Milanoautoclassica si è svolta nei giorni dal 18 al 20 novembre e passando dalla biglietteria ci si imbatte velocemente nello stand Ferrari, con tante F1 vintange.

A parte le classiche storiche a fare scena sono due zone: quella dedicata alla meravigliosa F40, che mi hanno accolto a porte e cofani aperti e quella con ben 3 monoposto F1 tra le più iconiche della storia.

La C, la T4 e la 312 spazzaneve.

Un trio di auto che hanno fatto la storia della scuderia per le soluzioni tecniche adottate. Quando in Ferrari si osava grazie all’inventiva dei progettisti.

Partendo dalla più recente, la 126 C è stata la prima auto Ferrari dell’era turbo dopo aver abbandonato il consueto 12 cilindri boxer. Sfruttando al meglio l’effetto suolo che, era la caratteristica delle wing car di quel periodo, la macchina si rivelò bella e vincente.

La T5, anno 1979, è famosa più per il titolo mondiale vinto che per le soluzioni tecniche adottate. Grazie alla genialità tecnica e alle esperienze precedentisi  riuscì a trovare lo spazio per creare dei venturi nonostante gli ingombri del motore 12c, larghissimo e che per ingombri limitava necessariamente lo spazio utile per creare l’effetto suolo.

Fin qui tutto normale, regolamenti studiati e sfruttati al meglio per ottenere monoposto vincenti e veloci, provando e sviluppando di continuo.

La B3 spazzaneve? Eh… questa vettura non ha vinto, non ha primeggiato è apparentemente sgraziata. Perché a me piace moltissimo e la considero più interessante delle altre due rosse? Per le soluzioni innovative, per il coraggio di provare, per l’intuizione che un fondo largo poteva aiutare la tenuta della macchina, concetto poi sviluppato ed estremizzato sulle wing car, anche se partendo da parametri differenti. La genesi di tutto il periodo storico avviene con questa macchina, innovativa e realizzata per anticipare i regolamenti del ‘74 che portarono poi al titolo mondiale del 1975.

Vetture più larghe che portano i progettisti a pensare all’effetto dell’aria sotto la carrozzeria e non solo al sopra con gli alettoni.
L’adozione di un alettone largo e ingombrante sul davanti portava a limitare la quantità d’aria sotto la carrozzeria creando deportanza, un concetto un po’ diverso da quello che poi si vedrà a fine anni ’70, ma da cui è stato necessario passare per studiare e capire la forza di questo elemento.

Lo stesso muso largo ha permesso l’adozione di due ampie prese d’aria per convogliare l’aria ai radiatori posti ora verso il dietro dell’auto, sui lati della carrozzeria, spostando i pesi in quella direzione.

Figlia di un progetto non fortunatissimo e giudicato ormai “finito” la spazzaneve ha saputo ritagliarsi uno spazio nel motorsport grazie al bellissimo laboratorio che fu durante la sua breve carriera. Molte soluzioni adottate su queste vetture divennero vincenti negli anni successivi.

Anche questa è storia ma soprattutto è un tassello importante per i successi futuri e dovrebbe farci un po’ riflettere su quanto sta accadendo oggi.

Quando sento parlare di: “Abbiamo smesso di sviluppare in vista del prossimo anno” quando c’è stabilità regolamentare confesso che mi preoccupo un po’. Se da un certo punto di vista, più risorse su un solo nuovo progetto,  la cosa può sembrare un vantaggio tecnico per la stagione successiva è anche vero che si perdono dati e informazioni da trasferire sul nuovo progetto. Si resta molto nel mondo “teorico” della progettazione, ma non della conferma in pista. Oggi non c’è da ripartire da un foglio bianco, ma da sviluppare, migliorare continuamente e incessantemente quanto di buono si ha già. A volte mi chiedo quali siano i ragionamenti che vengono fatti per arrivare a queste decisioni che, per noi appassionati, sembrano irrazionali.

Andrea Brianza

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