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Cesare Fiorio su Binotto: ”ha dovuto imparare un lavoro non suo”

Binotto F1 Ferrari

Mattia Binotto è team principal della scuderia Ferrari da quando Maurizio Arrivabene terminó il suo incarico con la rossa. Da allora le cose non sono esattamente andate come ci si aspetterebbe dalla Scuderia Ferrari, un 2019 di alti e bassi con le vittorie a Spa, Monza e Singapore e poi due anni disastrosi che molti preferirebbero dimenticare piuttosto che ricordare. 

Nel 2022 finalmente, complice anche il grosso cambio di regolamento attuato, la Ferrari è tornata ad essere realmente competitiva in Formula 1 riuscendo a conquistare diversi successi e dimostrandosi come una delle auto più forti in griglia. Ma gli errori non sono certo mancati, e in un mondiale dove ogni singolo punto è fatale per decidere il titolo mondiale non sono ammessi errori di un certo tipo, specialmente strategici. Per questo molti sono arrivati addirittura a sostenere che Mattia Binotto sarebbe seriamente a rischio licenziamento, sebbene un cambio a metà stagione sia una scelta piuttosto inusuale.

Nonostante tutto l’ingegnere di Losanna vanta un curriculum di tutto rispetto: ingresso in Ferrari a soli 26 anni come ingegnere motorista per la squadra prove, passato un anno seguente allo stesso incarico per la squadra corse. 5 anni più tardi è diventato responsabile operativo del reparto motori e poi responsabile power unit, infine responsabile tecnico della squadra nel 2016 e nel 2019 l’approdo a team principal.

Secondo Cesare Fiorio però Binotto ricopre un incarico per cui ha dovuto imparare e che non era nemmeno nei suoi piani originali: “è un eccellente tecnico, che ha dovuto imparare un lavoro non suo. Adesso deve far ritrovare alla Ferrari lo smalto di inizio stagione dopo errori e guasti, ma per me la macchina è la migliore del campionato”.

Cogliendo poi un paragone con la gestione di Todt: “La vera intuizione di Jean Todt è stata quella di ingaggiare lo staff vincente della Benetton. Michael non ha dovuto sfidare super fenomeni e ha perso dei mondiali contro avversari normali. Quando ne è arrivato uno fortissimo, cioè Alonso, il dream team si è sciolto. Todt sarebbe poi andato alla FIA, Schumi pareva aver chiuso con la F1 ma poi tornò e fu uno sbaglio: Rosberg l’ha massacrato”.

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