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F1: Come funziona la galleria del vento? E’ questa la chiave del successo Red Bull?

Ogni monoposto di Formula 1 di gran successo nasce attraverso lo studio di tante componenti diverse, una tra tutte l’aerodinamica. Per studiare i flussi aerodinamici che attraversano la superficie di un’auto da corsa i tale livello, è necessario adottare la galleria del vento.
Ogni team vittorioso, sviluppa la propria vettura, studiandone il comportamento in galleria. Ma cosa è la Galleria del vento e come funziona?
E’ lei la chiave dietro al dominio dei Red Bull in questi anni?

Come per le altre analisi tecniche, ci siamo affidati alle conoscenze dell’ingegnere Riccardo Romanelli.

La prima domanda da porre all’ingegnere è come funziona effettivamente una galleria del vento? E da quali elementi è composta?

L’ingegnere pone innanzitutto una distinzione tra due tipi di gallerie del vento diverse. La prima, quella dallo schema più semplice è detta a circuito aperto, mentre la più complicata di cui analizziamo la struttura di seguito, è detta a circuito chiuso.

La parte più importante attorno alla quale si distribuisce la struttura è la camera di prova. Questo è il punto dove viene posizionato il modello sul quale verranno effettuati i rilievi delle caratteristiche aerodinamiche. Affianco a questa si affaccia spesso la camera di controllo, dove vengono monitorati i dati dai tecnici.

Il modello di auto per il test, in scala ridotta rispetto a quello reale, è fermo e viene attraversato dal flusso d’aria, a differenza di quanto accade nella realtà dove è questo a muoversi nell’aria calma.
Il flusso d’aria generato dalle eliche poste davanti al modello, deve muoversi ad una velocità e una distribuzione costante. Il flusso investe il modello generando forze e momenti misurati dagli ingegneri.

Proseguendo il suo percorso il flusso d’aria giunge al primo gomito dove dovrà effettuare una curva di 90° gradi mantenendo invariati i valori di velocità e costanza. Per far sì che ciò accada, all’interno dei quattro gomiti che compongono la struttura rettangolare della galleria, sono contenuti i turning vanes, alette che permettono all’aria di girare in modo uniforme ed ordinato. Il flusso sorpassa i primi due gomiti, arrivando ora ad una zona dove questo riceve energia da una girante multi-pala mossa da un motore elettrico. A valle della girante vi sono dei raddrizzatori che svolgono la medesima funzione dei turning vanes, cioè stabilizzare l’aria passata attraverso le pale. Il flusso aerodinamico continua il suo percorso attraversando gli altri due gomiti opposti e addentrandosi in una delle aree fondamentali della struttura.

La forma della struttura va man mano ad allargarsi come mostrato in pianta e perciò ad aumentare la pressione dell’aria e diminuire la sua velocità, la presenza della girante serve proprio a restituire velocità al flusso. Quest’ultimo giunge dunque con velocità elevata attraverso una rete di schermi e di celle a nido d’ape che hanno lo scopo di spezzettare il flusso con turbolenze sempre più piccole, imboccando una parte importante detta convergente.
il convergente genera l’accelerazione del flusso fino a giungere la velocità che si vuole esercitare sul modello, chiudendo così il giro e il ciclo chiuso della galleria.

Il modello da test

La galleria del vento poggia su due concetti fondamentali, il primo è il principio della relatività o del moto relativo e il secondo il principio della similitudine. Come detto in precedenza, il primo principio, dipende dal fatto che il modello del test non si muove nell’aria ferma, ma sono i flussi aerodinamici ad investirlo. il secondo principio invece riguarda le dimensioni ridotte in scala del modello, che però devono rappresentare le condizioni più simili possibili alla realtà per ritenere attendibili i dati rilevati. Sempre parlando di similitudine, un parametro fondamentale da far risultare nel rilievo dati è il numero di Reynolds.

Romanelli ora si addentra nella spiegazione di ciò che effettivamente accade al modello una volta situato all’interno della camera di prova.
La vettura avanza rispetto al terreno stradale ed è investita dal flusso che genera il cosiddetto strato limite e il conseguente volume attorno al modello. Se il pavimento sul quale la vettura poggia, dovesse esser fisso i flussi si distribuirebbero in maniera differente da quanto accade nella realtà. Per ovviare al problema, il fondo è costituito da un tappeto mobile in movimento simile ad un tapis roulant che ricrea la circostanza nella quale una vettura scorre con le ruote sull’asfalto.

Il modello della vettura in esame, è sostenuto dall’alto da un pilone che ha anche la funzione di regolare l’altezza della vettura da terra e anche la direzione nella quale incontra il flusso aerodinamico.
Le ruote sono collegate a sostegni che sorgono appena a margine del tappeto rotante che servono a misurare la resistenza di queste, evitando che gli attriti e le forze si ripercuotano sul modello in sé. Nel corso degli anni, i bracci di sostegno delle ruote sono stati rimossi così da rendere una maggiore fedeltà di ciò che accade all’interno dei cestelli del mozzo e del sistema frenante, che di contro però comporta una maggiore difficoltà realizzativa del modello.

Le gallerie del vento di Formula 1 oggi

La fedeltà dei modelli utilizzati nelle gallerie del vento dei team di Formula 1 è molto elevato. Inoltre è composto da tante piccole parti disassemblabili, così da permettere di interscambiare diverse appendici aerodinamiche per testare differenti soluzioni, tra cui gli aggiornamenti che i team porteranno nel corso della stagione.

Nella formula 1 attuale la scala del modello è limitata al 60% della dimensione effettiva e la velocità massima per il test è di 180 chilometri orari.
Riprendendo il numero di Reynolds l’ingegnere, ci spiega che questo può essere applicato per misurare il flusso, se laminare o turbolento e nel rapporto dei modelli in scala, anche questo risulta diverso dalla realtà e quindi necessita di essere adattato.
Le limitazioni di velocità e scala alle quali va adeguato il modello di una monoposto, possono talvolta rappresentare un problema nella simulazione di certi effetti che accadono nella realtà. Un esempio di quanto appena asserito è il Porpoising, l’effetto di saltellamento alle quali le prime monoposto del 2022 ad effetto suolo erano soggette. Questo effetto non è registrabile a causa delle velocità massime e al rapporto del numero di Reynolds, ben inferiori alla realtà.

La galleria del vento oggi ricopre ancora un ruolo fondamentale?

L’ingegner Romanelli risponde a questa domanda affermativamente, spiegando che per i team di Formula 1 che lavorano molto con i computer e le simulazioni dei modelli digitali, è necessario sviluppare questi sulla base di un campione fisico.

Nei test pre-stagionali, le monoposto di F1 scendono in pista con i noti rastrelli e gli annessi sensori che rilevano i dati dei flussi aerodinamici. Questi rastrelli sono fondamentali per verificare quanto appreso in galleria e riportare il tutto sui modelli CFD che sono sistemi di equazioni matematiche atte a descrivere il comportamento dei fluidi in movimento.

Ringraziamo come sempre Riccardo Romanelli per essersi prestato a questa importante spiegazione, grazie alle sue diffuse conoscenze nel campo ingegneristico. Vi rimandiamo al video YouTube dal quale l’articolo è stato estratto, ricordandovi gli appuntamenti settimanali di Race tech e quindi analisi tecniche con i nostri ospiti.

Andrea Bortolotti

Grande appassionato di Motori e in particolare di Formula1, cerco di trasmettere le emozioni che questo mondo mi regala attraverso la scrittura. Studio Scienze della comunicazione e ho scritto per due blog e per una testata online di Torino.

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