Intervistato dalla BBC, Mattia Binotto ha parlato del percorso che ha riportato la Ferrari a lottare per il titolo.

La stagione 2022 di F1 sta segnando il ritorno in vetta della Ferrari. La Scuderia di Maranello ha iniziato con il botto il campionato grazie alle vittorie di Charles Leclerc in Bahrein e Australia, che avevano proiettato il monegasco in cima alla Classifica Piloti con un vantaggio enorme sui rivali. I problemi tecnici e gli errori delle ultime gare, uniti al ritorno prepotente delle Red Bull di Max Verstappen e Sergio Pérez, hanno smorzato gli entusiasmi delle primissime gare, nonostante la F1-75 sia probabilmente la vettura più competitiva della griglia. Una bella rivoluzione rispetto a quanto visto nei tre anni precedenti, dove la Scuderia di Maranello, guidata da un Mattia Binotto spesso criticatissimo, aveva conquistato appena tre vittorie in totale. Proprio il Team Principal della Scuderia di Maranello ha recentemente raccontato il percorso che ha riportato la Rossa a lottare per il titolo in una lunga intervista alla BBC.

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“Come abbiamo fatto a tornare al top?” – ha esordito Binotto – […] I miglioramenti dal punto di vista tecnico non sono la causa, bensì la conseguenza. Deriva tutto dal fatto che dal 2017 abbiamo costruito, passo dopo passo, una vera squadra, in grado di raggiungere i propri obiettivi. Avevamo già dimostrato di essere un team creativo e capace di interpretare i nuovi regolamenti: nel 2017 avevamo un’ottima base su cui lavorare e la macchina era competitiva, tanto che negli anni successivi gli altri team hanno copiato le nostre soluzioni. Quando ho assunto il ruolo di Team Principal, il team era molto giovane. Non tanto in termini di età, bensì di esperienza“.

Il Team Principal della Rossa ha poi evidenziato cosa è mancato alla Rossa per conquistare il titolo nel periodo dei duelli con la Mercedes: “Nel 2017, 2018 e 2019 il problema è stata l’incapacità nello sviluppare la macchina: il primo anno abbiamo subito i problemi d’affidabilità, ma anche l’incidente tra i nostri piloti [a Singapore, ndr] e il fatto che il team non fosse forte a sufficienza in termini di cultura e mentalità. Inoltre, abbiamo portato upgrade che non hanno funzionato come previsto. Avevamo un gran potenziale, ma eravamo troppo giovani ed inesperti. La questione Power Unit del 2019 ormai fa parte del passato e preferisco non parlarne più. Comunque, ciò che stavamo facendo rientrava nei limiti d’interpretazione del regolamento e non era nulla d’illegale. Se lo fosse stato, saremmo stati squalificati“.

Binotto è inoltre tornato a parlare della terribile stagione 2020 della Ferrari, che oggi sembra più che mai alle spalle: “Quel modo di utilizzare la Power Unit nel 2019 era così efficace che, nel 2020, le direttive tecniche ci hanno svantaggiato in maniera inaspettata. Comunque, Ferrari non fu l’unica a perdere potenza quell’anno, anzi, lo stesso accadde alla maggior parte dei costruttori. Noi abbiamo subito il calo più drastico, quindi dall’avere un vantaggio siamo passati ad avere un pesante handicap. In più, abbiamo progettato la SF1000 con la certezza di avere un motore superiore, quindi abbiamo realizzato una vettura con molto carico aerodinamico, ma anche molto drag. Perse le performance del propulsore, ci è rimasta una macchina lentissima in rettilineo. In più, non abbiamo potuto migliorarla durante il campionato. E’ stato un momento difficile, perché penso che i tifosi e gli appassionati di F1 non abbiano capito cosa stesse accadendo”.

Ferrari Binotto

“In quel periodo…” – ha proseguito l’ingegnere italiano“…il nostro CEO, Louis Camilleri, capì che la cosa più importante per il team era la stabilità e che stavamo già costruendo per il futuro. Abbiamo lavorato molto dal punto di vista culturale, in particolare per quanto riguarda gli errori: ora li giudichiamo delle opportunità per imparare e non puntiamo più il dito contro chi li ha commessi. Bisogna saper ascoltare, aprire la mente e lavorare in squadra. […] Negli ultimi tre anni abbiamo reclutato più di trenta persone da altre scuderie, e ognuno ha portato con sé idee innovative e nuove metodologie. Sono questi gli elementi chiave di una scuderia: le persone, la cultura, gli strumenti e le metodologie. La macchina è solo il prodotto finale. Nel 2017 avevamo una buona vettura, ma ci mancavano esperienza, qualità e strumenti. Negli anni, siamo arrivati dove siamo oggi”.

Il presente parla invece di una Ferrari estremamente competitiva per il titolo, e Binotto ha voluto sottolineare le qualità dei piloti del Cavallino: “Sapevamo che Charles aveva un potenziale immenso. Nel 2019, al primo anno in arrivato in Ferrari, ha subito fatto vedere la sua forza e il suo talento. I suoi sorpassi, le sue difese e in generale la sua guida sono stati prova delle sue qualità. Sapevamo però che doveva migliorare in termini di maturità, gestione delle gomme e leadership e, stagione dopo stagione, ci ha dimostrato che era in grado di farlo, diventando così un pilota straordinario. Eravamo sicuri che avesse le qualità di un campione del mondo e di un leader della Ferrari. Anche Carlos è un pilota molto veloce: sono sicuro che anche lui può vincere dei titoli”.

“Il nostro obiettivo per il 2022…” – ha concluso il Team Principal della Scuderia di Maranello sulla stagione in corso – “…era tornare competitivi, non vincere il mondiale. Sarebbe sbagliato voler vincere il titolo a tutti i costi perché siamo forti: la competitività è una cosa, diventare campioni del mondo è ad un livello totalmente diverso. Probabilmente lo dico per togliere un po’ di pressione dalle spalle del team, ma credo anche che sia sbagliato cambiare gli obiettivi in corsa. Sicuramente vogliamo aprire un ciclo, quindi diventare pluricampioni del mondo, ma servirà del tempo. Nel team l’approccio è sempre lo stesso: dobbiamo raggiungere il livello di una scuderia in grado di vincere il titolo. Magari ci riusciremo in fretta, ma sappiamo che essere competitivi non basta. L’ambizione c’è: chi lavora in Ferrari ce l’ha nel sangue. L’importante è lavorare per migliorare costantemente, restando concentrati sulla singola gara e senza guardare le classifiche“.

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