alla Ferrari F1

“Ovviamente ero vicino ad andare alla Ferrari ma alla fine non l’ho fatto. Ero molto felice alla Red Bull e non avevo intenzione di andarmene, ma il fatto di avere un motore poco competitivo mi ha fatto dubitare di ciò. Avevamo un fornitore [Renault] che sembrava essere interessato più a farsi pubblicità tramite la F1 che ad essere realmente competitivo. Se hai un partner motoristico che ti fornisce un propulsore inferiore rispetto a quello della concorrenza ma mostra la volontà di aggiustarlo e migliorare, allora è ok. Ma uno che non riconosce la sua inferiorità e non intende cambiare le cose rende tutto più difficile. Questo mi ha fatto perdere motivazione. Allo stesso modo non volevo cambiare squadra, e il progetto di un’auto stradale mi ha tenuto motivato. Poi la Red Bull ha firmato un accordo con Honda e, nonostante non fossero all’epoca competitivi, avevano l’ambizione di diventarlo, e questo ha cambiato le cose”.
Ed è stato proprio in questo periodo che Adrian Newey è tornato in tutto e per tutto a lavorare con il team austriaco, iniziando dal 2019 una scalata alla vetta che ha portato Max Verstappen ad avvicinarsi progressivamente alle Mercedes, fino a riuscire a batterle e diventare campione del mondo.
“Sono fortunato ad avere un ottimo gruppo di lavoro a Milton Keynes e un’ottima squadra. Tutti i team di Formula 1 possiedono grandi squadre di ingegneri. In termini di coinvolgimento durante le riunioni, io ci metto tutto me stesso, ma poi sono i ragazzi a sviluppare gran parte delle idee. Nella RB18 io ho fatto le sospensioni anteriori e posteriori, e qualche altro pezzo”.
Il nuovo regolamento tecnico ha fatto sì che la genialità di Newey si potesse esprimere al meglio nella macro-aereodinamica, ambito nel quale l’inglese riesce a indirizzare e guidare tutto il team di ingegneri al servizio di Red Bull.


“Mi piacciono i cambi di regolamento, ma quando li ho visti per la prima volta non ero molto contento. Sembrava fossero piuttosto rigidi, ma approfondendoli sempre di più ci siamo accorti di come in zone quali quelle delle pance e del fondo si avesse una buona dose di libertà interpretativa. Il telaio e l’ala anteriore sono piuttosto limitati, mentre per quanto riguarda le sospensioni, nonostante qualche prescrizione sugli angoli, c’è abbastanza libertà sul layout. Non sono stato sorpreso di vedere grande diversità di forme fra le varie auto. Certo, non mi aspettavo il disegno di Mercedes, ma per quanto riguarda gli altri nessuno mi ha realmente sorpreso.


“Sapevamo che il porpoising avrebbe potuto essere un problema. Le LMP ce l’hanno da tempo, è un problema noto. Se hai una configurazione aereodinamica che crea più carico quando ti avvicini al suolo, a un certo punto la struttura del flusso si rompe e perde carico. Quello è il porpoising. Con le auto ad effetto suolo era possibile che accadesse ciò, la difficoltà sta nel gestirlo. Ho usato un po’ di esperienza per capire come gestire il porposing. Esiste una cosa chiamata numero di Strouhal, simile al numero di Reynolds, per cui si prede la velocità e la dimensione della cosa, quindi si applica un fattore di scala basato su velocità e dimensione. Questo è più aggressivo del numero di Reynolds in quanto queste auto rimbalzano a circa 6Hz, quindi devi raggiungere una frequenza molto alta su un modello del 60% a 60 metri al secondo. Se si ridisegnasse il tutto e si accettasse una minore fedeltà nel bilanciamento si potrebbe risolvere il problema, ma sarebbe una grossa impresa.
“La Ferrari accetta il porposing alle alte velocità ma è più veloce nel lento. Credo sia il modo che loro ritengono essere più veloce, compromettono un po’ di comfort del pilota per la prestazione. Se ci abbiamo provato anche noi? No, la tua configurazione è guidata dalla tua mappa aereodinamica, quindi ciò che funziona su una macchina non funzionerebbe sull’altra.
“Le ultime macchine che abbiamo creato erano molto veloci, ma un po’ nervose in ingresso curva. Max era felice di conviverci e sapeva usarle con grande efficacia. I suoi compagni spesso si trovavano peggio. Checo ci ha messo un po’ per adattarsi. Ci è arrivato poi, nelle ultime gare dello scorso anno è andato molto forte. Un’auto si evolve in base al feedback del pilota, è una parte significativa dello sviluppo. Queste vetture tendono ad essere più limitate dagli pneumatici anteriori rispetto alla generazione precedente.
“I simulatori sono uno strumento importante oggi, convincere i piloti a portare il loro feedback in pista è molto importante. Spesso il modo in cui una macchina si comporta dipende dal pilota, e spesso è il pilota ad adattare il suo stile alla vettura. Max riesce sempre a darti un ottimo feedback perché spreme a fondo la macchina. Reputo ingiusta la reputazione che ha di ‘selvaggio’. È consapevole di cosa fanno le gomme e di come gestirle. Ciò che ha fatto in Brasile nel 2021 è stato un po’ sciocco, a Jeddah era frustrato perché Lewis non lo aveva passato, ma non avrebbe comunque dovuto frenargli in faccia. Ma a Silverstone è stata chiaramente colpa di Hamilton e la gente sembra averlo dimenticato. La gente marchia una persona e poi è dura fargli cambiare idea.

“Sebastian [Vettel] passava molto tempo ad analizzare i video on board, studiare i dati e a parlare con gli ingegneri. Max è più uno da pista. Piloti come Hakkinen e Raikkonen erano invece molto brevi e concisi. Ci voleva un po’ di tempo per comprendere cosa volevano, perché parlavano un inglese diverso da un britannico, ma erano bravi a spiegarti cosa fare per migliorare l’auto. Esistono piloti che parlano tantissimo. Max e Ricciardo sono abbastanza simili nel feedback e durante i debriefing.

“Cosa farò quando smetterò? Bella domanda. Mi piace il design. Ho 63 anni, se mi fermassi senza fare nulla mi annoierei. Ho sempre pensato che avrei avuto un hobby, tipo ricostruire moto. Forse cercherei di avere una posizione come quella di Rory Byrne in Ferrari. Mi piacerebbe sviluppare anche auto da strada. Posso offrire qualcosa anche lì. È un’area difficile e competitiva. Ma sento che il settore automobilistico sta andando nella direzione sbagliata. Le auto diventano sempre più grandi e pesanti. Sarebbe bello vedere le auto diventare più efficienti in termini di aereodinamica, pesi e cilindrata. Anche il motore a combustione che ha emissioni basse aggiunge peso alla macchina. Le regole ricercano l’utopia”.

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