Nel Gp di Singapore di F1 del 2015 Sebastian Vettel regalò la terza vittoria stagionale alla Ferrari, e Kimi Raikkonen completò il podio, mentre la Mercedes fu protagonista della più brutta prestazione dell’era ibrida.

Nella storia fra Vettel e la Ferrari, c’è stata una gara quella del Gp di Singapore di F1 del 2015, che ha fatto pensare che sarebbe stato il pilota giusto per rompere un digiuno che dura dal 2007. Invece non fu così, ma quella notte a Marina Bay i tifosi del Cavallino Rampante erano certi, che Seb avrebbe riportato il titolo a Maranello come Michael Schumacher.

Quel 2015 infatti sembrava assomigliare alla stagione di esordio in Rosso di Schumy. Se il Kaiser impiegò quattro corse, per far risuonare l’inno di Mameli sul podio, Vettel ce ne mise appena due. La Mercedes dopo la sconfitta in Malesia rispose subito, e il tedesco dovette aspettare quattro mesi in Ungheria per tornare alla vittoria.

Quei due successi erano stati frutto di una migliore gestione dei pneumatici a Sepang, e una super partenza all’Hungaroring, mentre non riusciva ancora a lottare per la pole. Il motivo principale, era che la Ferrari pur colmando il gap rispetto al 2014, non aveva ancora la stessa potenza della power unit Mercedes, e non era dotata del famoso bottone magico, che dava ad Hamilton e Rosberg qualcosa in più sul giro secco.

Tutto lasciava pensare che lo stesso copione sarebbe andato in scena a Singapore, visto che anche a Monza la Mercedes aveva dettato legge. Nemmeno quando Vettel fece la miglior prestazione nelle FP3 davanti a Raikkonen, si pensava che la Ferrari fosse la favorita per la pole. Anche a Monaco Seb si era imposto nella terza sessione, e poi la partenza dal palo era andata a Hamilton, e le Frecce d’Argento avevano monopolizzato la prima fila.

Invece Vettel dominò le qualifiche, e la Mercedes dimostrò che non si stava nascondendo, ma era in difficoltà. Il tedesco confermò il suo rapporto speciale sia con la pista di Marina Bay, che con la SF15-T, sfiorando i muretti con una fiducia impressionante. Nonostante fosse già in prima posizione, non si accontentò, ma si migliorò, e con il crono di 1.43.885 riportò in pole la Ferrari dopo 1155 giorni, rifilando sei decimi a Daniel Ricciardo.

L’ex compagno di squadra fu il suo avversario anche in gara, con cui diede vita ad un grande duello fino alla bandiera a scacchi. Vettel prese la testa della corsa seguito da Ricciardo, Raikkonen e Hamilton, con la sua solita tattica cercò di andare immediatamente in fuga. Il suo vantaggio si annulla per l’incidente di Hulkenberg, e l’entrata in pista della safety car. Alla ripartenza il colpo di scena è il ritiro di Hamilton, mentre Vettel non riesce a riallungare con Ricciardo che gli mette pressione.

La gara proseguirà in questo modo fino alla fine. Vettel e Ricciardo si danno battaglia, imponendo un ritmo da qualifica che Raikkonen non riesce a tenere, togliendosi a vicenda il giro veloce. Seb è perfetto, e non commette errori fino alla bandiera a scacchi, costringendo Ricciardo ad arrendersi e tagliare il traguardo in seconda posizione.

Con quel trionfo ed il ko di Hamilton, Vettel ridusse a 48 punti il distacco nella classifica piloti, ed insieme alla Ferrari iniziò a sognare di poter riaprire il campionato. Non fu così, la Mercedes come dopo la Malesia e Ungheria, vinse tutte le gare, con Vettel costretto ad accontentarsi di salire altre quattro volte sul podio. Hamilton si aggiudicò il terzo titolo della sua carriera in F1 negli Stati Uniti, ma Vettel chiudendo la stagione al terzo posto, e tre vittorie come Schumacher nel 1995, sembrava confermare di essere il suo erede.

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