La RAI decide di lasciare la F1 dopo una lunghissima storia in questa competizione e soprattutto nel settore motori in generale.

La questione dei diritti e della mancata acquisizione da parte di RAI è molto più complessa di quanto possa sembrare.

Storia. L’avvento della F1 sulla rete pubblica risale agli anni ’50 sotto la guida di Piero Casucci, vennero infatti trasmessi degli spezzoni della prima gara nel 1953 replicando anche nell’anno successivo con l’evento di Monza di cui vennero trasmesse immagini dell’inizio e della fine; in pratica per un decennio la F1 rimase in palinsesto anche se con spezzoni e varie fasi. La svolta avviene con l’avvento sullo schermo di Mario Poltronieri (scomparso il 18 Gennaio 2017)

che sostituì Casucci nel 1968; Poltronieri era un giornalista competente in quanto ex collaudatore e pilota Abarth; la sua voce dal tono ‘profondo’ e la sua capacità di descrivere la gara sono passate alla storia e bisogna considerare con quali mezzi si lavorava allora, un solo schermo dal quale capire quanto accadeva in pista. In seguito arrivò a commentare insieme a Poltronieri un altro grande nome Ezio Zermiani coadiuvato da Clay Regazzoni;

 

si formava così uno staff moderno di un format valido ancora oggi; un giornalista esperto e con esperienza, la sua ‘spalla’ ovvero un altro giornalista con cui commentare le fasi del Gp con l’incarico delle interviste ed infine un tecnico che descrivesse al grande pubblico non solo le fasi della gara ma anche alcuni aspetti delle vetture. Chi ha qualche anno alle spalle sicuramente ricorderà questa squadra ben affiatata e dai commenti che hanno fatto la storia della F1 in italia.

Il periodo di pieno monopolio della RAI in F1 terminò nel 1991 quando anche le reti Fininvest acquisirono i diritti, la squadra che misero in campo fu di tutto rispetto, Andrea De Adamich e Guido Schittone;

iniziò quindi allora la ‘guerra degli ascolti’ quella che oggi ha portato alla demolizione della qualità in tv, ma questa è altra storia…

La Rai salutò Poltronieri nel 1994, per l’ex pilota Abarth arrivò il pensionamento; nel ’95 a condurre la trasmissione fu Amedeo Verduzio per quella sola stagione, gli fu preferito nel 1996 Gianfranco Mazzoni (classe 1959), si aprì così l’era dell’attuale F1 in RAI. Quasi storici i commenti di Mazzoni, spesso impreciso nel descrivere nomi e vetture riesce però a coinvolgere il pubblico con una certa veemenza nel commento e la sua voce rimane gradevole al pubblico nonostante le tante gaffes.

Il conduttore viene affiancato da Giorgio Piola grande esperto di tecnica e Renè Arnoux rimpiazzato da Ivan Capelli nel 1998; ai box Ezio Zermiani sostituito poi da Ettore Giovannelli nel 1999. Di fatto questa è la squadra che ha commentato la F1 fino al 2017. Insomma la RAI ha nel suo DNA la F1 fin dal principio ed è la tv di stato di un paese che ha la Ferrari in F1 fin dagli albori, si rimane sorpresi che nel 2018 non verrà trasmessa che una sola gara, il GP di Monza e questo per una legge chiara, un evento nazionale può essere trasmesso in diretta senza che i diritti di terzi ne possano limitare l’uso.

Torniamo al complesso problema dei diritti.

 

 

Di fatto questi sono stati venduti da Liberty Media a Sky per una somma intorno ai 70 milioni con un contratto triennale che raggiunge la somma di circa 230 milioni con la rivalutazione contrattuale dopo il primo anno; nell’epoca di Ecclestone le cose erano diverse perché egli stesso aveva fatto pressioni affinchè RAI e SKY si dividessero la torta e quindi gli oneri, la tv di stato sborsava una somma di circa 20 milioni per una parte dei GP in diretta e gli altri in differita; il punto è che Liberty Media non vuole più dover contrattare con più soggetti ed ha scelto come linea economica (mondiale) quella di contrattare maggiormente con le tv private e quindi con un solo soggetto; questo per un principio elementare, in genere i privati investono di più sul prodotto e sono in grado, svincolati da pressioni politiche, di investire le somme che ritengono più opportune; semplificando il discorso potremmo affermare che l’azienda Americana non ha nessuna voglia di mettersi a fare da mediatore tra politica e sport, il suo fine è quello di conseguire il massimo ritorno economico, soprattutto considerando che il loro investimento è costato 6,7 miliardi di euro.

La RAI avrebbe potuto gareggiare con SKY per acquisire tutti i diritti e non solo una parte? A livello economico la tv di stato avrebbe le risorse per farlo tuttavia ci sono da sottolineare alcuni aspetti; il primo è quello dell’affollamento pubblicitario che per legge non può superare il 4% per la tv pubblica mentre per quella privata questo limite non esiste; secondo aspetto è quello riguardante il calcio, nell’epoca ‘pallonara’ forse più prolifica (il calcio oramai è presente ovunque…) crescono maggiormente solo gli ascolti del calcio e la RAI nel 2017 ha avuto anche una lenta erosione dei propri ascolti; ecco una tabella estratta dal sito RAI riguardante il primo semestre dello scorso anno

Il calo è solo del 0,2% tuttavia fa parte di un trend che potrebbe essere difficilmente invertito visto che altre offerte crescono nel panorama televisivo non a pagamento; puntare quindi sulla Champions League riporterebbe spettatori e delle buone statistiche di ascolto, che poi è ciò che importa a chi dirige un’azienda.

CANONE. Con la messa in bolletta elettrica del canone in molti abbiamo pensato che la RAI non avesse più problemi economici e quindi migliorasse l’offerta televisiva di qualità e lo sport dovrebbe rientrare in questo concetto; anche qui alcune considerazioni vanno fatte; lo sport non porta nessun vantaggio politico, è un evento fine a se stesso e non va nella direzione di influenzare il pubblico in nessun modo; la RAI che è influenzata dai partiti al Governo quindi investe anche in programmi che tendono a favorire un certo flusso di opinione anche se questi sono in perdita. Tra le altre cose pesano sugli investimenti anche programmi di fiction, serial e intrattenimento prodotti in Italia che spesso sono di scarsa qualità tecnicamente e dalla trama discutibile ma che ‘fidelizzano’ ed ammaliano lo spettatore, soprattutto se anziano o molto giovane. Ecco in questa foto, tratta dal sito RAI cosa dovrebbe fare la tv di stato, voglio ricordare che lo sport non è solo uno spettacolo avvincente, è anche cultura e che il ‘pubblico in evoluzione’ spesso lo si porta verso una determinata direzione volutamente…

Marco Asfalto

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