Mario Isola, Responsabile F1 di Pirelli, ha ammesso che parte della colpa per i cedimenti di Baku risiede nelle simulazioni errate del fornitore italiano.

Il comunicato giunto in settimana non ha affatto placato le polemiche intorno ai cedimenti degli pneumatici Pirelli nel GP dell’Azerbaijan. La casa milanese ha rivelato che le rotture occorse sulle vetture di Lance Stroll e Max Verstappen sono state causate dalle condizioni d’utilizzo delle gomme, addossando indirettamente la colpa ai team, i quali tendono a giocare molto con la temperatura e la pressione delle coperture per ottenere vantaggi prestazionali. Perciò la FIA e il fornitore italiano hanno deciso di inasprire i controlli (fin qui piuttosto superficiali) riguardo a queste condizioni d’utilizzo, inviando ai team una direttiva tecnica. Nel giovedì del GP di Francia, tuttavia, molti piloti hanno criticato la Pirelli: Verstappen ha definito “vago” il resoconto delle indagini, accusando la casa milanese di scaricare la colpa sui team; Carlos Sainz ha dichiarato che: “Gli pneumatici non dovrebbero rompersi a causa di 2 psi in più o in meno.”; infine, Sebastian Vettel si è detto: “Non fiducioso al 100% dell’integrità strutturale delle gomme”.

Sempre nella giornata di ieri è tuttavia arrivata la risposta di Mario Isola, Responsabile F1 di Pirelli, che ha voluto chiarire molti aspetti tecnici e regolamentari legati alla questione: “A Baku…” – ha detto Isola, citato da Autosport “…è semplicemente accaduto che le condizioni d’utilizzo stimate si sono rivelate diverse da quelle reali, e ciò ha provocato la rottura. Quando le gomme devono sopportare molta energia con una pressione inferiore rispetto alle previsioni, il risultato è la presenza di onde stazionarie sulla spalla dello pneumatico. Queste onde sottopongono la spalla interna a forze molto grandi e, ad un certo punto, la gomma cede. In Azerbaijan si è presentata questa situazione”.

“I team non sono gli unici responsabili di questi cedimenti.” – ha proseguito il Responsabile F1 del fornitore italiano – “Prima di fissare i parametri delle pressioni minime, riceviamo le simulazioni e teniamo in considerazione un margine d’errore. Le forze, la deportanza e le velocità sono simulate, perciò i loro valori non corrispondono perfettamente a ciò che riscontriamo in pista. In questo caso, abbiamo trovato alcuni parametri che non rispecchiavano esattamente ciò che abbiamo visto in pista. Assumendo di avere una certa pressione e un certo camber, noi (ovviamente con un margine d’errore) scegliamo condizioni buone per lo pneumatico, ma a Baku non abbiamo centrato le condizioni perfette. Non perché i team abbiano fatto qualcosa di irregolare, ma perché, come sempre, cercavano performance. Ciò ha creato uno scenario inaspettato: le gomme venivano utilizzate ad una pressione inferiore rispetto alle previsioni”.

Isola ha concluso specificando i termini regolamentari che riguardano la pressione degli pneumatici: “Se nei regolamenti non c’è scritto che si deve mantenere una pressione costante, non posso dire che i team abbiano violato le norme per guadagnare performance. Per essere regolari, basta che si rispettino le pressioni di partenza. Se qualcosa del genere si verificherà il prossimo anno, quando ci saranno un sensore standardizzato e una pressione obbligatoria con le 18 pollici, allora le scuderie avranno commesso un’infrazione. Per quest’anno non è così. Ogni team vuole trovare performance: nessuno è qui per farsi un giro, ma per lottare. E sappiamo che scegliere una pressione inferiore equivale a guadagnare qualcosa. Ogni volta verifichiamo i parametri d’utilizzo quando riceviamo i dati della telemetria della gara. Ovviamente ispezioniamo le gomme di tutti i team, anche per avere informazioni in ottica della gara successiva”.

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