Ferrari Elkann contro i Piloti . Dalla pista di Lusail arriva l’ennesima conferma di una monoposto inguidabile. Ma mentre i piloti chiedono “miracoli”, dai vertici arriva solo il vuoto.
Se c’è una parola che non dovrebbe mai essere associata alla Scuderia Ferrari, è “rassegnazione”. Eppure, guardando quanto accaduto in Qatar, la sensazione dominante è proprio quella. O peggio: l’ironia amara di chi sa che non c’è più nulla da fare.
Durante la nostra ultima live analisi, al minuto 19:25, è emersa una frase che fotografa perfettamente lo stato dell’arte a Maranello: “Serve un miracolo per guidarla”. Non è un’iperbole, è la cruda realtà tecnica di una vettura, la SF-24 (o quello che ne rimane evoluzione dopo evoluzione), che a Lusail ha mostrato tutti i suoi limiti strutturali.

Un miracolo non è una strategia
Vedere i piloti Ferrari costretti a remare contro il volante, a gestire una macchina instabile e capricciosa come se fossero su una pista di pattinaggio e non su un circuito di Formula 1, è un colpo al cuore per i tifosi.
Non stiamo parlando di limare decimi per la pole position, stiamo parlando di sopravvivenza agonistica. Quando per portare la macchina al traguardo serve un “miracolo” di sensibilità del pilota, significa che il progetto tecnico ha fallito nel suo compito primario: dare confidenza.
Il Qatar ha messo a nudo una vettura che non solo non è veloce, ma è “scorbutica”, difficile, quasi nemica di chi la guida. E mentre gli altri team (McLaren su tutti) sembrano viaggiare sui binari, la Rossa sembra un animale imbizzarrito.
Ecco la nostra analisi a caldo nel video “A Ruota Libera”:

Elkann: dove sei?
Ma se in pista serve un miracolo, ai piani alti servirebbe una presa di coscienza. E qui arriviamo al punto dolente: John Elkann.
Dov’è la proprietà? Dov’è la voce grossa che dovrebbe farsi sentire in momenti di disastro tecnico come questo?
Il silenzio della presidenza inizia a fare più rumore del V6 ibrido in rettilineo. Vedere una Ferrari così in difficoltà, così lontana non solo dalla vittoria ma dalla competitività minima, non è accettabile per la storia del marchio.
La Formula 1 non aspetta. Non aspetta i miracoli dei piloti e non aspetta i tempi biblici delle riorganizzazioni aziendali. C’è la sensazione, sempre più diffusa tra i tifosi e gli addetti ai lavori, che la Ferrari sia diventata una delle tante voci a bilancio, gestita con distacco, senza quel “fuoco” che è sempre stato il motore immobile di Maranello.
Basta sorrisi di circostanza
Non bastano più le dichiarazioni di facciata o i post sui social. Il disastro del Qatar non è un incidente di percorso, è la cartina di tornasole di una situazione che richiede interventi drastici.
Se la macchina è “inguidabile”, la colpa è dei tecnici. Ma se questa situazione si trascina, la responsabilità è di chi guida l’azienda.
Caro Presidente, i miracoli lasciamoli ai santi. Alla Ferrari servono ingegneri, visione e, soprattutto, una leadership presente. Perché i tifosi, quelli veri, di ridere (per non piangere) si sono stancati.
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