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Il passaggio del secolo si è trasformato, per ora, in un incubo sportivo. La stagione 2025 di Lewis Hamilton in Ferrari è stata fin qui deficitaria, ma l’Ing. Luigi Mazzola, intervenuto ai microfoni di NewsF1.it, invita a non puntare il dito contro il sette volte campione del mondo. Il problema sarebbe molto più profondo e radicato nella gestione tecnica del muretto di Maranello.
Doveva essere l’anno della rinascita, il “dream team” con Charles Leclerc pronto a riportare il titolo a Maranello. Invece, il 2025 di Lewis Hamilton in Rosso viene etichettato da molti come un “disastro”. Ma è davvero colpa dell’età di Lewis o del suo adattamento? Secondo Luigi Mazzola, la realtà è ben diversa e riguarda il modo in cui la Ferrari lavora sull’assetto e sulla comunicazione pilota-ingegnere.

“Non date la colpa a Hamilton”
Mazzola è categorico nel difendere il pilota britannico:
“Non do tutta la colpa a Hamilton. La metto in buona parte sul team. Dopo 24 gare non puoi non aver ancora capito come guida questo personaggio o, peggio, non essere stato in grado di dargli una macchina soddisfacente in maniera costante”.
Secondo l’ex ingegnere della Scuderia, le scuse legate al “cambio culturale”, alla lingua o alle procedure sono solo paraventi: “Un pilota quando è in macchina si isola. Se non riesce a guidare, è perché c’è qualcosa che non funziona nel legame tecnico tra le sue sensazioni e le decisioni del muretto”.
Il ruolo “incatenato” dell’ingegnere di pista
Uno dei punti più interessanti dell’analisi di Mazzola riguarda la libertà d’azione dell’ingegnere di pista, oggi limitata da processi decisionali troppo centralizzati:
“Mi chiedo quanta libertà abbia oggi l’ingegnere di pista di decidere l’assetto. Ormai si lavora con metodologie dove l’ente aerodinamico o la dinamica del veicolo impongono un setup di base. Se il pilota non si ritrova, l’ingegnere ha poche armi per cambiare rotta”.

L’aneddoto storico: “Quando cambiavo tutto a Prost”
Per spiegare la situazione attuale, Mazzola ha ricordato un episodio del 1991, quando lavorava con Alain Prost e si scontrava con le direttive rigide di geni dell’aerodinamica come John Barnard o Jean-Claude Mignot:
“Barnard imponeva l’assetto. Io aspettavo il sabato mattina, quando lui andava via dal circuito, e cambiavo tutto sulla macchina di Alain perché lui non riusciva a guidarla. Oggi questa personalità nel box manca, e i piloti ne pagano le conseguenze”.
Quale futuro per il 2026?
Se il 2025 è ormai un capitolo da chiudere in fretta, la sfida per il 2026 non sarà solo motoristica, ma anche di gestione umana. Hamilton ha bisogno di un team che sappia ascoltare le sue esigenze specifiche per tornare a lottare per la vittoria.
📽️ Per l’analisi completa, guarda il video con Luigi Mazzola
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