Formula 1 – Nel braccio di ferro tra la città di San Paolo e i proprietari della F1, lo storico circuito brasiliano potrebbe non ospitare mai più una gara ufficiale del campionato

Da San Paolo a Rio de Janeiro

La scorsa settimana è arrivato l’annuncio ufficiale: addio al GP di Interlagos, il Brasile avrà un nuovo circuito a Rio de Janeiro che ospiterà le future tappe ufficiali del campionato mondiale di Formula 1 in Sud America.  Il circus torna a Rio, dunque, città che aveva già visto disputare gare della massima serie automobilistica tra il 1978 e il 1989, nel vecchio circuito intitolato a Nelson Piquet, demolito in occasione della costruzione del villaggio olimpico per i Giochi di Rio del 2016. Quindi, la carnevalesca città carioca attualmente non dispone di un circuito, che dovrebbe essere costruito da zero.

Secondo The Paddock Magazine, Chase Carey, presidente del Gruppo F1 di proprietà di Liberty Media, avrebbe già un accordo con il consorzio di investitori Rio Motorsports, capeggiato da JR Pereira, per la costruzione del nuovo circuito, la cui progettazione sarebbe affidata al solito Hermann Tilke. Pereira, a sua volta, avrebbe già definito, con il benestare dell’amministrazione cittadina, sia la località designata che le questioni di tipo burocratico ed economico. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’area prescelta sarebbe la foresta di Camboatà, a un’ora a Nord dal centro della città, un’area verde che sarebbe stata ceduta dall’esercito brasiliano a Rio Motorsports. Le operazioni di costruzione prevedrebbero il disboscamento di 200 000 alberi e, nonostante la società costruttrice abbia garantito che ne verranno piantati altri 700 000 in compensazione, l’opinione pubblica ha già cominciato la sua opera di protesta facendo circolare una petizione per la preservazione della flora e fauna dell’area. Inoltre, secondo il Telegraph, si attende ancora il via libera della Commissione Statale di Controllo Ambientale, che ad oggi rimane l’unico vero ostacolo all’avvio dei lavori. Per quanto riguarda, invece, le questioni economiche, i lavori di costruzione verrebbero affidati alla spagnola Acciona SA e Rio Motorsports si farebbe carico di tutti i costi, senza finanziamenti da parte del governo brasiliano, che però sarebbe disposto ad aiutare il consorzio di Pereira offrendo incentivi fiscali per 72 milioni di dollari, a patto che questi servano a coprire le quote di partecipazione e non i costi di costruzione. Dopo di ché, a Rio Motorsports verrebbero ceduti, dietro pagamento di una cifra ingente la cui entità non è stata resa pubblica, i diritti TV di tutti i contenuti, ma Liberty Media si riserverebbe il diritto di commercializzare la sua piattaforma F1TV OTT, nota con il nome di F1TV PRO, che, a differenza della versione Access, permette di vedere tutte le gare e le qualifiche in diretta e una gamma di contenuti extra. Insomma, sul fronte del broadcast, Liberty diventa concorrente a tutti gli effetti di Rio Motorsports.

 

 

Interlagos e l’accordo mancato

E Interlagos? Lo storico circuito sembrerebbe tagliato fuori dai giochi senza neanche aver avuto la possibilità di reclamare. A nulla sono servite le minacce di cause legali nei confronti di Liberty dopo la scelta di quest’ultima di non far disputare il Gran Premio del Brasile di quest’anno a causa della situazione Covid, scelta non condivisa da Tamas Rohnoyi, direttore del circuito, secondo cui non c’erano i presupposti per una misura così drastica. Insomma, sembra che dietro la rabbia di Rohonyi si nasconda il sospetto che i motivi della cancellazione siano altri rispetto a quelli dichiarati ufficialmente. Infatti, sembra che Chase Carey non avesse mai gradito l’accordo stipulato tra il precedente patron della Formula 1 Bernie Ecclestone e l’amministrazione della città di San Paolo, proprietaria di Interlagos, che permetteva al circuito brasiliano di ospitare una gara del campionato nelle stagioni 2018, 2019 e 2020 pur senza il pagamento della quota di partecipazione. Perché Ecclestone avrebbe acconsentito a delle condizioni così sfavorevoli? Sempre secondo The Paddock Magazine, alla base di questa decisione ci sarebbe stato un conflitto d’interessi. Ecclestone all’epoca viveva nella sua piantagione di caffè brasiliana con la compagna Fabiana Flosi, vice presidente del dipartimento Marketing del GP del Brasile; inoltre, voleva acquistare il circuito di Interlagos dalla città di San Paolo. Ma alla fine le due parti non si sono accordate e il circuito non è stato ceduto. Carey, che all’epoca dell’acquisizione della Formula 1 nel 2016 non era a conoscenza di queste clausole rimaste segrete (le stesse condizioni si applicano a Monaco), non ha gradito questo risvolto e ha cominciato a cercare alternative per evitare di avere in calendario un circuito “insolvente”. Perciò, approfittando della scadenza del contratto di Interlagos alla fine di quest’anno e della disponibilità di Rio Motorsports, Liberty Media non ha dovuto struggersi per dire addio allo storico circuito intitolato a José Carlos Pace. Inoltre, la “vistosa” e carnevalesca città di Rio è in linea con la visione dei proprietari di voler portare il circus in luoghi (e circuiti) appariscenti e di interesse economico e turistico, anche a discapito della qualità delle gare. Non a caso, la progettazione del nuovo Rio Motorpark sarà affidata, come detto, all’architetto Hermann Tilke, di sicuro non il più amato dagli appassionati dello sport, in quanto autore di diversi circuiti moderni esteticamente impeccabili, ma rivedibili a livello tecnico e sportivo (Abu Dhabi per citarne uno).

Certo, la proprietà americana dovrebbe considerare che è più facile attirare spettatori tramite la qualità della competizione piuttosto che attraverso l’appariscenza dei circuiti. Ma con un contratto che garantirà milioni in diritti TV e quote di partecipazione, forse i tifosi possono anche passare in secondo piano.

A proposito dell'autore

Laureato in Traduzione Specialistica, sono appassionato di Formula 1 e di tutto il mondo che le gravita intorno, soprattutto mi affascina l'aspetto umano di una competizione che porta l'uomo e la macchina agli estremi più assoluti delle loro possibilità.

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