Guardando la classifica finale del Gran Premio degli Stati Uniti, possiamo dire che è stata la gara di chi ha sbagliato meno. Hamilton bravo a ritrovare il passo giusto (stavolta bene anche in partenza) e meritevolmente primo (vittoria numero 50 in carriera), Rosberg “ragioniere” (com’è giusto che sia visto il vantaggio in classifica), e secondo alla fine grazie anche all’aiuto della Virtual Safety Car (vera “sciagura” per la F.1 attuale: sarebbe meglio utilizzare il sistema a “micro-zone di velocità controllata” usato a Le Mans), Ricciardo a podio e “fregato” dalla stessa VSC causata dal suo compagno di team Verstappen. Il giovane olandese ne ha fatta “una più di Bertoldo” oggi, prima rientrando ai box per la seconda sosta senza avvertire prima i suoi meccanici, trovatisi impreparati, e poi autore di quasi un intero giro con il cambio in panne prima di fermarsi. Cosa che ha creato intralcio in pista, e che la Federazione, per l’ennesima volta con il “giovane pupillo” Red Bull coinvolto, non penalizzerà come dovuto. Penalizzazione che, probabilmente, verrà inflitta a Kimi Raikkonen, che s’è dovuto fermare al termine della corsia box dopo l’errato fissaggio della ruota posteriore destra durante il pit-stop, e che poi è letteralmente tornato indietro al garage in piena retromarcia. Cosa non consentita, che verrà investigata dagli steward di gara. L’altro ferrarista, Sebastian Vettel, ha concluso lontano dai primi, ai piedi del podio, con un problema di carico aerodinamico posteriore “ballerino” (forse a causa di un detrito incastrato nell’ala), risolto con un pit a 2 giri dal termine e con la magra consolazione del giro più veloce in gara. Le temperature più basse dell’asfalto hanno sconvolto le strategie prefissate dai team, che han dovuto improvvisare. E come sempre ultimamente accade, il muretto Ferrari non è stato il più brillante, con una strategia per Kimi penalizzante. Come indecifrabile è stato il comportamento della SF16-H, vera “Dottor Jekyll e Mr. Hyde”, con le diverse mescole utilizzate  che han dato esiti assolutamente contrastanti tra i due piloti. Una macchina estremamente “meteoropatica” si direbbe… Ma in questa sede vorrei analizzare più nel dettaglio i comportamenti in pista dei due “alfieri” di Maranello (con Vettel che, per effetto del ritiro di Raikkonen, ha sopravanzato nella graduatoria mondiale il compagno di Scuderia), in rapporto al mezzo meccanico che stanno conducendo.

Raikkonen > Vettel? L’analisi dei motivi

La SF16-H, come accennavo ieri nel pezzo sulle qualifiche, soffre di una mancanza di downforce rispetto ai migliori competitors con un “balance” tendente al sovrasterzo, a causa della ridotta efficacia, rispetto agli obiettivi di progetto, di fondo e diffusore. Il che si ripercuote anche sulla parte anteriore della vettura, che per trovare il giusto “bilancio”  non può essere “caricata aerodinamicamente” con determinate soluzioni. E il fatto che non si riesca a correre ai ripari con la realizzazione di un fondo/diffusore più efficienti (vari gli esperimenti portati in pista dai tecnici di Maranello, ma alla fine si è quasi sempre tornati alla soluzione originale) limita anche gli interventi sulla parte anteriore (ali/bargeboards/T-tray) della monoposto. E’ verissimo che a Suzuka la Ferrari abbia portato degli aggiornamenti importanti, che sembrava avessero dato dei buoni riscontri, proprio in questa zona della monoposto, ma non è che sul tracciato di Austin, e in particolare nel suo terzo settore di curve medio-lente, questo pacchetto abbia “sbilanciato” verso un eccessivo sovrasterzo la vettura? (le difficoltà in staccata di entrambi i piloti, che letteralmente “perdevano la vettura” al retrotreno e dovevano “remare” di volante per restare in pista, e il tentativo di montare il monkey-seat sulla vettura di Vettel per cercare grip aero ne sono esempi esplicativi). Osservando la monoposto in pista durante l’intera stagione, si nota come nelle curve da media velocità la Rossa manifesti i maggiori problemi rispetto agli altri, mentre in quelle da più alta velocità riesca a recuperare qualcosa (come se il fondo/diffusore riuscisse a lavorare meglio in questa determinata condizione, vedere l’andamento a Suzuka), pur mancando sempre di un “picco di carico massimo” paragonabile a quello dei migliori. A questo va sommata la cronica mancanza di grip meccanico al retrotreno e trazione nelle curve da bassa velocità (dove l’aerodinamica interviene poco), che “azzoppano” notevolmente le velleità velocistiche della monoposto concepita da James Allison. E qui veniamo al discorso piloti. Raikkonen è risaputo prediligere una monoposto molto precisa e “appuntita” in inserimento, cosa che un retrotreno “leggero”, in qualche modo, agevola, e il finnico aveva sempre sofferto le precedenti single-seater Ferrari dotate della sospensione anteriore pull-rod, che nell’interpretazione di Maranello sembrava causare maggior sottosterzo a vantaggio di un retrotreno più “stabile” (come s’è sempre detto, caratteristica questa prediletta da Alonso). Da quest’anno, con il passaggio al push-rod all’anteriore, la fase d’inserimento è diventata più precisa e consona ai dettami di guida del finnico, come mostrato dai risultati in pista. Sebastian Vettel ha invece legato i suoi successi alle monoposto di Adrian Newey concepite con il “blown diffuser”, il diffusore “soffiato” dagli scarichi in rilascio che assicurava, se ben concepito e realizzato, un carico aero al posteriore elevato e costante anche (e soprattutto) nelle curve lente. Il pilota tedesco era poi il migliore nel “fidarsi” del lavoro aerodinamico e nel “buttare” letteralmente la monoposto nelle curve lente (basti ricordare la gara 2013 a Singapore), forte di un retrotreno incollato al suolo. E anche in frenata faceva valere questa superiorità di sfruttamento con staccate “profonde” e aggressive (ma senza bloccaggi indesiderati) rispetto agli avversari. Questa alchimia ha fruttato ben 4 Mondiali al “ragazzo di Heppenheim” (come lui dichiarò in un intervista, rilasciata ai creatori del videogame Gran Turismo 5, di cui era testimonial, che ancora ricordo per filo e per segno), fino a quando il regolamento non cambiò imponendo, nel 2014, lo scarico unico centrale. Quella stagione Vettel non trovo mai il feeling con la sua Red Bull, e venne a più riprese battuto dal sopravanzante compagno di team Ricciardo. L’anno successivo, con il passaggio alla Ferrari, Sebastian trovò una SF15-T, come accennato prima, a cui il pull-rod aveva dato un “carattere” sottosterzante: un retrotreno più stabile (ma non in termini assoluti rispetto alla concorrenza), si sposava meglio con il suo stile di guida rispetto a quello di Kimi, e fece pensare ad un pilota “ritrovato” dopo un anno di difficoltà dovute ad attriti con il team. Ma il 2016 gli ha fatto ritrovare quel sovrasterzo da lui “indesiderato” e “meglio domato” dall’indole di guida di Raikkonen, con risultati davanti agli occhi di tutti. Bisognerà vedere se le regole 2017, che prevedono un diffusore incrementato nelle sue misure (ed efficacia), insieme a gomme più larghe che garantiranno un maggiore grip meccanico, saranno il quid che farà ritrovare a Vettel la confidenza nel suo stile di guida, permettendogli di regolare nuovamente a suo favore i “rapporti di forza” con il compagno, l’ultimo Campione del Mondo al volante della Ferrari oramai un decennio fa.

di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

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