Ricordo benissimo quell’anno, era il 1993 e Jean Todt, reduce dai successi con la Peugeot Talbot Sport arrivò in Ferrari; gli bastarono un paio di mesi di permanenza e la prima vera decisione che prese fu quella di rinnovare una struttura che era allo sbando; il controllo qualità dei materiali forniti da aziende esterne; in quel periodo la Ferrari delocalizzava molte produzioni e le ditte appaltatrici erano moltissime; era un periodo buio per la Rossa, poche vittorie e soprattutto troppi pezzi che si guastavano.

Jean Todt, abile organizzatore, pose la prima pietra dei successi che poi arrivarono in seguito; troppo importante avere una vettura affidabile, ancor prima che questa sia veloce; in genere, nel motor sport, dovrebbe essere questa la regola dominante; cercare di finire le gare e poi, sviluppando le tecnologie, arrivare ad essere competitivi ai massimi livelli. La Ferrari sembra aver preso la strada di quel periodo nominando Maria Mendoza (di FCA) nuova responsabile del controllo qualità, che ricordiamo, vale anche per il materiale prodotto a Maranello. Il condotto in carbonio che si è fessurato a Sepang sembra più un errore di progettazione anche perché spesso con tale componente è sufficiente aggiungere una piccolissima quantità di materiale per ottenere una resistenza che aumenta in maniera esponenziale. La vicenda della candela rotta in Giappone invece potrebbe essere un normale guasto che purtroppo può accadere ad ogni dispositivo. Tuttavia la domanda che rimane impressa guardando la classifica di questo campionato

È ben altra; era davvero necessario spingere così tanto sulle prestazioni per rimanere competitivi fino alla fine della stagione? Marchionne, intervistato subito dopo che la Mercedes aveva omologato la 4° unità prima di Monza, si rivolse ai microfoni col sorrisetto alludendo al propulsore dei rivali come se fosse plafonato, mentre la Ferrari aveva l’asso nella manica per terminare con successo il campionato; la realtà ci ha mostrato ben altro, Hamilton non si è mai ritirato per guasti e il risultato peggiore è stato il 7° posto a Montecarlo. Per quanto riguarda il GP della Malesia e il presunto problema alla PU di Vettel, che partì ultimo arrivando poi in 4° posizione; circolano voci di danni al motore che si sono palesati negli ultimi giri, la realtà sembra essere ben altra, un recupero del genere è stato favorito da un uso intensivo del motore e questo non ha fatto altro che consumare di più del necessario; sembra infatti che con la limitazione di olio a 0,9 litri per 100 Km il propulsore Ferrari sia più goloso di benzina e negli ultimi 2-3 giri i calcoli degli ingegneri sono andati letteralmente in fumo. La Mercedes, comunque, ha giocato molto bene la carta della limitazione dell’olio utilizzato come combustibile e quella omologazione prima del cambio delle regole (0,9 lt invece di 1,2) ne ha conservato la capacità di utilizzare il manettino per spingere a suo piacimento in qualifica; una scommessa vinta anche se sul filo di lana. Di fatto si è giocato sulla psicologia di un avversario che doveva rincorrere a tutti i costi. La domanda tuttavia rimane, come mai così poca affidabilità da parte della Ferrari? La struttura orizzontale voluta da Marchionne ha consentito alla Rossa di essere molto competitiva, tuttavia sembra esserci un certo affanno all’interno della Scuderia ed un clima da ‘ultima spiaggia’ che non aiuta a lavorare col giusto metodo; se il posto di un tecnico è sempre in bilico questo non può lavorare con quella calma e tranquillità che sono necessarie quando si svolge un lavoro così delicato. In Malesia infatti i problemi erano sorti anche sulla unità n.3 tanto che si decise di anticipare l’esordio della n.4 recuperando alcune parti della 3° unità (MGU-H, accumulatori; centralina e turbo). Per non parlare di altre noie che ha visto come protagonista Raikkonen sempre con la 3° PU. Da tenere a mente che anche con questo propulsore la Ferrari sembrava molto competitiva più per le prestazioni del ‘pacchetto’ che per la potenza del motore. Che ruolo ha avuto l’Ingegner Sassi in tutta questa vicenda? La sua rimozione ‘volontaria’ sembra sia dovuta ad una non corretta evoluzione della 4° unità, la quale, ricordiamo è stata comunque privata di quella parte di olio da bruciare (da 1,2l/100Km a 0,9l/100Km) sotto forma di ‘vapori’ con una regola, di cui abbiamo parlato, che sembra esser stata costruita per favorire la Mercedes con la complicità indiretta della Renault e della Red Bull che hanno aperto il caso. Di qui le conseguenze di una rincorsa fatta col ‘fiatone’ dalla Ferrari che ha tentato il tutto per tutto. Il campionato è di fatto finito e solo 2 ritiri di Hamilton, con Vettel vincitore, potrebbero riaprire una stagione che per ben 12 gare è stata appannaggio della Ferrari.

Nel 2018 ci saranno a disposizione solo 3 Power Unit per tutta la stagione, si arriverà prima o poi ad una sola? Tanto vale correre con motori tradizionali a questo punto visto che l’affidabilità dovrà essere vicina a quella di una vettura di serie minore, e cosa farà la Honda ad esempio che ancora oggi fatica a finire delle gare? Il tutto nel nome del risparmio dei costi, una motivazione assurda che sta uccidendo questo sport; sarebbe infatti interessante conoscere gli investimenti dei Team per i super computer, per i rulli AVL e quanto necessario a ‘risparmiare’ i costi della partecipazione ad un Campionato che è diventato molto più caro di quando si facevano i test in pista…

Marco Asfalto

 

 

 

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