Il presidente della FIA parla del suo rapporto con Michael

Tutto era cominciato a metà degli anni ‘90, precisamente nel 1996 quando Michael Schumacher e Jean Todt approdarono alla Ferrari ed iniziò un rapporto professionale che in pochi anni si trasformò in vera amicizia. Alla vigilia del cinquantesimo compleanno del Kaiser di Kerpen, il presidente della FIA ha concesso una bella intervista a “La Gazzetta dello Sport”. Todt ha parlato del rapporto che lo lega indissolubilmente a Schumacher, raccontando aneddoti e segreti dei tempi d’oro a Maranello.

”La vita è fatta di capitoli e questo discorso vale anche per la Formula 1- ha iniziato Todt-.Michael con la Ferrari ha realizzato qualcosa di incredibile, così come oggi stanno facendo la Mercedes e Hamilton. Tanto di cappello perché non è facile dominare come hanno fatto loro sino ad ora. Anche se bisogna sottolineare che, fino a Monza, la Ferrari e Vettel erano in testa ai due campionati e hanno comunque portato a termine un grande lavoro. Noto, nei confronti della Mercedes, la stessa situazione che ho già vissuto molto tempo fa. Con la gente che prima era stanca perché la Ferrari non vinceva e poi perché lo faceva sempre. Ricordo che mi fermavano per strada e dicevano:
Signor Todt quando si vince?’ Poi dal 2003 trovavo gente che confessava ‘Non guardo più i GP perché mi annoio, vince sempre Michael!’. Il GP del Giappone nel 2000 è il ricordo più bello, quando abbiamo riportato a Maranello un campionato che mancava dal 1979, da Jody Scheckter. Fu un’emozione unica salire con Schumi sul podio di Suzuka e lì gli dissi: “Ahbiamo compiuto un’impresa, ora niente sarà più come prima”. Ci sono stati anche momenti difficili, come Jerez 1997 o Silverstone 1999 dove si fratturò una gamba”.

Jean Todt ha poi spostato il discorso su alcuni retroscena relativi all’ingaggio di Michael a Maranello: “ ai tempi in Ferrari i motoristi se la prendevano col telaio, i telaisti col motore, i piloti con la macchina. Allora abbiamo deciso di ingaggiare quello che era il pilota di riferimento per toglierci almeno questa variabile. Il primo a contattare il manager di Schumacher fu Niki Lauda, che era consulente del Cavallino. Poi lo vidi io. Quindi incontrai Schumacher assieme all’avvocato della Ferrari, Henry Peter. Il vertice decisivo nella mia stanza all’Hotel de Paris di Montecarlo durò 12 ore, era fine luglio del 1995. Lì venne firmato il pre-accordo. Ogni qualvolta c’era qualche nodo da sciogliere telefonavo al presidente Luca di Montezemolo. Volevo essere sicuro di avere la possibilità di fare ciò che stavo facendo visto che la Ferrari non era di mia proprietà. Il primo ritiro nel 2006? Sono state scritte e dette un sacco di stupidaggini, come quella che io lo volessi tenere e che Montezemolo puntasse invece su Raikkonen. Nulla di vero. Michael voleva smettere forse per dare spazio a Felipe Massa, di cui aveva fiducia e per il quale nutriva simpatia. Solo allora abbiamo chiamato Kimi”.

Subito dopo si è parlato del rapporto vero e proprio tra il pluri-campione e l’ex team principal della Ferrari: “All’inizio il rapporto era solo professionale ma già nell’estate del 1996 si saldò. Ricordo che nelle prove private di Monza, quando in molti chiedevano la mia testa, disse che se fossi andato via, sarebbe venuto con me. Mi conosceva poco, ma aveva capito che eravamo sulla strada giusta. Poi io gli sono stato vicino quando lui ha avuto dei momenti difficili. E ho conosciuto meglio Corinna che a sua volta ha creato una eccellente relazione con la mia signora. Riguardo al suo compleanno, io non amo molto questo tipo di giornate. Sono fuori dall’Europa ed appena tornerò sarò pronto ad andare a trovarlo. Non voglio parlare delle sue condizioni, ma so che sta lottando e non smetterà di farlo. Ha una splendida famiglia accanto e voglio che tutto il resto rimanga dentro le mura di casa loro, trovo sia giusto così”.

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