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F1 – Il Gran Premio del Qatar ci lascia in eredità non solo il verdetto della pista, ma una delle pagine più brutte della stagione per quanto riguarda il comportamento del fandom e le dichiarazioni politiche nel paddock. Al centro della tempesta c’è Andrea Kimi Antonelli, vittima di un attacco social coordinato e vergognoso, e le parole “mistificatorie” arrivate da casa Red Bull.
L’accusa assurda e l’odio social
Tutto nasce da una teoria del complotto priva di fondamento: l’idea che il giovane talento italiano non abbia agevolato il sorpasso di Lando Norris nelle fasi finali, o peggio, che lo abbia ostacolato volontariamente. Una narrazione spinta da una certa frangia di “tifosi” tossici e amplificata da dichiarazioni irresponsabili.
Come sottolineato nella nostra ultima analisi su NewsF1, Kimi Antonelli ha ricevuto migliaia di messaggi di odio, minacce e insulti. La sua reazione – togliere l’immagine del profilo Instagram lasciando uno sfondo nero – è un grido silenzioso che deve far riflettere tutto il mondo del Motorsport. Non è accettabile che un ragazzo di 19 anni, colpevole solo di aver fatto la sua gara, venga trattato come un criminale sportivo.

Helmut Marko e la benzina sul fuoco
A peggiorare la situazione ci ha pensato Helmut Marko. Le dichiarazioni del consulente Red Bull, che ha alluso a giochi di squadra Mercedes contro la McLaren, sono state definite dalla nostra redazione come “mistificatorie”. In un’epoca in cui i social sono una polveriera, figure di tale rilievo dovrebbero mostrare responsabilità. Invece, si è scelto ancora una volta il rage baiting, l’arte di provocare rabbia per destabilizzare l’ambiente.
Fortunatamente, anche Giampiero Lambiase (ingegnere di Verstappen) si è scusato con Toto Wolff per le comunicazioni radio a caldo, ammettendo di non aver visto il replay dell’errore di Kimi.
La difesa “paterna” di Toto Wolff
In questo scenario desolante, emerge la figura di Toto Wolff. Il Team Principal Mercedes ha difeso il suo pupillo con la fermezza di un padre e la lucidità di un manager, definendo “decerebrati” coloro che credono a certe teorie cospirazioniste.
La FIA sta monitorando la situazione e la Mercedes ha già segnalato gli account più violenti. Ma serve un cambio di passo culturale: il nuovo fandom della F1, spesso figlio delle drammatizzazioni televisive, deve imparare che il rispetto per chi rischia la vita a 300 km/h viene prima di qualsiasi tifo. Kimi Antonelli è un patrimonio del nostro sport, e come tale va tutelato, non massacrato.
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