Tonde e nere: così potremmo semplicisticamente descrivere le gomme di una Formula Uno.
Ma la Ferrari potrebbe aggiungere alla lista anche un altro aggettivo: enigmatiche.
Ed è così, infatti, che da qualche anno a questa parte (nello specifico dal 2012, anno successivo a quello del discutibile allontanamento dell’ingegner Aldo Costa, ora artefice di molte “meraviglie meccanico-sospensive” delle recenti Mercedes “pigliatutto”) sembra stiano andando le cose in quel di Maranello: non si sta riuscendo a trovare la “quadra” perfetta nell’equilibrio tra sfruttamento massimo della prestazione e minore (e graduale) usura possibile degli pneumatici, “maturando”, proprio in questo particolare àmbito, buona parte del gap accusato nei confronti dei migliori rivali (prima Red Bull, oggi Mercedes).
Il recente Gp di Spagna è stato solo l’ultimo teatro di questo “dramma” sportivo, dove si sono evidenziate, in particolare nel terzo settore del tracciato, tutte le difficoltà di trazione in uscita di curva delle monoposto Rosse.
Al netto di una scelta progettuale ben precisa operata dal team coordinato da James Allison (ossia la ricerca di una minore usura gomme in modo da allungarne la vita utile), occorre capire se la Ferrari riuscirà ad imboccare la strada giusta nella risoluzione di una problematica così inficiante che, oltre a quella attuale, potrebbe condizionare pesantemente anche la stagione futura, quella dei profondi cambi tecnico-regolamentari (incluso quello sulle gomme, che avranno un battistrada allargato e nuove tipologie di carcasse e mescole).
Qualcosa è già stato “messo in cantiere” nei recenti test post-gara sul circuito del Montmelò, dove la SF16-H ha migliorato di 2 decimi il suo miglior intertempo nel terzo settore rispetto a quello delle qualifiche del Gran Premio, pur con un maggior quantitativo di carburante a bordo (va detto, però, che la temperatura dell’asfalto era in media di 5 gradi inferiore rispetto a quella registrata nel weekend di gara).
S’è cercato di lavorare principalmente sul controllo della pressione degli pneumatici in marcia, prendendo spunto dalle “trovate” di Mercedes e Red Bull che, per mezzo di un sistema ancora non ben identificato, riescono a non far innalzare (e, malevolmente, si potrebbe dire anche a tenere al di sotto del valore minimo imposto da Pirelli, riportandolo alla normalità a vettura ferma) le pressioni degli pneumatici, con un indubbio vantaggio prestazionale. Ma il “giro di vite” in merito, annunciato dallo stesso fornitore di pneumatici già a partire dal prossimo Gp di Montecarlo (attraverso un controllo in real-time per mezzo di una telemetria dedicata), potrebbe porre un limite alla percorribilità di questa via.
Quello che comunque sembra mancare al team d’ingegneri della GeS pare essere la figura di un “veicolista” di comprovata esperienza, specializzato in geometrie sospensive,
che possa far “maturare”, affiancandolo, un comunque validissimo e preparato Simone Resta che, quasi da solo, si sta “sobbarcando” tutto il peso della direzione dell’engineering della parte telaistico-meccanica.
Bisogna leggere in questa chiave il lavoro di consulenza svolto dall’ ”iridatissimo” Rory Byrne in appoggio al tecnico imolese nel corso dei mesi passati, il cui frutto è stato una nuova geometria della sospensione posteriore che ha migliorato notevolmente, seppur non eliminandolo del tutto, il “deficit” di trazione delle ultime due monoposto Ferrari.
Ma il geniale tecnico sudafricano è comunque in pensione e quindi non impegnato “a tempo pieno”: e dopo aver incassato il “no” del possibile “cavallo di ritorno” Aldo Costa, Arrivabene e Marchionne dovranno guardarsi in giro per cercare una figura adatta allo scopo.
L’ideale passo conseguente sarebbe poi quello di creare una vera e propria “academy tecnica” dove far maturare i tanti bravi ingegneri italiani appena usciti dalle nostre università, in modo da valorizzare un patrimonio tecnico fortemente presente nella Ferrari come nel nostro Paese che, per competenza e genialità, non ha nulla da invidiare rispetto a quello degli altri team di Formula 1 più blasonati.
Ma l’immediato futuro, quello del Gran Premio di Monaco di domenica prossima, è già alle porte, ed impone alla Scuderia delle soluzioni, su un circuito così critico sull’elemento trazione in uscita dalle curve lente (con preponderanza, quindi del grip meccanico rispetto a quello aerodinamico) necessarie, oltre che per tentare l’inseguimento alle Frecce d’Argento, soprattutto per rintuzzare l’attacco della Red Bull che, su una pista congeniale alle sue caratteristiche, potrebbe trovare “nuova linfa” nella Power Unit evoluta Tag-Heuer fornita da Renault, di cui i piloti, dopo la prova in pista, han detto un gran bene (4 decimi d’incremento prestazionale sulle piste più veloci), e che, affidata al talento (ed alla voglia di rivalsa, dopo la cocente delusione spagnola) di Daniel Ricciardo potrebbe far “saltare il banco” nuovamente in quel del Principato.
Perché, parafrasando un vecchio claim del “gommista” della Bicocca, la “potenza” a disposizione della Ferrari è nulla senza il “controllo”, o meglio, senza poterla “scaricare” efficacemente sull’asfalto…
Di Giuseppe Saba