BASI DI AERODINAMICA DELLE CORSE pt1

INTRODUZIONE AL 1° CAPITOLO DI “BASI DI AERODINAMICA”

Visto che molte soluzioni tecniche presentate durante i primi test 2020, quali la rastremazione delle pance laterali e l’introduzione del cucchiaio, necessitano di spiegazioni più approfondite, seguiranno due capitoli teorici sulle basi di aerodinamica. Saranno utili ad inquadrare come il flusso si comporta prima di applicare i concetti agli aspetti delle formula 1 prima elencati.

In questo modo, potremo conoscere le vere ragioni che spingono i team a costruire le macchine come visto a Barcellona e capiremo quali sono i vantaggi di certe soluzioni tecniche.

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LA FORMULA

E’ questa la formula per ottenere la portata d’aria fluente attraverso una generica sezione: nello specifico, si legge “ro” per “vi” per “esse” ed è l’equazione di partenza per scoprire l’aerodinamica delle monoposto da corsa. Ro come la densità di un fluido, V per la velocità ed S che indica la superficie attraversata dalla corrente d’aria. Quella che all’apparenza può sembrare una formula molto semplice, nasconde al suo interno una quantità immensa di significati.
Scritta così infatti, può voler dire poco, ma per chi ne comprende la matematica e i principi fisici che ne derivano, questa rivela moltissimi tra i numerosi fattori che permettono alla vetture da competizione di tutto il mondo, prime fra tutte le formula 1, di essere così veloci ed efficaci.

UN ESEMPIO

Del resto, la gestione dei flussi è uno tra gli aspetti preponderanti su una formula 1 ed effettivamente da essa derivano molti importantissimi fattori chiave come la velocità di punta (unitamente alla potenza del motore) e la tenuta in curva. Entrambe le caratteristiche citate, infatti, possono essere descritte tramite l’utilizzo di due parametri chiamati rispettivamente coefficiente di resistenza Cd, per esprimere la difficoltà del veicolo ad avanzare attraverso un fluido che genera attrito, e coefficiente di deportanza Cl, per quantificare la spinta verso il suolo che una vettura riesce a generare. Introduciamo qui una seconda formula fondamentale, che combina queste grandezze per ottenere un terzo valore definito efficienza E:

In sostanza, viene posta a confronto la capacità di generare deportanza con il valore di resistenza aerodinamica del veicolo. A livello pratico, ad esempio, un alettone poco efficiente genererà una minore spinta verso il terreno creando livelli di resistenza maggiori. Se, al contrario, la superficie deportante riuscisse a spingere la vettura al suolo ottenendo bassi livelli di resistenza, si tratterebbe allora di un elemento a più alta efficienza “E”.

Ma da quali elementi può dipendere l’efficienza di un alettone?

Per esempio dall’introduzione dei soffiaggi, dall’inclinazione rispetto al flusso d’aria, dall’inarcamento delle sue superfici o dalle sue dimensioni. Sono tanti i parametri che stabiliscono quanta resistenza e quanto carico aerodinamico possono essere generati contemporaneamente da un’ala. Comprendere come il movimento dell’insieme di molecole che circonda le monoposto possa fare la differenza, richiede una analisi più approfondita delle principali basi di aerodinamica.

Parlando di flussi e riprendendo la formula esposta precedentemente, il primo obiettivo sarà capire come operano i tre fattori che la costituiscono: densità, velocità e la superficie attraversata dalla corrente d’aria. Ecco perchè la formula introdotta all’inizio.

DESCRIZIONE DELLA FORMULA

L’equazione, che viene identificata sotto il nome di Equazione di Continuità, si presenta come l’insieme di tre elementi che collaborano per poter fornire un risultato, ovvero la portata in massa dell’aria. Questa, indicata da “ṁ”, rappresenta la quantità di aria (kg/sec) che attraversa la superficie S. Le tre componenti al suo interno sono nell’ordine: la densità del fluido, la velocità del fluido V, la superficie S.

LA SUPERFICIE

Per praticità, partiamo dalla terza grandezza: la superficie S. Si tratta di una superficie di estensione a scelta che viene attribuita alle dimensioni del tubo virtuale all’interno del quale il veicolo corre.

In breve, poiché in ingegneria è necessario poter misurare ogni quantità per ottenere dei risultati ragionevoli, le parole virtuale o immaginario alludono ad un’area di dimensioni “note” che il veicolo attraversa durante la propria corsa. Questo concetto ci permette infatti di ipotizzare la quantità di molecole d’aria in arrivo sulla vettura.

È la stessa operazione che viene svolta, per esempio, nelle gallerie del vento. Si tratta di un condotto all’interno del quale una corrente fluida scorre, spinta da grandi ventole. La sezione del tubo è conosciuta e non varia: proprio per questo è semplice da usare da parte dei tecnici. Conoscendo la velocità dell’aria all’interno della galleria, diventa infatti semplice calcolare la quantità in massa che colpisce la vettura frontalmente. È inoltre importante scegliere le dimensioni corrette: se per esempio venisse impostata una superficie troppo estesa, il risultato fornirebbe una quantità d’aria in massa troppo elevata: per non lavorare con dimensioni di valore infinito, risulta pertanto necessario porre un limite. L’obiettivo è quello di scegliere una misura della sezione che possa ben calzare con le dimensioni del problema; nel nostro caso: un’automobile da corsa.

Si consideri lo schema precedente: non avrebbe senso impostare una dimensione del tunnel così ampia da contenere un jumbo jet perché si perderebbero di vista gli effetti più piccoli derivanti dall’interazione del flusso con le superfici del veicolo. Analogamente, non avrebbe senso ipotizzare una dimensione della galleria pari alla sezione frontale del veicolo poiché l’aria faticherebbe a scorrere, alterando i risultati. Per questo motivo vengono stabilite dimensioni adeguate di S in relazione al problema da affrontare. È cosi che la S diventa virtuale o “a scelta”.

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LA VELOCITA’

Passiamo ora alla grandezza V velocità, che non necessità di grandi spiegazioni: è lo spazio che il flusso percorre nell’unità di tempo, spostandosi. La velocità di una molecola di aria si misura esattamente nello stesso modo in cui si misurerebbe quella di un’automobile:

LA DENSITA’

La densità “ro” infine, è riferita all’addensamento delle particelle in un certo spazio. Si misura in kg al metro cubo e dipende da tre principali aspetti:

  • Aspetto chimico. La densità è innanzitutto influenzata dalla tipologia di molecola che compone il fluido. Per esempio, la molecola di idrogeno è certamente più leggera della molecola di ossigeno perché in quest’ultima, elettroni e protoni sono presenti in numero maggiore.
  • Aspetto ambientale. Pressione e temperatura costituiscono Il secondo e il terzo fattore che regola la densità di un gas. Queste grandezze agiscono direttamente sulla distanza tra le molecole di un fluido.

CONCLUSIONI 1°pt “BASI DI AERODINAMICA”

Presentati i tre parametri di cui sopra (superficie, velocità e densità), la formula della portata in massa d’aria comincia a mostrare i suoi primi lati nascosti. All’interno dell’equazione di continuità infatti, si celano molti parametri aggiuntivi ed è ben visibile nella descrizione del parametro densità, dipendente a sua volta da altri tre importantissimi fattori:

  • Tipologia del gas (fattore chimico)
  • Temperatura del gas (fattore ambientale)
  • Pressione del gas (fattore ambientale)

Proprio nel capitolo della teoria di Venturi, che sarà affrontato nel prossimo articolo, scopriremo molto a riguardo della formula appena descritta e vedremo quanto sarà utile per capire la pressione attorno alle auto. è questo, del resto, il nostro obiettivo: interpretare le forme delle vetture per capire esattamente come agiscono le novità introdotte dagli ingegneri durante i test e durante le gare.

A presto, quindi, con una nuova spiegazione delle basi di aerodinamica.

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Dall’ing. Alberto Aimar

 

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