Gli stati d’animo di chi giunge a Montreal sono differenti. C’è chi vi arriva galvanizzato da Montecarlo come Hamilton, chi ha una fame di rivincita quasi rabbiosa (vedi Ricciardo), chi vuole dimostrarsi ancora uomo da vertice (Verstappen, ripetutamente a muro nel principato), chi invece è in cerca di conferme e di ritrovarsi come leader, come Rosberg.
C’è poi chi arriva in Canada con un carico di incertezze, domande e un sacco di dubbi.
In questa categoria troviamo la Ferrari, squadra di vertice dal blasone decandete e dal fascino quasi appannato, preda delle facili ambizioni dei team definiti fino a qualche gara fa di seconda fascia che ora invece seguono da vicino e puntano al risultato di grido. I problemi della macchina non sono in realtà neanche più un segreto: la difficoltà di far lavorare con efficienza gomme, sospensioni e telaio per generare carico e trazione è stata ormai riconosciuta apertamente e pubblicamente discussa e analizzata. Quel che stupisce è che tecnici e ingegneri non riescano a trovare il bandolo della matassa, rimanendo invece in balia di piccole variabili (come un lieve aumento della temperatura) capaci di vanificare in un attimo il lavoro di un intero weekend.
Il problema rimane la qualifica; contro questa Mercedes (ma anche una Red Bull in decisa crescita) bisogna puntare alla prima fila, pena gare in rincorsa e partenze a centro gruppo correndo i rischi del caso.
A Montreal la Ferrari arriva con novità alla power unit annunciate come gratis che rischiano invece di costare 3 dei rimanenti 6 tokens di sviluppo motore se la FIA non giudicherà le modifiche una questione di affidabilità. L’upgrade della turbina porterà qualche cavallo in più che sul circuito Gilles Villeneuve non può che far comodo vista la natura della pista fatta di lunghi rettilinei e alte velocità di punta. Un tracciato da basso carico quello di Montreal, ricco di frenate intense e curve lente (importante dunque la trazione, tallone d’Achille della Ferrari attuale), che mette a durissima prova i freni ed è severa sulle gomme. La Pirelli qui replica le scelte fatte per Montecarlo portando Soft, Super e Ultrasoft che faranno il loro esordio su una pista davvero veloce. Data la natura del circuito, cittadino e semi-permanente, l’asfalto presenta una scarsa aderenza, fattori che rendono la pista quantomai insidiosa vista la vicinanza dei muri ad ogni curva.
Il muro dei campioni è infatti lì in attesa del primo che inevitabilmente ci capiterà contro. Non è un caso che nel corso degli anni tutti i più forti ci siano incappati: da Schumacher (che qui ha comunque vinto 7 volte) a Demon Hill, da Jacques Villeneuve a Vettel solo per citarne alcuni; ma il Gran Premio del Canada è stato però anche vetrina in cui grandi campioni attuali come Hamilton, Kubica, Ricciardo sono riusciti a raccogliere le loro prime vittorie in Formula 1.
La location è unica: una pista su un’isola in mezzo ad un fiume nel cuore di una città. Il tracciato sull’isola di Notre Dame regala sempre spettacolo e gare pazze e imprevedibili; chi non ricorda le 4 ore del 2011 con la vittoria di Button?
Appuntamento a partire da giovedì con il nostro inviato @stefanodenicolo per le prime interviste e le news da Montreal per un weekend ricco di spunti di riflessioni e attese.
Di Stefano De Nicolo’