Futuro dell’auto – Il “cambio di paradigma” che tutto il comparto Automotive sta affrontando in vista dell’ “elettrificazione” sempre più massiccia sta mettendo le Case automobilistiche di fronte a importanti cambiamenti dell’organizzazione produttiva. Con importanti ripercussioni in ambito occupazionale.

L’elettrico e l’ibrido (per ragioni non solo ambientali, ma anche legislativo/fiscali e di “brand marketing”) sono le “nuove frontiere” per tutto il comparto industriale Automotive.
Ma come queste necessità stanno influendo sull’organizzazione del ciclo produttivo in termini d’impiego e costi? Futuro Auto

I costi sempre più ingenti di ricerca e sviluppo per le nuove tecnologie stanno riducendo i margini delle Case, che per “sanare” i bilanci (vista anche l’attuale contrazione dei mercati: emblematici il caso tedesco e cinese, che ha chiuso il 2019 con un -8%) stanno procedendo al taglio delle maestranze (e, nel caso di Daimler-Mercedes, anche di 1.100 manager).

In Germania brand premium come Vag-Audi e Mercedes hanno previsto, nell’arco del prossimo quinquennio, una “sforbiciata” di poco meno di 10.000 unità, con la promessa di garantire comunque occupazione per 50 mila lavoratori fino al 2029.

Il tutto, nel caso del gruppo Daimler, come riferito direttamente dal nuovo CEO Ola Källenius, per mantenere una marginalità del 4%, a fronte dei notevoli investimenti in programma nell’ambito ricerca e sviluppo.

Mercedes EQC

E anche altre case (BMW, GM, Ford e Nissan) si apprestano a mettere in atto operazioni analoghe, con una previsione su scala globale di una riduzione di 80 mila posti di lavoro nell’arco dei prossimi anni (considerando anche l’indotto). Una vera “polveriera” in termini di bilancio sociale.

Ma quella dei “tagli” è l’unica via percorribile?

Il gruppo FCA, ora impegnata nel processo di merge (fusione) con quello PSA, a breve dovrà affrontare le stesse problematiche degli altri Costruttori (in particolare, stabilimenti sottoutilizzati e da riconvertire rispetto al precedente “cavallo di battaglia” delle motorizzazioni Diesel), ma potrebbe fornire un esempio di “via alternativa”.

Infatti, all’interno degli stabilimenti di Melfi e Pomigliano già da tempo si procede con decisione all’implementazione di quell’ “industria 4.0” di cui tanto si sente parlare, e in cui dirigenti e maestranze contribuiscono attivamente per snellire e migliorare il processo produttivo, senza rinunciare all’automazione.
Nel caso di Melfi, a fronte di una produzione di circa 400 mila vetture/anno, vi è stato un aumento dell’occupazione nell’arco di 20 anni da 6.300 a 7.600 dipendenti. E senza andare a ridurre i termini di produttività e redditività dell’impianto del potentino, considerato come vero e proprio benchmark a livello globale.

E già in cantiere, per i Suv Renegade/500X e Compass, sono le linee produttive delle versioni ibride plug-in.

Certamente, l’ingresso in una “galassia” più ampia data dal matrimonio con PSA (che a sua volta vorrà tutelare la “pace sociale” nei suoi stabilimenti francesi), porterà a nuove considerazioni sotto l’aspetto occupazionale (e il governo italiano dovrà rivelarsi forte e deciso in tale ambito almeno a livello di quello francese, molto “battagliero” nella tutela dei suoi interessi), e ci sarà da vedere come procederà la “svolta elettrica” dello stabilimento più in difficoltà, quello di Mirafiori (che produrrà la 500 elettrica).

Ma l’esempio già in atto “in casa”, negli stabilimenti di Melfi e Pomigliano, fa capire come “l’efficientamento” si possa perseguire non solo (e per forza) con tagli di manodopera.
E potrebbe costituire il “jolly” per FCA da “giocare” nella definizione della leadership decisionale in seno al nuovo Gruppo (che al momento sembra d’appannaggio francese).

Di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe )

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