Racefans.net ha raccolto una serie di ipotesi riguardo gli effetti della pandemia globale sul mondo della Formula 1.

La pandemia di Covid-19 ha messo in ginocchio il mondo intero, causando una crisi economica globale di proporzioni enormi. Anche il circus della Formula 1 si è dovuto arrendere alla diffusione del virus, prima con la cancellazione del Gran Premio inaugurale in Australia, poi con lo slittamento dell’inizio della stagione al 5 luglio in Austria. Tuttavia, le conseguenze della pandemia non si limiteranno al solo sconvolgimento del calendario, e Racefans.net ha cercato di ipotizzare quale futuro attenda il circus.

I team

La difficile situazione delle scuderie è sotto la lente d’ingrandimento: nei top team, molti membri degli staff rischiano il licenziamento per la necessità di contenere i costi, mentre i team indipendenti hanno chiesto aiuto a Liberty Media per sopravvivere, vista la mancanza degli introiti dagli sponsor.

L’imminente approvazione del budget cap ridotto nel 2021 (145 milioni di $) e la posticipazione della rivoluzione tecnica al 2022 sono provvedimenti importanti per il contenimento dei costi, ma potrebbero non essere abbastanza per assicurare che tutti i team sopravvivano alle difficoltà economiche.

Inoltre, la crisi potrebbe fornire ai costruttori un ottimo pretesto per abbandonare la Formula 1, come successo nel 2009 con Honda, BMW e Toyota. Il 2021 potrebbe segnare la fine del deludente progetto Renault, il cui futuro sarà deciso dal nuovo CEO Luca de Meo. Il board di Daimler deve ancora decidere quale sarà il destino di Mercedes e di Toto Wolff. Honda ha un contratto di fornitura con Red Bull e Alpha Tauri fino al 2021 e il precedente del 2009 non è incoraggiante. Ferrari non abbandonerà il circus, ma a causa del budget ridotto potrebbe essere costretta a cercare un impegno parallelo in Indycar o nel WEC per evitare tagli al personale.

 

La logistica

Alle difficoltà economiche si aggiungono quelle logistiche. Il circus ospita di norma qualche migliaio di persone, una quantità che dovrà essere ridotta per forza di cose. L’ipotesi avanzata da Racefans.net è quella di una drastico taglio del numero di addetti ai lavori nel paddock: meno ingegneri, che sarebbero costretti a lavorare da remoto, e meno meccanici, che dovrebbero essere dimezzati per contenere i costi.

Un’ipotesi più realistica è invece quella dell’abbandono delle hospitality: le strutture temporanee diventerebbero inutili in una Formula 1 in isolamento e il loro accantonamento permetterebbe un risparmio di circa 10 milioni di $ per ogni team.

I problemi logistici, infine, includono anche l’impossibilità di ottenere i permessi governativi per disputare le gare in giro per il mondo, come successo in questi giorni con la Gran Bretagna, che rischia di perdere il doppio appuntamento di Silverstone.

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Gli sponsor

La perdita di sponsor e partner importanti è un rischio realistico per la Formula 1. Tra i più colpiti dalla crisi economica ci sono i fornitori di carburante: i 4 colossi più importanti della Formula 1 (Petronas, Shell, ExxonMobil e BP) hanno registrato in media perdite del 30% del valore azionario.

Anche i partner globali della Formula 1 hanno subito perdite ingenti: Pirelli ha perso il 40% del valore di mercato e ha deciso di standardizzare la scelta delle gomme di tutti i team per facilitare la produzione. Heineken è in scadenza di contratto a fine 2020 e le restrizioni sugli eventi di massa, ai quali è fortemente legata, potrebbero convincerla ad abbandonare la Formula 1. Anche Emirates, il cui contratto scade nel 2022, potrebbe decidere di tagliare i ponti in anticipo.

Detto ciò, la Formula 1 potrebbe rimanere in futuro un profilo interessante per nuovi investitori grazie al suo contributo nella battaglia contro il Covid-19 e, soprattutto, al suo progetto di diventare ecosostenibile entro il 2025 e a zero emissioni entro il 2030.

In conclusione, la possibilità che la Formula 1 perda sponsor e team importanti è realistica, ma il suo impegno nel contenimento dei costi potrebbe rivelarsi decisivo per garantire alla categoria un futuro economicamente più sostenibile, con un modello di business profondamente diverso da quello attuale.

 

 

 

 

 

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