Il maltempo che ha flagellato la prima settimana di test F1 2018 ha posto al centro delle discussioni la necessità dei team di “virtualizzare” sempre più le prove delle monoposto.
Col rischio di alzare sempre più i costi e allontanare la Formula 1 dalla pista e dai suoi appassionati.

Neve, pioggia, gelo. E le monoposto chiuse nei garage. Ma non immobili, almeno “virtualmente”.

Infatti, mentre a Barcellona imperversava la buriana, i team (o almeno, quelli più “economicamente dotati”) erano tutti impegnati presso le rispettive factory a simulare ai banchi dinamici, interfacciati col simulatore, il comportamento delle proprie vetture, verificando che gli esigui dati emersi dal Montmelò fossero allineati a quelli “visti” nella controparte virtuale.

Il tutto perché, per non “strozzare” i piccoli team con ulteriori spese di trasferta verso piste più calde del Medioriente, si è deciso, per regolamento, di girare solo a Barcellona e per sole 8 giornate complessive.
Senza tenere in conto le “bizzarie climatiche” di questi ultimi anni.

A questo punto, parafrasando il buon vecchio “Diogene” Antonio Lubrano, la domanda nasce spontanea: costa di più ai team dotarsi d’apparecchiature sofisticatissime per la simulazione “totale” oppure affrontare un paio di trasferte verso i “caldi lidi mediorientali” per saggiare la bontà delle proprie monoposto in pista?

A quanto dicono i diretti interessati (i team minori), sarebbe per loro “accettabile” poter limitare i costi pur sapendo che, a livello prestazionale, le proprie simulazioni non potranno mai essere all’altezza di quelle dei migliori.
Il concetto, quindi, è quello dell’ “esserci a prescindere”.
Ma questo non farà altro se non aumentare il gap tra vertice e restanti team, sempre più “comprimari”, diminuendo al contempo qualità e appetibilità dello spettacolo (perché pur sempre di sport stiamo parlando).

Pensiamo, ad esempio, al complesso e “avanguardistico” apparato simulativo utilizzato da Ferrari, composto dal simulatore (il famoso “ragno” alla guida del quale si alternano sia i piloti ufficiali sia, come in questi giorni, i test drivers Giovinazzi, Kvyat e Rigon), dal banco dinamico AVL (un “gioiello” dal costo di 40 mln di Euro), direttamente interfacciato ad esso, e dal virtual garage, con cui comunicare direttamente con i tecnici sui tracciati di gara.
Potrebbero mai team, giusto per fare due nomi, come Haas e Sauber-Alfa Romeo (per citare quelli più prossimi alla “galassia maranelliana”), permettersi un simile dispiegamento di forze (e denari)?

Il “ragno” Ferrari

Inoltre, l’allontanamento dalle piste fa sì che si crei un’ulteriore barriera nei confronti degli appassionati.
Che, oltretutto, hanno sempre più difficoltà nel fruire in tv e sui media della Formula 1 (eclatante il caso del nuovo servizio di streaming “ufficiale” a costi ragionevoli, non accessibile in certi paesi, come l’Italia, a causa dell’esclusiva delle emittenti a pagamento sul “prodotto” F1).

Liberty Media, che fra i suoi intenti ha proprio quello di ampliare il bacino d’utenza della massima formula, dovrà quindi impegnarsi molto di più se vorrà riportare davvero la F1 a misura d’appassionato

di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

 

 

 

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