Le dichiarazioni di John Elkann continuano a dividere i tifosi Ferrari. Il presidente rappresenta la solidità del marchio, ma in Formula 1 servono emozioni, carisma e partecipazione. Analizziamo perché il suo stile comunicativo appare tanto distante rispetto all’anima della Scuderia e dei suoi sostenitori.
Un presidente troppo “istituzionale” per la Formula 1
Le parole di John Elkann, ogni volta che seguono un Gran Premio, suscitano reazioni contrastanti. Non tanto per ciò che dice, ma per come lo dice. Tono pacato, linguaggio aziendale, distacco quasi chirurgico. Tutto ciò stride con la natura viscerale della Formula 1, dove ogni frase è carburante per la passione dei tifosi.
Elkann incarna la Ferrari come marchio globale, come eccellenza industriale, ma non come squadra sportiva. La differenza è enorme: in pista non si vince solo con la strategia o la finanza, ma con il fuoco che anima piloti, tecnici e tifosi. La Ferrari è sentimento, non solo ragione.

L’assenza di carisma e la nostalgia per chi la pista la viveva davvero
Molti ferraristi ricordano con affetto dirigenti come Maurizio Arrivabene, capace di incarnare la grinta e la passione della Rossa anche nei momenti difficili. Era diretto, sanguigno, autentico. Oggi la Ferrari trasmette un’immagine opposta: fredda, calibrata, distante.
Frédéric Vasseur sta lavorando con metodo, ma manca quella spinta emotiva dall’alto, quella voce capace di unire la squadra e il pubblico. Elkann appare come un presidente elegante ma privo di “umanità sportiva”, un manager che rappresenta il brand, non il mito.
La leadership del silenzio (che non scalda i cuori)
C’è una scuola di pensiero che apprezza la discrezione dei grandi leader. Ma nel caso di Elkann, la misura eccessiva si è trasformata in assenza. Il silenzio è diventato distanza, e la distanza è diventata freddezza.
Un presidente Ferrari non deve per forza alzare i toni, ma deve saper accendere l’emozione, trasmettere orgoglio e appartenenza. Quando questo non accade, il messaggio che arriva è quello di un’azienda che guarda dall’alto, non di una famiglia che lotta insieme.
I tifosi chiedono passione, non comunicati
I tifosi Ferrari non pretendono miracoli, ma empatia. Vogliono sentire che chi guida la squadra condivide la loro stessa fede.
Perché essere ferraristi significa vivere ogni gara con il cuore in gola, esultare e soffrire come se fosse la prima volta. Quando il presidente sembra non partecipare a questo sentimento collettivo, nasce una frattura.
La Ferrari è storia, cultura e appartenenza. E chi la rappresenta deve trasmetterlo con autenticità, non con formule preconfezionate.
Conclusione: una leadership fuori luogo
Finché John Elkann continuerà a mostrarsi come un dirigente impeccabile ma distante, la Ferrari avrà un problema di percezione. Non si tratta solo di risultati sportivi, ma di identità.
Il presidente della Ferrari non può limitarsi a gestire un marchio: deve custodire un simbolo. Finché questo non sarà chiaro, resterà quella sensazione di freddezza che i tifosi non riescono a perdonare.
Analisi finale:
L’immagine di Elkann è quella di un manager moderno, efficiente e riservato, ma incapace di incarnare la passione che definisce la Ferrari. La sua comunicazione istituzionale, seppur impeccabile, contrasta con la natura emotiva e popolare del Cavallino. Il rischio è quello di allontanare ulteriormente la tifoseria, proprio nel momento in cui la Scuderia ha bisogno di compattezza e identità.
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