Il GP d’Australia è stato un evento caotico ed imprevedibile, deturpato da alcune decisione errate della Direzione Gara della F1.

Ci sono Gran Premi di F1 che, nonostante i colpi di scena, i risultati imprevisti, i numerosi episodi e i tanti spunti d’interesse, lasciano l’amaro in bocca per qualche ragione. Nelle ultime stagioni questa sensazione di sconforto è diventata sempre più una ricorrenza, e spesso a generarla sono state le decisioni e gli errori della Direzione Gara. Basti pensare all’atto finale della stagione 2021, costato il posto a Michael Masi, o ai GP d’Italia e del Giappone dello scorso anno. Il terzo appuntamento del mondiale 2023, il GP d’Australia, rientra direttamente in questa categoria: la gara è stata ricca di sorprese ed argomenti di discussione, ma alla fine risulta impossibile dare un giudizio sull’aspetto che tutti cercano di apprezzare, ossia il racing, senza parlare dei disastri commessi da chi dovrebbe garantire l’integrità sportiva della categoria regina del motorsport.

Sono tanti gli elementi che hanno rovinato un Gran Premio tutto sommato piacevole, facendo cadere di nuovo la F1 nella fastidiosa e controproducente discussione sul sottile equilibrio tra sport e spettacolo, che a Melbourne sembra essere stato rotto nuovamente. Partiamo dalle basi: inserire la quarta zona DRS sul circuito di Albert Park ha annullato totalmente qualsiasi interesse nelle battaglie per la posizione, dando un vantaggio esagerato ai piloti che inseguono. Correre su un tracciato significa anche rispettarne i rischi, e permettere l’apertura dell’ala mobile tra Curva 8 e 9 ha solo facilitato un numero assurdo di sorpassi artificiali, compreso quello che ha permesso a Max Verstappen di riprendere la leadership su Lewis Hamilton. Tutto nella norma, non fosse che ciò ha creato situazioni di grosso pericolo soprattutto nelle categorie propedeutiche, dove si sono verificati numerosi incidenti ad alta velocità in quella zona del tracciato.

La domanda sorge spontanea: vale la pena alterare così le caratteristiche di un tracciato solo per gonfiare le statistiche dei sorpassi della F1? O forse sono meglio battaglie genuine come quella a distanza tra Hamilton e Alonso, manovre difficili come quella di Sainz su Gasly e duelli duri come quello tra Norris e Hulkenberg? Già lo scorso anno il tracciato australiano aveva mostrato di poter dar vita a gare esaltanti senza banalizzare in questo modo i duelli in pista, ma ancora una volta sembra che il concetto di racing di chi comanda voglia premiare la quantità sulla qualità.

Ci sono poi, ovviamente, le questioni legate alla Safety Car, alle bandiere rosse e alle ripartenze. Innanzitutto, c’è da dire che in ogni circostanza la Direzione Gara ha seguito alla lettera le procedure stabilite dal Regolamento Sportivo, quindi, dal suo punto di vista, la FIA riterrà impeccabile la gestione dell’evento. Tuttavia, alcune delle decisioni di Niels Wittich e del collegio dei commissari hanno mostrato ancor di più un approccio allo stesso tempo troppo prudente e votato allo show, con uno sdoganamento quasi inaccettabile dell’utilizzo della bandiera rossa. In questo Gran Premio sono state ben tre, un record assoluto, ma di cui non bisognerebbe andare fieri, nella storia della F1.

La prima delle tre è certamente la più inspiegabile. Se è vero che la vettura di Albon si trovava in traiettoria, è altrettanto vero che le operazioni di recupero erano già a buon punto in regime di Safety Car. Dato che le barriere in uscita di Curva 6 erano assolutamente integre, l’unica ragione valida per interrompere l’attività in pista sarebbe stata la presenza di detriti sparsi su tutto il circuito, che tuttavia sembrava pulito. La ghiaia portata in pista dalla Williams si sarebbe potuta ripulire facilmente anche utilizzando le care vecchie scope, ma la Federazione ha preferito non allungare il periodo di Safety Car, tramutandola in una bandiera rossa. Compromettendo, tra l’altro, la gara di chi aveva sfruttato la vettura di sicurezza per effettuare un cambio tattico, ossia Russell e Sainz. Piuttosto che sistemare questa insopportabile e ricorrente ingiustizia, però, negli ultimi mesi la priorità è stata chiarire che i piloti non possono guidare indossando orecchini e piercing.

La seconda bandiera rossa è ben più comprensibile sia per ragioni di sicurezza che sportive. I detriti della vettura di Magnussen erano sparsi per tutto il primo settore e, poiché mancavano pochi giri al termine, la Direzione Gara ha seguito il Regolamento ed esposto la bandiera rossa per non terminare il Gran Premio in regime di Safety Car, cosa che negli ultimi anni si è cercato di evitare. In questo caso la decisione è più che legittima, visto il precedente di Baku 2021 e quello negativo di Monza 2022. Ciò che è davvero inaccettabile è la scelta di effettuare la ripartenza con un più spettacolare standing start e non con un rolling start, più adatto viste le condizioni ambientali. La scelta del Direttore di Gara ha infatti messo in pericolo l’incolumità dei piloti e rovinato il pomeriggio delle Alpine e di Sainz.

Il Regolamento Sportivo, all’Articolo 58.11, segnala che, se la Direzione Gara lo ritiene adatto, la corsa può ripartire con una ripartenza da fermo, lasciando intendere che questa sia l’opzione preferibile. L’Articolo 58.12 sottolinea tuttavia che se le condizioni sono considerate inadatte si deve riprendere la gara con un rolling start. Wittich e il suo team hanno dunque considerato la situazione abbastanza buona per ripartire da fermi, ma questa interpretazione si è rivelata un clamoroso errore. Per tutto il weekend, infatti, le gomme hanno fatto fatica ad entrare in temperatura con poca benzina a bordo delle vetture. Inoltre, la bassa visibilità al tramonto e l’inevitabile aggressività di alcuni piloti ha portato al clamoroso ma prevedibile incidente finale.

Ai microfoni di F1TV, Verstappen ha descritto in maniera perfetta perché la decisione della FIA è stata scellerata: “Onestamente è stata una gara molto caotica, un macello. Soprattutto la seconda bandiera rossa non mi sembrava necessaria, bastava una Virtual Safety Car o al massimo una Safety Car. Dopo la bandiera rossa si è creato ancora più caos perché si torna in pista con gomme freddissime, la Safety Car va pianissimo e si arriva sulla griglia con gli pneumatici congelati. In Curva 1 tutti hanno avuto problemi, soprattutto le macchine che si trovavano nell’aria turbolenta. Nessuno si schianta di proposito, ma sono andati tutti lunghi o hanno toccato altri piloti. C’è stata molta confusione”. Sipario.

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