F1 dilemma Ferrari in Australia ” Ci metto il carico “

Messo in archivio il primo gran premio stagionale, grande è la delusione del popolo ferrarista per le opache prestazioni della SF90. Ho avuto modo di constatare che in tanti si sono lasciati andare a manifestazioni di amarezza e rassegnazione ad un altro anno privo di soddisfazioni.

Io ho vissuto il periodo più lungo di astinenza che si sia mai verificato in casa Ferrari ed ora come allora, non penso a quanto tempo potrà ancora passare, mi concentro sul presente, cercando di capire cosa può essere cambiato dai test prestagionali in Spagna, perché, al di là dei tempi, la SF90 a Barcellona è risultata essere una vettura bilanciatissima, che appena mordeva la pista forniva dei riscontri velocistici immediati; forse non perfetta sull’uso dei pneumatici, ma in linea con i migliori; eppure in quel di Melbourne è risultata assolutamente irriconoscibile.

Sul web ho avuto modo di leggere tante opinioni diverse, anche di persone che sono dei luminari rispetto alle mie scarsissime conoscenze tecniche: mancanza di carico nelle curve lente; cattivo utilizzo delle gomme; power unit depotenzia e/o con problemi; pista non adatta; problemi all’ibrido. Tuttavia, nessuna di queste mi ha convinto del tutto e ne spiego il motivo:

  1. La SF90 a Melbourne è stata lentissima in rettilineo, meno lenta in curva e lenta nelle curve a bassa velocità (curva 13 – 14 e 15), certamente il fatto di essere lenta in queste ultime curve non giustifica il ritardo di sette decimi rimediato dalla Mercedes, quindi possiamo giungere alla conclusione che era lenta su tutto il circuito, non solo sulle curve lente, dove, tra l’altro, conta più il grip “meccanico”, visto che l’effetto dell’aerodinamica, di solito non è influente a velocità ridotte;
  2. Come ho detto prima, nei test a Barcellona, la Ferrari con l’utilizzo delle gomme era in linea con gli altri team, inoltre, un maggior degrado si valuta dopo un congruo numero di giri, non certamente sul giro singolo dove una tale differenza di prestazioni non è giustificabile “solo” con un cattivo approccio all’utilizzo delle coperture più soft;
  3. Non escludo che la power unit possa essere stata usata “al risparmio”, per preservarla o per prevenire l’insorgenza delle medesime problematiche che si sarebbero già verificate nei test a Barcellona, tuttavia, le prestazioni di Charles Leclerc con la gomma bianca, sono state in linea con quelle di Bottas, in particolare, sebbene Bottas fosse leggermente più veloce, Leclerc, per lungo tempo, è stato lì con i suoi tempi, di fatto, in quel momento, erano gli unici che scendevano al di sotto dell’1:28, fino a quando il monegasco non si è dovuto accodare a Vettel ed anche a fine gara ha fatto registrare un tempo di tutto rispetto: 1:26.926, per giunta con mappatura che è rimasta in “safe mode” e con gomme meno prestazionali.

 

La stessa prestazione di Vettel immediatamente dopo il cambio gomme, è risultata quasi in linea con quella di Hamilton, salvo poi decadere nella seconda metà di gara, pertanto, pur non escludendo qualche possibile problema sulla power unit, non direi che essa sia stata depotenziata, semmai più “usata con parsimonia”, certamente l’enigma, al momento, non è di facile risoluzione, però, solitamente quando ci sono problemi alla power unit è il muretto box che da istruzioni al pilota su come gestire la problematica, non è il pilota a chiedere informazioni, per cui sono più del parere che il rallentamento di Vettel sia da attribuirsi a cause diverse;

  1. Riguardo alla pista che poco si adatterebbe alle caratteristiche della SF90, spero che le cose saranno più chiare dopo la completa lettura del mio articolo.

Vorrei ora illustrare il mio punto di vista sui problemi patiti dalla SF90 a Melbourne.

Non sono un tecnico, però non sono solito fare delle affermazioni basate su assiomi, a me piace provare a dare comunque una spiegazione e per farlo devo cominciare col chiarire un principio di base.

Quando fu presentata la SF90, gli elementi che attirarono di più la mia attenzione, furono i due profili alari; quello anteriore, per la particolare scelta tecnica e quello posteriore, perché appariva veramente enorme, tanto che fu ironicamente battezzato “balcone” dall’intero gruppo editoriale.

La scelta di deviare il flusso all’esterno delle ruote, ha chiaramente una precisa motivazione tecnica, però è palese che l’ala anteriore Ferrari non garantisce lo stesso carico aerodinamico di chi ha effettuato una scelta diversa come, ad esempio, la Mercedes; ma allora la domanda nasceva spontanea: perché utilizzare un’ala posteriore con un carico aerodinamico così elevato? Ero convinto che il downforce fra anteriore e posteriore dovesse essere bilanciato, ma almeno apparentemente, nella SF90 non era così.

La risposta a questa domanda è arrivata casualmente osservando i nipotini al parco mentre giocavano sulla classica altalena, uno di essi è piuttosto cicciottello, mentre l’altro è più magrolino, per cui il primo, per bilanciare l’altalena doveva accomodarsi più vicino al fulcro:

Immaginando i bimbi come il carico aerodinamico e l’altalena come una monoposto di formula 1, cosa succederebbe se spostassimo il fulcro un po’ più a sinistra? Per bilanciare l’altalena dovremmo diminuire il peso del bambino sulla destra ed a mio avviso, è quello che hanno fatto in Ferrari, arretrando le pance e spostando le masse più indietro è diminuito il carico aerodinamico necessario sul davanti e l’alettone posteriore è stato studiato in modo da bilanciare quello anteriore.

 

Premesso quanto sopra, appare evidente che la soluzione Ferrari non è poi così facilmente replicabile su altre vetture, così come per la Ferrari non è facilmente replicabile la soluzione Mercedes, un cambio in tal senso implicherebbe la revisione completa di tutta la monoposto, tra l’altro il fondo piatto della SF90, rispetto alla W10 è più corto di circa un 3, 4% rispetto alla Mercedes, (per chi volesse approfondire l’aspetto tecnico, consiglio di leggere l’articolo del nostro ing Alberto Aimar https://www.newsf1.it/ferrari-e-mercedes-cosa-apprendere-da-melbourne/ ) il che vuol dire che genera anche meno carico aerodinamico; volendo dare dei numeri, se dal fondo Mercedes si ottengono 900 kg. di carico, la Ferrari ne otterrebbe circa 30 in meno, da qui la necessità di ricavare maggior carico dal profilo alare.

Ma non è tutto oro quello che luccica, perché se da una parte in Ferrari hanno ottenuto degli indubbi benefici aerodinamici, dall’altra, avere un cotanto “balcone” al posteriore, genera tantissima resistenza all’avanzamento e qui interviene un’altra innovazione tecnica, infatti a Maranello hanno rivisto la sospensione posteriore che ora è completamente idraulica e consente alla monoposto di abbassare il retrotreno in rettilineo, per poi sollevarsi in curva, in questo modo, in rettilineo, diminuisce molto l’inclinazione dell’alettone posteriore ed in misura inferiore anche quella dell’ala anteriore, con conseguente minor drag, mentre, quando il retrotreno si solleva, si ottiene più stabilità e più downforce in curva, un po’ come avviene alla Red Bull Racing da tantissimo tempo, con la differenza che in Ferrari per ottenere un risultato simile hanno sfruttato una soluzione meccanica accoppiata con l’uso di un profilo alare maggiorato, mentre in Red Bull usano l’intero corpo vettura.

Ma fin qui è solo tecnica spicciola, cosa sarebbe accaduto a Melbourne a complicare le cose in Ferrari?

E qui credo che entriamo nel campo delle ipotesi, dove posso dare il mio parere, che, beninteso, vuole solo essere solo uno spunto per eventuali riflessioni, non ho certo la pretesa di aver centrato il problema.

La soluzione Red Bull e quella Ferrari, possono apparire simili, tuttavia la Red Bull ha delle sospensioni diverse che consentono maggiori interventi di setup sull’anteriore, in Ferrari per quella anteriore, hanno scelto un approccio più conservativo, contando molto di più su quella posteriore e quindi sull’ effetto “basculante” sopra descritto, ma affinché tutto possa funzionare al meglio, sia per la Red Bull che per la Ferrari, la depressione che si crea sul fondo deve essere stabile e continua, ma la Red Bull, oltre a contare su delle sospensioni più “flessibili”, ha una concezione aerodinamica diversa che sfrutta il corpo vettura anziché affidarsi molto ai profili alari e questa combinazione di fattori le consente di “copiare” meglio il fondo stradale, che a Melbourne è molto sconnesso con numerosi “bump” che, inevitabilmente, credo abbiano influito su tutto il comportamento della SF90, rendendola instabile e sbilanciata, perché il flusso sul fondo non essendo più costante, quasi inibisce la caratteristica principale della SF90 di potersi abbassare in rettilineo (che, peraltro a Melbourne sono molto brevi), ma soprattutto la rende quasi imprevedibile in entrata curva dove il retrotreno potrebbe non essersi sollevato così come i tecnici avevano previsto.

Naturalmente anche aerodinamicamente ci sarebbero stati degli squilibri perché il movimento del posteriore crea una sorta di assetto aerodinamico variabile che modifica anche l’inclinazione dell’ala posteriore ed essendo di dimensioni generose, l’effetto è maggiore, facendo perdere molti dei benefici studiati in simulazione, ovvio che in questa situazione risulta molto più difficile cercare di ottenere il massimo anche dagli pneumatici il cui degrado potrebbe non essere stato più uniforme e non in linea con quanto avevano previsto.

Se a tutto questo ci aggiungiamo il fatto che, comunque la pista australiana poco si addice alle caratteristiche della SF90 come meglio illustrato dall’ing. Alberto Aimar https://www.newsf1.it/ferrari-e-mercedes-cosa-apprendere-da-melbourne/ credo che sia lecito aspettarsi una inversione di tendenza per la prossima gara.

 

Leonardo Fiorentino

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