La Ferrari fu la prima scuderia di F1 a seguire l’esempio della Renault nella costruzione di un motore turbo negli anni ’80. L’ingegner Forghieri, capo indiscusso dell’ufficio tecnico Ferrari in quel periodo, e il suo gruppo riuscirono a costruire in 6 mesi un motore turbocompresso a 6 cilindri disposti a V di 120° di 1500 cm³ di cilindrata. La scelta cadde su questo grado di frazionamento della cilindrata (250 cm³, cioè un quarto di litro per ogni cilindro) e sulla relativa disposizione geometrica delle bancate di cilindri a V di 120°. Ciò consentì un punto d’incontro fra le due opposte tendenze:

  1. Conservazione di un basso baricentro del corpo motore (il limite massimo era rappresentato dal famoso motore boxer Ferrari a 12 cilindri a V a 180°)
  2. Predisposizione ottimale degli spazi geometrici intorno e sotto il motore atti a ottenere il miglior effetto suolo con le canalizzazioni (effetto tubo di Venturi).

Questo motore fu chiamato con la sigla 126 C dove:

a) il numero 12 indicava le decine di gradi (quindi 120°) dell’angolo compreso fra i cilindri

b) il numero 6 indicava il numero dei cilindri

c)la lettera “C” indicava che il motore era sovralimentato con compressore

Figura 1 il motore F1 turbo Ferrari 126 C del 1981

 

Le caratteristiche di tale motore erano;

  • cilindrata                1496     cm³
  • numero di cilindri        6
  • disposizione       V a 120°
  • alesaggio (d )           81      mm
  • corsa (c )           48,4   mm
  • rapporto caratteristico corsa/diametro 0,6
  • potenza Max                      660   Cv
  • numero di giri Max 11000    giri/minuto
  • turbocompressore 2 (uno per bancata) a chiocciola fissa della KKK con 140.000 giri/minuto della turbina
  • pressione di alimentazione    1,8 bar
  • coppa Max                     40,1 kgm  a  9000  giri/minuto
  • rapporto di compressione    6,5 : 1
  • distribuzione        4 valvole per cilindro con 4 alberi a camme in testa
  • alimentazione sovralimentato ad iniezione meccanica indiretta Lucas

Questo motore V6 era costituito da:

  • monoblocco compatto in lega d’alluminio (mentre Renault come abbiamo visto aveva il monoblocco in ghisa speciale in quanto Renault riteneva che il monoblocco d’alluminio non avesse la necessaria rigidezza strutturale)
  • 2 testate in lega leggera con doppio albero a camme comandato da ingranaggi
  • 4 valvole per cilindro, 2 di aspirazione 2 di scarico
  • camera di combustione quasi piatta
  • basso rapporto di compressione  (6,5 : 1 ) a causa della sovralimentazione
  • rapporto caratteristico corsa / alesaggio = 0,6 decisamente basso. Questo basso valore consentiva di abbassare il valore dell’accelerazione del pistone con riduzione delle forze d’inerzia associate.

Venne scelta la soluzione 6 cilindri a V a 120° fra loro, perché questo permise una costruzione semplice ed economica dell’albero a gomiti in quanto composto da solo 3 manovelle. Infatti le teste delle bielle dei cilindri adiacenti ad ogni bancata venivano applicate, a due a due, ad uno stesso bottone di manovella. In tal modo l’albero a gomiti era costituito da soli 3 gomiti a 120° l’uno dall’altro ( vedi fig.2 )

Figura 2 le tre coppie di cilindri a V con angolo di 120°

L’albero a gomiti risultava più corto perché costituito da sole 3 manovelle, di conseguenza anche il motore risultava più corto. Anche il rendimento totale del ciclo Otto veniva massimizzato grazie all’ordine di scoppio che avveniva ogni 120° di rotazione dell’albero motore.

Questa soluzione produceva tuttavia vibrazioni molto pericolose per la resistenza del materiale, le cosiddette forze d’inerzia alternate del 1° ordine prodotte dalle masse degli elementi in moto alternativo (nel capitolo tecnico dedicato vedremo in dettaglio la genesi delle forze d’inerzia alternate e come vengono equilibrate).

A causa di questi fenomeni l’albero a gomiti del motore turbo 126C fu equipaggiato con contralberi di equilibratura per evitare rotture, ma con un relativo aumento di peso.

Per l’impianto di sovralimentazione, poiché si era capito che la potenza erogata

era legata quasi unicamente alla pressione di sovralimentazione, la Ferrari decise di sperimentare l’utilizzo dei 2 turbo compressori e in alternativa l’utilizzo di un compressore volumetrico (detto Comprex e progettato dalla Brown Boveri).

Come vedremo nei prossimi capitoli la differenza tra i due sistemi di sovralimentazione è sostanziale.

Il turbocompressore era, ed è tutt’oggi, costituto dalla girante del compressore calettata sull’alberino della turbina azionata dai gas di scarico,gas che comunque sarebbero andati persi. Il compressore volumetrico sviluppato dalla Brown Boveri si basava sulle onde di propagazione dei gas di scarico e il loro salto di temperatura. Il compressore, per comprimere l’aria da inviare alla camera di combustione, veniva fatto girare da una cinghia di trasmissione collegata all’albero motore generando così una dissipazione di potenza del motore stesso. Quest’ultimo sistema fornì al banco prova delle officine di Maranello risultati superiori in termini di potenza (arrivò oltre i 600 CV) rispetto al sistema con turbocompressore, ma alla prima vera uscita, il Gran Premio di Long Beach del 1981, si dimostrò inaffidabile a causa dei continui cedimenti della cinghia che lo azionava nonostante un regime di soli 13.500 giri/minuto,(quindi di poco superiore a quello dell’albero motore) contro i 140.000 giri/minuto delle giranti del turbo. Dopo questa esperienza negativa negli USA non è stato mai più montato un Comprex sulla Ferrari. Venne scelto definitivamente di dotare il motore di 2 turbocompressori (uno per ogni bancata) che sebbene avessero un’inerzia più elevata e creassero problemi di turbo-lag (ritardo nella risposta) garantivano 2 cose importanti:

  • una potenza molto elevata distribuita in un arco di giri molto più ampio
  • un’affidabilità maggiore

Da un punto di vista architettonico, la soluzione con angolo di bancata di 120° permise il posizionamento dei collettori di scarico e le turbine KKK all’interno delle bancate, mentre i collettori di aspirazione risultavano all’esterno. Con gli scarichi all’interno del V e la posizione rialzata e ben esposta al flusso d’aria delle 2 turbine KKK, e con la valvola di sovralimentazione “waste-gate” sullo stesso asse, l’alimentazione fu realizzata mediante pompa ad iniezione indiretta Lucas e l’accensione mediante una sofisticata apparecchiatura elettronica della Marelli. La Ferrari iniziò, per prima fra tutto il circus della F1, su questo motore turbo la sperimentazione del controllo elettronico dell’alimentazione. Il controllo dell’iniezione, sempre costituito da una pompa Lucas-Ferrari, permise dosaggi di carburanti molto precisi e regolati da 4 parametri quali:

  1. pressione di sovralimentazione
  2. regime di rotazione
  3. posizione della valvola a farfalla
  4. temperatura

 

La Ferrari alla ricerca di potenze sempre maggiori, per contrastare il motore BMW M12/13 della Brabham (visto precedentemente), rischiava spesso la rottura dei propri motori. Riuscì a portare su questo  motore 3 innovazioni molto importanti:

  1. Iniezione d’acqua nella benzina, praticata mediante un sistema di emulsione (detta emulsystem) brevettato dall’Agip (che forniva alla Ferrari carburanti e lubrificanti) con lo scopo di abbassare le temperature al termine della fase di combustione riducendo il fenomeno di battito in testa e per migliorare il rendimento termodinamico del ciclo Otto.
  2. Sistema di iniezione di carburante anche in turbina nelle fasi inattive del motore. Tale sistema riusciva a tenere elevato il regime di rotazione delle 2 giranti e ridurre l’effetto turbo-lag.
  3. Il passaggio, nel 1984, dall’iniezione indiretta tramite pompa meccanica, al sistema con centralina elettronica ed elettroiniettori (2 per cilindro) per il controllo elettronico dell’alimentazione. Questo progetto della Weber e Magneti Marelli permetteva una regolazione più fine del rapporto stechiometrico a tutto vantaggio della potenza erogata e soprattutto dei consumi.

Ci furono vari aggiornamenti di questo motore turbo a partire dal 1981 fino al 1987 (dal 1989 la FIA decise il ritorno ai motori aspirati), con ridisegnazione delle sue parti  meccaniche con l’obiettivo di:

  • Ridurre ulteriormente le dimensioni del basamento conservando le dimensioni dell’alesaggio e della corsa
  • Rivedere l’angolo delle valvole e la geometria della camera di combustione e conseguente il rapporto di compressione
  • Abbassare il baricentro del motore di 25 mm
  • Rivedere, con l’obbiettivo di ridurre il peso, la geometria e relativa distribuzione della massa del manovellismo biella-manovella.

Alla fine di tale percorso La Ferrari  ottenne :

  1. Una riduzione di peso del motore di 12 ÷ 14 Kg
  2. Coppia massima passata da 40,1 Kgmt a 9000 giri/minuto al nuovo valore di 45 Kgmt a 7500 giri/minuto
  3. Potenza massima passata da 580 Cv a 11.000 giri/minuto al valore massimo di 660 Cv a 11.000 giri/minuto con 2 atm. di pressione del turbo.

Concludendo il motore turbo Ferrari 126 C (e le sue release)consegui’ 9 vittorie nei Gran Premi disputati.

Il pilota più famoso fu Gilles Villeneuve . Ricordiamo le sue storiche vittorie a Montecarlo e a Jarama (Spagna) nel 1981.

L’8 maggio del 1982 durante le prove a Zolder (Olanda) purtroppo Gilles Villeneuve perse la vita dopo un pauroso impatto con la March di Jochen Mass.

Ing. Romano Venturi docente di Meccanica e Tecnologie al Ch. Lindbergh Institute di Firenze

 

Per chiarimenti :

e-mail :  venturi.romano mail.com

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