Hamilton e la sua Mercedes imprendibili sul tracciato di Austin.
La Ferrari ci prova con Vettel ma nulla può oggi contro la Freccia d’Argento, e si consola con il doppio podio (Raikkonen 3°).
Gran gara (con squalifica finale) per Verstappen.

A un passo dall’agognato traguardo mondiale: così Hamilton festeggia l’ennesimo successo in terra americana (5° ad Austin), che lo avvicina decisivamente alla conquista del suo quarto iride (basterà un quinto posto in Messico).
Iride che, invece, la sua Mercedes raggiunge già qui negli States. Il quarto di seguito, continuando a monopolizzare l’era delle motorizzazioni ibride.

Ma qualche ombra segna questi successi (come espresso da Jaques Villeneuve su Sky a fine gara).
Il consumo d’olio additivato permesso alla Mercedes, attraverso l’utilizzo di una Power Unit non “calmierata” dalla “tagliola regolamentare” avvenuta a Monza (max 0,9 litri/100km di lubrificante ammesso), che ha colpito gli altri team, ha dato al team anglo-tedesco un vantaggio prestazionale decisivo per rintuzzare gli attacchi Ferrari.

Ferrari che oggi, con Vettel, ci aveva provato a creare qualche grattacapo alla W08 Hybrid di vertice.
Una grande partenza ed un sorpasso da urlo del tedesco (su Bottas, al giro 51), alternati a due errori topici (Sebastian non difende l’interno dall’attacco di Lewis al giro 6 e, con una leggera uscita di pista lungo il giro del pit-stop dell’inglese, perde l’ultima chance per stargli davanti), hanno comunque permesso a Vettel di raggiungere il secondo gradino del podio, affiancato da Raikkonen (oggi sul passo gara decisamente meglio del “caposquadra”, a cui cede la posizione al giro 52).

Vettel che oggi ha dovuto far fronte ad una SF70-H non perfettamente assettata (due le soste necessarie visto il consumo gomme anomalo), a causa delle Fp2 perse per via dei problemi di telaio (poi sostituito per il prosieguo del weekend).
Un telaio “usurato” che, forse, sarebbe dovuto essere verificato meglio e sostituito già in fabbrica?

Altra criticità in Ferrari, stavolta occorsa a Raikkonen, è quella relativa ai consumi.
Nelle ultime gare già in due occasioni abbiamo dovuto assistere a decisi rallentamenti sul ritmo, precedentemente molto buono, dei due alfieri del Cavallino, per la necessità di risparmiare benzina.
Nonostante ciò sia avvenuto quando i due piloti si sono ritrovati a dover forzare notevolmente il ritmo (e quindi a consumare di più), non è che la quarta iterazione della Power Unit “made in Maranello” sia notevolmente più “vorace” di carburante?

Una grande gara l’aveva fatta anche Verstappen. “L’aveva” perché, sul finale, vanifica tutto con un sorpasso fuori pista a Raikkonen, passando oltre il cordolo, rimediando 5 secondi di penalità e perdendo così il podio raggiunto con un sorpasso sì oltre le righe, ma molto “coraggioso”, su Raikkonen.
Fino a quel momento il giovane olandese aveva messo in mostra tutto il suo talento cristallino, coadiuvato da una Red Bull notevolmente in crescita in questo finale di stagione (soprattutto in gara) che montava, sulla vettura dell’olandese, una P.U. Tag-Renault evoluta (per il cui montaggio ha dovuto subire le penalità in griglia di partenza).

Con un podio avrebbe festeggiato il fresco rinnovo contrattuale triennale con Red Bull e la “supremazia interna” sul compagno Ricciardo (quasi “scaricato”, di fatto, dal team, e mestamente ritirato già al giro 16 per via della rottura della sua p.u., che non era del tipo evoluto).

Da segnalare anche le ottime gare di Sainz, all’esordio su Renault, e di Ocon su Force India, autore di una seconda parte di stagione notevole.

Tra sette giorni andrà in scena forse l’ultimo atto del duello mondiale tra Hamilton e Vettel: come detto in precedenza, bastano pochi punti all’inglese per raggiungere il tedesco a quota quattro titoli.
Ferrari cercherà, nei limiti del possibile, di “guastargli” la festa, probabilmente guardando, attraverso dei nuovi sviluppi sulla monoposto, già al campionato 2018.
Dove vorrà riportare il Cavallino sul “tetto del mondo” della massima espressione del motorismo a ruote scoperte.

di Giuseppe Saba (Twitter: @saba_giuseppe)

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