Red Bull e la casa giapponese hanno ristabilito un rapporto molto stretto dopo l’annuncio dell’addio alla F1 di Honda nel 2020.

Quando, a metà 2018, Red Bull annunciò la fine del travagliato rapporto con Renault e l’inizio della collaborazione con Honda, in pochi avevano preannunciato il successo che questa partnership avrebbe riscosso nelle successive stagioni di F1. La casa giapponese, d’altronde, veniva da tre anni di cocenti umiliazioni dopo il ritorno nel circus con McLaren, non esente da colpe per il fallimento del progetto, e da una metà stagione non esaltante con Toro Rosso, usata come laboratorio in vista di una possibile avventura con il team di Milton Keynes. Dal 2019, tuttavia, la scuderia di Milton Keynes ha ottenuto grazie al supporto dei giapponesi risultati sempre migliori in pista, nonostante non siano mancati momenti complessi lontano dai circuiti.

Credit: @HondaRacingF1

Il primo anno va forse oltre le migliori aspettative: contro una Mercedes e una Ferrari più competitive, Red Bull ottiene una pole position e tre vittorie con Max Verstappen, rompendo in Austria un digiuno di successi che per Honda durava da tredici anni. Le emozionanti immagini della commozione degli uomini della casa di Sakura sotto il podio di Spielberg rappresentano un momento fondamentale nella storia della F1 moderna: un marchio storico del circus, dopo anni di mortificazioni e di investimenti andati in fumo, era tornato in vetta e aveva al suo fianco una scuderia di altissimo livello. Poi, però, è arrivato il 2020. Contrariamente a quanto accaduto ad altre scuderie, la pandemia non ha messo in difficoltà la Red Bull dal punto di vista economico e finanziario, ma i risultati ristagnanti e l’annuncio del ritiro dalla F1 di Honda a fine 2021 hanno scombinato la pianificazione del prossimo futuro.

Al tempo, le ragioni del benservito della casa giapponese alla F1, ossia la volontà di incanalare le risorse economiche e umane verso l’elettrificazione, non convinsero gli appassionati, e alla luce del dietrofront dell’ultimo anno e mezzo risultano ancora più incomprensibili. Più di due anni dopo, sembra chiaro che Honda abbia colto la palla al balzo per contenere le spese dopo una stagione, il 2020, in cui i miglioramenti sperati a livello tecnico e di risultati non sono arrivati. L’annuncio dei giapponesi lascia il team di Milton Keynes in una situazione disperata, dalla quale riesce ad uscire grazie al grande acume politico del suo management e agli investimenti di Dietrich Mateschitz. Senza il congelamento dei motori ad inizio 2022, ossia poco dopo la fine del rapporto con Honda, e la fondazione del reparto Powertrains, Red Bull sarebbe sicuramente rimasta indietro rispetto ai concorrenti.

Dopo aver ottenuto questi due successi, Red Bull ha potuto continuare a concentrarsi sul progetto RB16B, che ha portato Max Verstappen alla conquista del primo titolo mondiale. La vittoria del Campionato Piloti, tuttavia, non sarebbe stata possibile senza l’incredibile lavoro di Honda: come ultimo omaggio al team anglo-austriaco e alla F1, la casa giapponese ha infatti anticipato gli sviluppi programmati per gli anni successivi, realizzando una Power Unit leggera, compatta, affidabile e potente. Nell’arco della stagione, il team di Milton Keynes ha poi finalizzato un accordo che si sarebbe rivelato molto vantaggioso: RBPT, operativa a partire dal 2023, avrebbe ereditato la proprietà intellettuale di Honda, la quale tuttavia, nel 2022, avrebbe aiutato il team anglo-austriaco nella transizione da cliente a motorista occupandosi della progettazione, della produzione e dell’assemblaggio del propulsore.

Foto: Alessandro Martellotta per newsf1.it

In realtà, il successo riscosso nel 2021 a livello d’immagine e di risultati porta Honda a tornare indietro sulle sue decisioni, incrementando progressivamente il suo impegno in F1 a partire da inizio 2022, anno in cui avrebbe dovuto lasciare definitivamente il circus. Nel gennaio 2022, infatti, Helmut Marko rivela che Honda continuerà a realizzare in Giappone i motori per il team anglo-austriaco e per la AlphaTauri fino al 2025, permettendo a RBPT di concentrarsi sul progetto Power Unit del 2026, anno della prossima rivoluzione regolamentare della F1. Negli ultimi mesi, sull’onda del dominio della scuderia di Milton Keynes, gli annunci di ampiamenti della partnership si sono moltiplicati: dalle nuove attività di marketing alla collaborazione tra i due Junior Team, si è giunti fino al ritorno, dopo pochi mesi di assenza, del marchio Honda sulla RB18 a partire dal GP del Giappone del 2022.

Nel 2023 questa strana e disorientante collaborazione raggiungerà un nuovo livello: le Power Unit di Red Bull e AlphaTauri, realizzate in toto dalla casa giapponese, porteranno la denominazione ‘Honda RBPT‘ dopo che la scorsa stagione i due team sono scesi in pista con propulsori ‘RBPT’. La storia della scuderia di Milton Keynes e della casa di Sakura è dunque un continuo tira e molla, in cui i giapponesi si sono dimostrati poco lungimiranti all’epoca del ritiro, del quale Honda, per la felicità di Red Bull, si è chiaramente pentita. E non è detto che tutto finisca nel 2025: la casa giapponese ha infatti annunciato di essersi iscritta tra i motoristi interessati a competere in F1 nel 2026, così come ha fatto RBPT. E se le due entità, visti i successi recenti, si alleassero anche in vista dei nuovi regolamenti, dato che il team anglo-austriaco cerca un partner per lavorare sulla parte ibrida?

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