Quando nel 2014 i regolamenti sono stati rivisti, i progettisti si sono ritrovati con una terribile carenza di carico ed hanno cercato in tutti modi di trovare escamotage per ottenere deportanza.
Una zona della vettura non regolamentata, cioè sopra lo scarico e sotto l’ala principale è diventata quindi la zona perfetta dove inserire un “mini” alettone in grado di generare un pò di carico, una quantità talmente ridotta che la soluzione è stata sistematicamente abbandonata e recuperata dai vari team.
Oggi il monkey seat fa parte di quei dispositivi aereodinamici che saltano fuori o vengono messi via in base alla configurazione del tracciato. Alto carico, viene installato il monkey seat, basso carico, viene rimosso.
Negli ultimissimi anni, oltre all’andamento dei flussi aereodinamici è oggetto di studio la loro temperatura. In base infatti al numero di Reynolds (parametro tecnico che , semplificando molto, dipende dalla temperatura) l’aria si comporta in maniera molto diversa. Ed infatti l’ultimo doppio monkey seat Ferrari, che non assomiglia per nulla ad un’ala ma sembra piuttosto una parte di imbuto, serve principalmente a guidare verso l’alto l’aria calda proveniente dallo scarico, in maniera da energizzare il flusso in uscita dall’ala posteriore. Bisogna infatti pensare che l’aria e gli effetti aereodinamici non finiscono dove finisce la carrozzeria ma , in un flusso a velocità inferiore di quella del suono (ed ancora le F1 non superano la barriera del suono) ciò che accade a valle influenza ciò che accade a monte.
Il doppio pilone Ferrari, bocciato da molti pseudo esperti alle prime immagini della rossa, sicuramente aiuta notevolmente a guidare i flussi in questa zona delicata.
Ing. Werner Quevedo Twitter
Disegno Salvatore Asero