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FORMULA 1 | SPETTACOLO O SPORT?

Le gare che generano il tipo di caos che ha caratterizzato il Gran Premio d’Australia portano inevitabilmente a un dibattito su quanto la Formula 1 riesca a bilanciare lo “sport” con lo “spettacolo”, oltre al chiedersi se questo equilibrio debba effettivamente essere raggiunto.

Coloro che odiano le interruzioni come quelle che hanno portato alla controversa e caotica ripartenza tardiva in Australia tendono a ritenere che siano inutili e ingiuste nei confronti di piloti e team che si sono portati in posizioni di forza nel corso del resto del Gran Premio, che creino un rischio inutile e che siano un’iniezione forzata di drammaticità spesso tardiva.

Non sorprende che, soprattutto negli ultimi due anni, con il proliferare delle bandiere rosse e l’affermarsi della “volata di fine gara”, i tifosi abbiano espresso un forte malcontento per le chiamate fatte solo per dare un po’ di pepe alla gara.

L’approccio “meglio prevenire che curare” è diventato sempre più evidente: gli esempi di quest’anno sono stati la safety car per l’auto parcheggiata di Lance Stroll in Arabia Saudita e la prima bandiera rossa in Australia causata dalla presenza di ghiaia in pista. Queste decisioni non hanno migliorato le gare, al contrario, le hanno peggiorate.

Un paio di anni fa è stato stabilito che il desiderio collettivo in F1 era quello di evitare tutto questo, per quanto possibile. Il che coincide più o meno con il passaggio dalle ripartenze dietro la safety car alle ripartenze da fermi in griglia.

Lo abbiamo visto per la prima volta nel Gran Premio dell’Azerbaigian del 2021 ed è questo atteggiamento, anche se non la stessa esecuzione, che ha portato all’enorme controversia del finale di stagione dello stesso anno ad Abu Dhabi.

In Australia, la controversa bandiera rossa tardiva era perfettamente valida, visti i frammenti metallici della ruota posteriore rotta di Kevin Magnussen che disseminavano la pista. C’è stato il tempo di tentare una ripartenza finale, che è ciò che le parti interessate della F1 hanno chiarito essere una priorità, e ha permesso di rimuovere i detriti in modo sicuro.

Ha soddisfatto l’obiettivo di terminare la gara con la corsa, che, nella sua forma più semplice, è un tentativo ragionevole.

Non dobbiamo fingere, però, che a muovere queste decisioni sia qualcosa di diverso dallo spettacolo. Questi interventi nascono per evitare di deludere i tifosi e per garantire che la F1 non venga sminuita come spettacolo, piuttosto il contrario. Tenere i tifosi incollati a guardare cosa succede fino alla fine, rendere la bandiera a scacchi emozionante, spremere fino all’ultima goccia il vecchio adagio secondo cui “non è finita finché non è finita”.

Alcuni tifosi odiano tutto questo. Ma se si guarda ai numeri, al coinvolgimento, la realtà è che questa tecnica funziona. La forma più pura di motorsport, lascia il passo a un mix di sport e dramma. E questo non è solo un desiderio della “generazione Netflix”, bensì qualcosa a cui molti fan rispondono chiaramente in modo positivo.

Piaccia o no, questa è la strada che la Formula 1 ha deciso di percorrere. Le bandiere rosse ritardate per far ripartire le corse si adattano perfettamente a questa strategia ed è qualcosa che la Formula 1 brama.

Quindi, invece di fare inutili polemiche contro una simile spinta, forse la cosa migliore da analizzare è quando un intervento di questo tipo è accettabile e fino a che punto dovrebbe arrivare. Ci dovrebbe essere un po’ di equilibrio, una via di mezzo.

La FIA ha un grande onere da sostenere a fine gara in scenari come quello di Melbourne. Deve agire in primis in nome della sicurezza e, allo stesso tempo, cercare di divertire.

Questo porta alla contraddizione piuttosto evidente di dare una bandiera rossa durante una gara per motivi di sicurezza solo per andare a creare poi una situazione significativamente più pericolosa con la ripartenza. Fintanto che non viene fatto in modo sconsiderato, dovrebbe essere corretto. E, che se ne dica, quella dell’Australia non è stata una gestione sconsiderata della gara.

Per ogni argomentazione secondo cui le parti interessate stanno mandando al macello i piloti con freni e pneumatici freddi per “il bene dello spettacolo”, c’è una contro-argomentazione del tipo “questi dovrebbero essere i migliori piloti del mondo”. Non tutti hanno commesso un errore disastroso alla ripartenza di Melbourne ma solo alcuni che, senza mezzi termini, non hanno fatto un lavoro sufficiente.

Naturalmente, c’è una differenza tra queste partenze e quella “classica” all’inizio di un gran premio: il giro di formazione. In una partenza normale è la vettura di testa a dettare il ritmo, ma prima di una ripartenza il gruppo è bloccato dietro la safety car.

Se un normale giro di formazione alla partenza del Gran Premio, con i serbatoi pieni di carburante, è sufficiente per avere un livello di rischio accettabile, perché non fare la stessa cosa alla ripartenza?

L’obiettivo non dovrebbe essere quello di creare il caos. La partenza di un Gran Premio è già uno dei momenti più emozionanti per qualsiasi gara. Riprodurlo fedelmente dovrebbe essere sufficiente a soddisfare qualsiasi richiesta di intrattenimento.

Naturalmente, in Australia qualsiasi regola che permettesse uno shootout all’ultimo giro avrebbe significato costringere a un’altra ripartenza. E senza dubbio avrebbe alimentato ulteriori lamentele su quanto la F1 sia disperata nel mettere lo spettacolo al primo posto. Quindi, torniamo alla premessa fondamentale di trovare il giusto equilibrio.

Essendo la F1 quello che è, non possiamo aspettarci che l’aspetto dell’intrattenimento del campionato venga ignorato. Come ogni competizione sportiva d’élite, il suo ecosistema dipende dall’interesse dei tifosi e non può essere guidato al 100% da esigenze sportive.

È necessario, però, tracciare una linea di demarcazione. A meno che non ci sia un cambiamento radicale nel funzionamento delle gare (abolendo ad esempio il tempo massimo di tre ore, non dipendendo dalla luce e/o consentendo il rifornimento di carburante) anche i critici più accaniti devono accettare che le gare, prima o poi, devono finire.

Se c’è tempo per tornare a correre, bene. Altrimenti, sarà andata così…

Nessuno sport è così “puro” da essere immune dalla richiesta di emozioni. La F1 deve solo fare attenzione a quanto vuole spingersi in là per produrla.

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