Per la gioia dei molti fan del kaiser, la piattaforma di streaming Netflix ha prodotto il docufilm “SCHUMACHER” con l’intento di far rivivere agli spettatori la carriera di Michael, partendo dalle prime gare nei kart fino ai sette titoli iridati con le due scuderie italiane. Ma cosa non sapevamo della sua ormai nota carriera?

La carriera di Michael inizia presto, molto presto. La famiglia Schumacher era una famiglia molto umile, pochi soldi e senza una vera direzione, costringendo il piccolo tedesco ad andare a caccia con le attrezzature scartate del kart.
Il kart, la vera passione di Schumacher, gli garantiva una piccola notorietà nel luogo in cui abitava ed il suo talento era nella bocca di tutti, infatti l’ancora giovanissimo pilota tedesco, era solito a battere i rivali con il kart peggiore, pescando ruote e pezzi dei kart che i suoi avversari buttavano nella spazzatura.
“Ho ripescato le gomme scartate dal cestino, le ho messe sul mio go-kart e ho vinto le gare. Sono sempre stato contento di aver vinto con l’attrezzatura peggiore e non con la migliore. Dover combattere davvero in quel modo è stata una motivazione in più per me”.
Passano gli anni e, nel corso di un test con delle Formula 3, viene notato da Willi Weber – che diventerà il suo manager fino al 2009 – offrendogli il primo contratto da professionista: Cinque anni, duemila marchi. Più di quanto la famiglia di Michael guadagnasse mensilmente.


Dopo aver iniziato il suo percorso in Formula 1 – prima in Jordan grazie alla sospensione del suo pilota di punta Gachot – approderà nella stagione 1992 a bordo della Benetton gestita da Flavio Briatore, riuscendo nel circuito di Spa ad ottenere la sua prima vittoria.
Uno dei momenti più d’impatto del documentario è senza dubbio Imola 1994, durante la festa dei lavoratori.
Schumacher, primo rivale di Senna in quell’annata, avrebbe fatto di tutti per battere in pista il brasiliano, ma quando in quel sfortunato incidente il campione brasiliano perderà la vita, dentro di Michael succede qualcosa.
“Dopo la sua morte ho sofferto di insonnia e credo di aver dormito tre ore a notte”, ha dichiarato il sette volte campione del mondo, che inoltre affermerà di come quell’incidente abbia cambiato la sua mentalità in pista.
A Silverstone, durante il consueto giro di pista pre gara, inizia ad avere strani pensieri. Andando ad osservare in modo minuzioso il circuito, indicava e interiorizzava dentro di lui quali potevano essere le curve che potevano ucciderlo sul colpo, come accadde al suo rivale.

Schumacher Monza 2006


Dopo i due titoli vinti in Benetton, Michael passa in Ferrari sotto consiglio dello stesso Niki Lauda – vincitore di due mondiali con la rossa – dicendogli che se voleva entrare nella leggenda di questo sport aveva il compito di vincere per conto della scuderia di Maranello.
Alla prima stagione in Ferrari, datata 1996, Schumacher e tutto il team è cosciente che quell’auto non fosse da mondiale, ma nonostante ciò il tedesco – grazie anche ad una forte dedizione per la causa – riesce ad ottenere ed inanellare podi su podi, che solo a causa dei problemi di inaffidabilità della macchina (si parla di sei ritiri in un campionato di sedici gare) non gli permettono di giocarsi la vittoria finale.
L’anno successivo, però, è quello buono.
Si ritrova all’ultimo gran premio di Jerez a pari punti con Jaques Villeneuve, a bordo della Williams. Schumacher si trova in testa, sta per vincere già al secondo anno in Ferrari il titolo iridato; ma a ventidue giri dalla fine Villeneuve tenta un sorpasso sul tedesco, che lo chiude, colpendolo. Michael è costretto a ritirarsi, insabbiandosi, mentre il suo rivale arriva primo alla bandiera scacchi vincendo il suo primo – ed unico – mondiale. Schumacher, per la scorrettezza compiuta, viene squalificato dal campionato piloti del 1997.
Dopo una vacanza di famiglia insieme alla moglie Corinna, quest’ultima dichiara di come Michael fosse profondamente cambiato, soffrendo di insicurezza, domandandosi di continuo se avesse ancora la mentalità e il carattere per affrontare i test invernali del 1998.
L’allora Team Principal – ora capo della FIA – Jean Todt, invece iniziò a sospettare che il tedesco non fosse quello giusto e che forse dovevano ripensare al percorso che il team, in piena rifondazione, stava intraprendendo.
“Michael è il pilota giusto per noi o dovremmo avere qualcuno come Mika Hakkinen in squadra?” si chiedeva Todt.

todt Ferrari

Senza dover per forza ripercorrere quelli che saranno i successi del kaiser in Ferrari, che contano: cinque titoli iridati (dal 2000 al 2004) e sei titoli costruttori (1999-2004), insieme ad una moltitudine di primi posti e pole position, ci spostiamo in uno dei momenti più drammatici del documentario. L’incidente con gli sci.
Secondo la deposizione di Corinna Michael aveva deciso di non andare quel giorno a sciare perché la neve non era assolutamente ottimale, preferendo un cambio di programma. Una sessione di paracadutismo in quel di Dubai. Ma alla fine, sappiamo tutti benissimo cosa il campione tedesco abbia scelto di fare in quel fatidico 29 dicembre 2013.
Non ho mai incolpato Dio, è solo stata sfortuna. Tutta la sfortuna che chiunque potrebbe mai avere nel corso della propria vita” ha aggiunto la moglie del kaiser.
Il documentario si conclude con un aggiornamento pubblico sulla riabilitazione di Michael.
Le condizioni mediche sono state, ovviamente, prese sotto osservazione immediatamente, ma la famiglia non ha mai voluto rendere pubbliche le sue attuali condizioni: “Il privato è privato” sostiene la Signora Schumacher. “È molto importante per me che possa continuare a godersi la sua vita privata al più a lungo possibile. Michael ci ha sempre protetti e ora noi stiamo proteggendo lui.
Tuttavia Corinna ci fornisce un aggiornamento, seppur piccolo, sulle condizioni del marito: Michael è attualmente in cura a casa mentre continua la sua riabilitazione dal pesante trauma cranico. “Michael è qui. Diverso, ma è qui. Questo ci dà la forza per continuare. Mi mostra ancora quando è forte ogni giorno. Viviamo insieme a casa. Facciamo la terapia. Facciamo tutto il possibile per migliorare la sua vita ed assicurarsi che lui sia a suo agio. Tutto per fargli semplicemente sentire il calore della nostra famiglia, il nostro legame“.

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