Il titolo Ferrari crolla a Piazza Affari: ma la causa non è l’auto elettrica
Il titolo Ferrari è crollato a Piazza Affari dopo la presentazione del nuovo piano industriale 2030, registrando il peggior calo giornaliero dal 2016. Molti titoli di stampa specializzata in Formula 1 e motori hanno attribuito la caduta all’arrivo della prima Ferrari completamente elettrica, ma la realtà è molto diversa.
Il mercato non ha punito l’auto elettrica, bensì le aspettative finanziarie più prudenti del previsto. La guidance 2030 di Ferrari è stata percepita come conservativa, con obiettivi di crescita inferiori a quanto gli investitori speravano.

Obiettivi Ferrari 2030: numeri solidi ma considerati “troppo prudenti”
Durante il Capital Markets Day, Ferrari ha presentato le sue previsioni per il 2030:
- Ricavi attesi di circa 9 miliardi di euro
- EBITDA rettificato di almeno 3,6 miliardi di euro
- Solo il 20 % dei modelli completamente elettrici entro il 2030
Questi numeri confermano la solidità del marchio, ma il mercato si aspettava tassi di crescita più ambiziosi. Gli analisti hanno interpretato la scelta come un segnale di cautela: un passo indietro rispetto al piano 2022, che prevedeva una crescita più sostenuta e una quota EV più alta (40 %).
La stampa dei motori cerca il titolo “acchiappa click”
Gran parte della stampa dedicata alla Formula 1 e al motorsport ha semplificato eccessivamente la notizia, collegando il crollo in Borsa all’arrivo dell’auto elettrica Ferrari. In realtà, non è l’elettrico il problema.
Il piano 2030 non abbandona affatto il motore tradizionale: punta su una strategia bilanciata, con modelli ibridi, motori V12 evoluti e una gamma elettrica costruita con gradualità. È una scelta coerente con l’identità del Cavallino Rampante e con il mercato delle supercar di lusso, dove emozione di guida, sound e performance meccanica restano centrali.
Perché la Borsa ha reagito male
Le ragioni reali del calo del titolo Ferrari sono finanziarie, non tecnologiche:
- Obiettivi di crescita moderati – Le previsioni non hanno entusiasmato gli investitori.
- Mancanza di “wow factor” – Nessuna sorpresa tale da giustificare una rivalutazione immediata del titolo.
- Riduzione della quota EV – Il passaggio dal 40 % al 20 % di modelli elettrici è stato interpretato come segno di prudenza, non di espansione.
- Timore di stagnazione – Alcuni analisti vedono nel piano una strategia difensiva, non offensiva.
Tuttavia, secondo diversi broker, la reazione di Borsa è eccessiva. Ferrari resta una delle aziende più redditizie al mondo nel settore automotive di lusso, con margini tra i più alti dell’industria e un brand praticamente inimitabile.
Ferrari: strategia di lungo termine, non una ritirata
Il vero obiettivo del piano 2030 è preservare esclusività e redditività, non inseguire la corsa ai volumi. Ferrari punta su:
- Edizioni limitate e programmi “Tailor Made”
- Mix di prodotto ad alto margine
- Elettrificazione graduale, per garantire prestazioni e identità di marchio
- Innovazione senza compromettere l’esperienza Ferrari
L’auto elettrica Ferrari non è quindi la causa del crollo, ma il simbolo di una strategia di transizione controllata, in linea con i tempi del lusso e della tradizione sportiva italiana.
Conclusione: il “crollo” è solo una correzione temporanea
Il tonfo in Borsa è stato spettacolare, ma le fondamenta restano solide. Ferrari continua a rappresentare il vertice assoluto dell’automotive di lusso, e il nuovo piano 2030 segna un percorso realistico, non un passo indietro.
Nel breve periodo gli investitori cercano numeri “forti”, ma nel lungo termine il modello Ferrari, basato su margini elevati, esclusività e innovazione controllata, resta uno dei più profittevoli del mondo.


