Enzo Ferrari morì il 14 Agosto del 1988, ma la notizia venne resa pubblica, come da sua volontà, solo a esequie avvenute. Oggi lo ricordiamo attraverso le emozioni di quei giorni…

Non potrò mai dimenticare quel giorno, era il 17 Agosto del 1988, un mercoledì, all’epoca avevo 23 anni ed avevo trascorso una vacanza felice e spensierata con i miei amici a Vieste nel Gargano; ero arrivato lì il 5 ed avevo avuto occasione di guardare il GP d’Ungheria dalla televisione dell’Hotel insieme a tanti altri tifosi molto chiassosi; in quella stagione era Ayrton Senna alla guida della McLaren il dominatore di tante gare e alla Ferrari non spettava che un ruolo da comprimaria. Passato il Gran Premio d’Ungheria si sarebbe corso a SPA il 28, sarei stato a casa per quella data e mi sarei visto il GP con tutta tranquillità sul divano. Partimmo presto quel Mercoledì, c’erano da fare tanti chilometri per arrivare a Roma e in quegli ultimi giorni non avevo visto la tv e non avevo letto i giornali, del resto era il week end di Ferragosto e i bagni al mare la facevano da padrone. Le due macchine erano pronte benché ferme da svariati giorni, qualche controllo che eseguivo sempre, la pulizia dei vetri e caricammo i bagagli, partimmo con allegria, quella giusta, quella sana che si prova quando si è in buona compagnia e ci si è divertiti, si innescano legami, nascono degli amori e l’anima è spensierata. Dopo due o tre ore di viaggio compiuto con la musica ad alto volume, quasi a spingere la macchina aiutando il motore, ci fermammo ad un autogrill per fare rifornimento di benzina e mangiare qualcosa, fu in quel momento che appresi la notizia della morte di Enzo Ferrari, campeggiava tristemente su tutti i quotidiani esposti, ricordo che ne acquistai 5 o 6 per leggere ogni particolare della vicenda, quasi non ci credevo e durante il viaggio di ritorno mi rifiutai di guidare occupato con la lettura; ricordo che i miei amici non capivano il perché della mia tristezza, forse a quell’età non si comprende appieno il significato della morte e quanto questa possa influire sulla vita di chi rimane, in quei momenti, per me ancora vivi, c’era la consapevolezza di un dolore difficile da descrivere, ammiravo quell’Uomo, avevo letto tutto quello che potevo su di Lui e sulle sue Macchine, era quasi come se lo conoscessi; sentivo che avevo ed avevamo perso, tutti noi Italiani, un pezzo della nostra storia, della nostra Patria, un pezzo di noi stessi. Non ci sarebbe stato nessun altro come Enzo Ferrari e non solo nel mondo delle corse, ma in ogni altro campo, chi avrebbe sfidato tutti da lì in avanti? Chi avrebbe detto no alle multinazionali? Chi avrebbe alzato la voce con la Federazione? Chi avrebbe costruito un Mito altrettanto grande ed Eterno? Nessuno…

Con la Scomparsa di Enzo Ferrari l’Italia avrebbe perso uno degli ultimi baluardi del proprio orgoglio; questo era il mio pensiero in quei momenti e l’idea che la Ferrari fosse poi inghiottita da qualche pescecane era ancora più opprimente.

Passarono i giorni ed arrivò il fine settimana di SPA e Gerhard Berger arrivò 3° nelle qualifiche e forse, pensai, qualcosa sarebbe accaduto, c’era una strana mescolanza di emozioni dentro di me al momento della gara, iniziai a vedere gli avversari come i nemici della Rossa e durante la corsa ricordo che iniziai ad implorare anche Dio per far vincere la Ferrari, sentivo che in qualche modo doveva succedere, era un atto obbligato del Fato che ci aveva privato del Drake, le preghiere non durarono che pochi giri perché entrambe le Ferrari, sia quella di Berger che quella di Michele Alboreto si fermarono per problemi al motore. Provai un senso di rabbia più che di delusione e mi sentii quasi tradito da tutto e da tutti, come poteva accadere tutto questo? Perché le misteriose leggi dell’universo non avevano permesso di dare una gioia al Popolo Ferrarista già tanto provato dalla scomparsa del suo Idolo e del suo Creatore? Questa era la domanda che mi punzecchiava continuamente e non riuscivo a farmene una ragione, sentivo un bisogno di giustizia per la perdita di quell’Uomo così straordinario che tanto ammiravo…

Arrivò così il GP di Monza, quel giorno eravamo in 4 o 5 a vedere la gara, il mio fidato amico appassionato quanto me di F1 col quale ero stato anche ad Imola nel 1983, scappando quasi di nascosto con una vecchia macchina e con la patente che doveva ancora essermi consegnata, e altri invitati. Non mi aspettavo più nulla dalla Ferrari, avrei tifato per la Rossa conscio che solo un miracolo poteva cambiare lo stato delle cose, Senna era il Re incontrastato del Campionato, ammiravo Ayrton e speravo che prima o poi si sedesse su una Ferrari tuttavia stavo cominciando quasi ad odiarlo, come si ‘odia’ chi è tanto forte da non lasciare spazio agli altri, un’antipatia tipica per il vincente se non rientra tra i nostri favoriti, e poi, fondamentalmente, chi tifa per la Ferrari innanzitutto ama la macchina e non il Pilota, i Piloti vanno e vengono, la Ferrari rimane, è questa la differenza sostanziale con tutti gli altri, il vero Ferrarista ama la Rossa in primis, se poi c’è un driver di spicco tanto meglio, ma anche quello prima o poi andrà via.

Nelle qualifiche i Piloti Ferrari segnarono il 3° e 4° tempo mentre Senna fece la Pole, era evidente che non c’era nulla da fare anche questa volta e tutto sarebbe andato come nelle altre gare; si aprirono le birre congelate e tutti ci riunimmo davanti al televisore del mio amico, uno grande, di quelli che a quei tempi era raro avere in casa; la gara non ci diede nessuna emozione per molti giri, e cominciammo a discutere sulla scelta di correre nel 1988 con la stessa macchina del 1987, della scelta dei Piloti e di un certo Barnard che stava progettando la nuova monoposto; ma poi accadde qualcosa… Non dimenticherò mai quei momenti, Prost si ritirò per un guasto e fu proprio lì che cominciammo a sperare ed invocare le leggi dell’universo, era il GP d’Italia e qualcosa doveva accadere, lo si sentiva nell’aria, lo si percepiva dopo il ritiro del Francese, rimanemmo tutti in piedi davanti alla tv ad urlare ed implorare fino a che Senna (che era al comando) ad un passo dalla fine della gara colpì un’altra macchina e dovette ritirarsi lasciando strada libera a Berger ed Alboreto, che fecero doppietta. Fu una gioia immensa pari solo a quella provata qualche anno prima, nel 1982, quando l’Italia vinse i Campionati del Mondo. Uscimmo a festeggiare per strada come dei pazzi suonando il clacson e urlando, come se avessimo vinto il Mondiale, tanti ci guardavano stupefatti ignari dei motivi della nostra gioia, ma la Ferrari aveva vinto, solo questo contava per noi…

Marco Asfalto

Grafica Salvatore Asero

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