Questo 2017 sembrava, nelle premesse, l’anno buono per il “ritorno al top” della Red Bull.
Ma , finora, sono state più delusioni che gioie. E la colpa non è attribuibile in toto alla “solita” Power Unit Renault-Tag…

Annunci in “pompa magna”nel pre-season, gatti neri “augurati” agli altri team (visto il nome, RB 13, della vettura, numero “iellato” per gli anglofoni), messaggi ambiziosi da parte dei due piloti…
E poi solo gradini più bassi del podio e cinque ritiri (l’ultimo in Canada di Max Verstappen, dopo “l’escursione” sopra l’alettone anteriore della Ferrari di Vettel).

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Red Bull RB13 (photo @RedBull.com)

 

E di nuovo, come nel 2014 accuse alla Renault, fornitrice della Power Unit rimarchiata, per esigenze di sponsor, Tag Heuer.
Finora quello della Red Bull sembra essere un rebus bell’e buono.
Gli sviluppi aerodinamici promessi dall’impegno “a pieno regime” del genio Adrian Newey (almeno così dissero nella scorsa stagione, salvo ritrattare, quest’anno, sull’effettivo impegno dell’illustre tecnico di Stratford-upon-Avon) non sono sembrati quelli che “facevano tendenza”, a cui il team anglo-austriaco ci aveva abituato in passato.

 

Pochi ed inconsistenti gli aggiornamenti introdotti sulla RB13 fino ad adesso, solo nuovi bargeboard e poco altro. Ci si aspettava l’arrivo di una versione B con pance simili alla Ferrari.

Anzi, alcuni particolari (vedi zona del fondo davanti alle ruote posteriori) sembrano bellamente “copiati” dalle altre vetture di vertice (in questo caso Mercedes).

Ma questo “immobilismo tecnico” a cosa sarebbe dovuto?
Dato un telaio che sembra comunque essere nato bene, tutte le accuse e rimostranze del team vengono gettate sul comparto motorizzazione.
La fornitrice Renault, da oramai quattro anni, sembra non riuscire a trovare quel “bandolo della matassa” necessario per omologarsi ai livelli di potenza e affidabilità delle più quotate P.U. Mercedes e Ferrari, con problemi soprattutto nella parte elettrica (che Red Bull, per accordi con la Casa transalpina, si costruisce in proprio in alcuni elementi).
A complicare il tutto vi è pure “l’ambiguità” nelle forniture di carburanti e lubrificanti.

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Photo @RedBull.com

Infatti, sempre per ragioni di sponsor, il team di Milton Keynes utilizza benzine ed oli della Exxon-Mobil (fino allo scorso anno fornitrice della McLaren Honda), mentre la “casa madre” utilizza quelli del gruppo Castrol-BP.
Prevedibilmente questi sono quelli usati a Viry-Chatillon per progettare e deliberare gli sviluppi al banco delle varie specifiche di propulsore. E’ possibile quindi che Red Bull, utilizzando materiale non “sviluppato in contemporanea e miratamente”, accumuli ulteriori problemi in fatto di potenza ed affidabilità?
Un dilemma tutto da chiarire, così come quello degli upgrade, prima promessi da Renault per il Canada e poi rimandati a data da identificarsi (qualcosa vedremo già a Baku, tracciato caratterizzato da un allungo sul rettifilo di partenza notevole?).
Forse, un aumento della potenza disponibile potrebbe dare il via al team verso la ricerca di ulteriore carico aerodinamico (ad oggi latente per limitare il “drag” della monoposto), in modo da sfruttare meglio i nuovi pneumatici Pirelli “XL” e riuscire a duellare con Ferrari e Mercedes più “da vicino”.
Staremo a vedere cosa accadrà nelle prossime gare, se la Red Bull ci farà assistere ad uno sei suoi soliti (come negli “anni d’oro”) miracolosi recuperi post-sosta estiva, oppure se, questa stagione 2017, sarà stato l’ennesimo “buco nell’acqua” dall’avvento delle motorizzazioni ibride.

di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

Disegni e video Salvatore Asero (Twitter: @graftechweb )

 

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